Cronaca

Trovato morto nel bosco il sequestrato

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BOLOGNA — Lo hanno trovato morto, in condizioni raccapriccianti, tra i boschi dell’Appennino Forlivese. Gli uomini della Dda (Direzione distrettuale antimafia) hanno recuperato il corpo senza vita di Silvano Azzolini, il consulente finanziario di 69 anni scomparso lunedì scorso. L’uomo era stato immobilizzato e caricato su un furgone da tre uomini incappucciati, a Villanova di Castenaso, alle porte di Bologna.

Il suo corpo era in un fosso, appena coperto da un telo, nel bosco di Montebusca, a Tredozio. Agli investigatori che sono arrivati sul posto, si è presentata una scena macabra. Il volto dell’uomo era tumefatto, come se lo avessero picchiato. Il corpo era interrato, come a far sparire le tracce.
 
Nel frattempo, ieri sera gli esperti della Dda – che stanno conducendo le indagini – hanno fermato due italiani che sarebbero coinvolti nel rapimento. I due sono accusati di sequestro di persona a scopo di estorsione con l’aggra­vante dell’omicidio volontario. L’inchiesta punta ora ad individuare gli altri membri della banda. L’ipotesi al vaglio è che oltre ai due italiani, fra i sequestratori ci siano anche degli stranieri.
 
L’ipotesi sarebbe confermata dalle testimonianze di alcune persone che hanno assistito esterrefatte al sequestro. Secondo quanto sentito da un testimone, un sequestratore rivolgendosi a un complice avrebbe pronunciato una frase sgrammaticata – "aiuta me" -, tipica costruzione verbale degli immigrati dell’est.
 
Intanto le indagini stanno scandagliando la situazione patrimoniale italiana di Azzolini, alla ricerca di un possibile movente. Il 69enne non era ricchissimo, quindi non si giustifica un sequestro a fini d’estorsione. Molto più appetibile per i malviventi, invece, il fitto business messo in piedi negli ultimi anni dal consulente finanziario.
 
Azzolini soffriva di cuore e diabete. Ciononostante, era stato capace di intessere rapporti professionali che andavano dalle intermediazioni immobiliari e finanziarie al commercio di legname e di schede telefoniche. Un’attività che lo portava spesso all’estero (Svizzera, Germania e Serbia, dove aveva anche una donna). Il sospetto degli inquirenti è che Azzolini avesse un discreto patrimonio depositato fuori dal nostro paese.
 
E proprio a questo tesoretto avrebbero puntato i rapitori, che contavano di mettere le mani sulle "chiavi d’accesso" ai conti. Si tratta, per il momento, solo di un’ipotesi investigativa. Gli uomini dell’antimafia stanno vagliando anche la pista di un regolamento di conti. Azzolini in passato era già finito sotto inchiesta per truffa e false fatturazioni. E forse la cosa aveva dato fastidio a qualcuno.
 
 
WP

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