Gli aggiornamenti relativi alla spedizione del sudcoreano Sung Taek Hong e dello spagnolo Jorge Egocheaga arrivano alla spicciolata a causa dell’impossibilità a comunicare al campo base posizionato sotto la parete sud del Lhotse. Eravamo rimasti con un possibile tentativo di vetta a fine ottobre, dopo che il team era riuscito a posizionare, non senza fatica, il quarto campo a 8.250 metri.
Secondo quanto riporta oggi Stefan Nestler, in contatto con il portavoce della spedizione Kyu-po Pyun, la squadra, che era partita il 29 ottobre, non è riuscita a raggiungere la vetta.
Le condizioni della montagna sono difficili, come avevamo già raccontato, ma la speranza di Sung Taek Hong era quella che il sole ed il forte vento avessero migliorato la situazione e spazzato via un po’ della neve fresca caduta in abbondanza nei giorni precedenti. Così non è stato.
Il tentativo ha richiesto uno sforzo di tempo ed energia maggiore del previsto, dovendo gli alpinisti liberare le corde posizionate in precedenza dalla neve e dal ghiaccio, a cui si è aggiunta l’amara scoperta: campo 2 (7.200 metri) e campo 3 (7.800 m) sono stati trovati distrutti dal vento con le tende strappate, pali rotti, cibo e gas spazzati via.
Nonostante ciò, la scalata è proseguita fino a campo 4, dove però non c’è stato nulla da fare a causa del troppo vento e della quantità di neve, costringendo Sung Taek Hong alla ritirata.
Se però di una cosa bisogna dare atto al sudcoreano è che caparbio, come dimostra il fatto che sia la quinta volta che ritorna al Lhotse. Ed infatti entro il 15 novembre ci riproverà a mettere piede su quell’irraggiungibile vetta scalando quell’infinito e complesso muro di roccia, che ha respinto nomi del calibro di Riccardo Cassin e Reinhold Messner, per non dimenticare Jerzy Kukuzka, che proprio lì perse la vita.