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Da Polenza: vicini a una svolta epocale

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BERGAMO — "Lo slancio dell’economia verso un’etica ecologica è una grande svolta per il futuro. E la scienza ha un ruolo importante, nel disegnare scenari e dare valore aggiunto alle cose. La montagna, che rappresenta tanta parte del nostro paese e del mondo, è al centro dell’attenzione in questo G8: è importante che ci si accorga del suo ruolo e del suo valore, anche economico". Ecco il commento di Agostino Da Polenza, presidente del Comitato EvK2Cnr, sulle questioni climatiche sul tavolo del G8 in corso a L’Aquila.

Da Polenza, la sua organizzazione da tempo si occupa di clima attraverso la ricerca d’alta quota. Cosa pensa dell’accordo raggiunto al G8?
Penso che si tratti di un buon risultato generale soprattutto se India, Cina e Brasile accorderanno la riduzione del 50/80 per cento delle emissioni entro il 2050. Tra il segretario generale dell’ONU Ban Ki-Moon che gioca al rialzo dicendo che è poco, e quelli come il Nobel Carlo Rubbia che pensano che questa sia una pia intenzione e che probabilmente molti Paesi non ce la faranno a tenere questo ritmo, Italia compresa, se posso esprimere il mio parere che credo assomigli a quello della maggior parte della gente, penso che l’importante sia la volontà comune e condivisa di dover fare qualcosa. Credo che il cambiamento di strategia da parte degli Usa e dei paesi europei lo dimostri abbondantemente. Lo slancio dell’economia verso un’etica ecologica, è una grande svolta per il futuro e apre la via d’uscita anche a questa profonda crisi. E’ una crisi sia finanziaria sia industriale che si avvia a cambiare completamente il mondo occidentale, formato da società mature e "bolse" che possono trovare lo sbocco per una nuova era nella conversione ad un’economia e a sistemi produttivi ecocompatibili.

Che peso ha la scienza in questa svolta?
Le scelte sono sempre politiche, e la politica va a braccetto con l’economia, che è il motore della società. Ma la scienza è uno strumento importantissimo per disegnare gli scenari futuri, definire e raggiungere obiettivi, sviluppare nuove tecnologie e nuovi metodi produttivi. E’ la capacità del mondo di guardare avanti. L’IPCCC, l’UNEP e le altre organizzazioni che si occupano di clima hanno dato molte indicazioni negli ultimi anni e ormai tutti accettano che ci sia un cambiamento in atto del clima, per certi versi ancora tutto da comprendere: in che misura contribuisce l’uomo e in che misura la natura? Tutti, comunque, stanno cercando di capire come affrontarlo mitigando le sue ricadute. Sono curioso di leggere le risoluzioni del G8, credo e spero diano indicazioni positive e forti.

Pensa che la politica dia la giusta importanza alla scienza?
Mi son sempre occupato di montagna, poi un grande mentore come il professor Ardito Desio mi ha introdotto al mondo della scienza dove ormai lavoro da vent’anni come manager. Devo dire che ho sempre pensato ci fosse un’enorme carenza da questo punto di vista. Ad esempio le montagne si studiano dal punto di vista geofisico, geologico, naturale, atmosferico. Però poi ci sono delle lacune enormi soprattutto nell’applicazione delle conoscenze e dei risultati della ricerca scientifica al governo dei territori. Manca forse l’interazione, lo scambio di conoscenze. Pensavo che per il mare fosse diverso, invece ho scoperto che stanno peggio di noi, non c’è una politica nazionale sul mare e non hanno nemmeno un museo del mare che non sia militare. Almeno noi montanari ne abbiamo uno storico a Torino del Club Alpino Italiano e altri privati, sorti in questi ultimi anni, anche grazie a Messner. Comunque, questo la dice lunga sul fatto che il nostro sistema della ricerca sia in crisi anche se singolarmente o in specifici centri ci sono competenze, progetti e capacità formidabili. Le uniche cose che funzionano sono quelle legate ai grandi gruppi industriali, che vengono superfinanziati, trascurando forse la realtà delle medie e piccole imprese che per crescere e essere competitive devono inventare, creare, insomma fare e applicare ricerca.

Nel modo della ricerca d’alta quota, però, voi cercate di fare rete…
Sì, come EvK2Cnr cerchiamo di fare sistema su degli obiettivi, usando le migliori risorse degli Istituti e della ricerca italiana e non solo. Sono una sessantina i ricercatori di varie discipline che ormai lavorano costratntemente con noi. Nell’ambito del monitoraggio climatico, siamo diventati bravi ad acquisire dati, facendo anche sforzi tecnologici perché lavoriamo in ambienti estremi, elaborarli e trasformarli in indicazioni per i decisori politici. Ma facciamo anche azioni precise in cooperazione con  i paesi emergenti, in regioni povere e complesse come il Nepal o l’Uganda, e difficili come il Pakistan. A livello internazionale abbiamo partnership di alto livello con le agenzie delle Nazioni Unite e l’organizzazione meteorologica mondiale e credo di non sbagliare dicendo che siamo i primi nel mondo nel settore del monitoraggio d’alta quota.

Com’è la situazione in Italia?
Quindici giorni fa al centro di ricerca di Ispra, uno dei più importanti d’Europa, in una riunione a cui hanno partecipato i nostri ricercatori insieme a colleghi europei, a qualche giorno dal G8 dove  si sarebbe discusso dei grandi sistemi per abbattere le emissioni,  si è palesato che in Italia non esistono che pochissimi osservatori per l’acquisizione dei dati di fondo dell’inquinamento atmosferico. Anche se all’estero non vanno molto meglio. Per capirci mancano quasi totalmente misure in continuo e correlate tra loro prese fuori dai centri urbani o antropizzati che indicano il livello minimo di inquinamento globale. Da alcuni mesi e su indicazione dell’amico Paolo Bonasoni coordinatore del nostro progetto SHARE, stiamo progettando una rete sulle  nostre principali montagne che colmerebbe questa enorme e carenza.

La montagna, in questo G8, è un tema ricorrente: i poster, la location, gli ambientalisti. Pensa che sia un caso?
Non so, forse semplicemente alla Maddalena ci sarebbe stato il mare. Un terremoto ci ha messo del suo, provocando morti e dolore, ma facendo emergere la montagna nella sua dura e splendida realtà. Questo Gran Sasso d’Italia, uno dei paesaggi piu belli che abbiamo, è diventato protagonista delle scenografie e di un evento come il G8 e portando al centro dell’attenzione ciò che rappresenta tanta parte del nostro paese, a livello territoriale e culturale.

Che ruolo hanno le montagne nel futuro climatico di questo pianeta?
Sono risorsa idrica, biodiversità, turismo, cultura, importante fonte di informazioni sul futuro e sul clima. Se ne stanno accorgendo tutti. Lo stesso Berlusconi che non ha mai molto considerato e credo frequentato la montagna, ora sembra essersi appassionato, sembra aver riconosciuto il ruolo e la sua fondamentale importanza e forza, tanto da metterla al  al centro di questo G8.

La montagna può essere una chiave per il futuro?
Che ci si accorga della montagna è fondamentale perché continui a svilupparsi, proteggersi, valorizzarsi. Perchè venga riconosciuta la sua specificità. Dalla montagna, dalla sua acqua, dal suo interagire con il clima dipendono i destini di centinia di milioni di uomini delle pianure. Per non parlare di biodiversità, di paesaggio, di cultura, di prodotti alimentari. Rappresenta un quarto del mondo, è un valore . Bisogna non dargli una mano, ma riconoscere il loro ruolo e il valore anche economico. Anche qui la scienza deve far la sua parte perché la conoscenza porta a dare valore aggiunto alle cose, e il valore porta al rispetto.

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