Alpinismo

Torre, il racconto di Matteo Bernasconi

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LECCO — “Quante volte ci capita di essere a casa e di sognare un viaggio, una montagna, una via e le risposte che spesso ci diamo sono: magari un giorno ci vado, si ma con chi? Quando? A volte a queste domande si riesce a dare una risposta. Ed ecco il messaggio di Fabio: Patagonia, partiamo a novembre, per la ovest, la via dei Ragni, stiamo via poco più di venticinque giorni, ci sei?”. Inizia così il racconto del Ragno di Lecco Matteo Bernasconi della prima ripetizione italiana della via Ferrari al Cerro Torre, compiuta con Fabio Salini lo scorso 2 dicembre.

“Quando arriviamo in Patagonia il tempo è brutto – scrive Bernasconi – girano voci di una finestra di bel tempo tra due giorni, io però non ci credo. Ma se vogliamo avere una chance… dobbiamo partire subito, domani. Sono le tre di notte, stiamo cercando di chiudere i nostri sacconi ma ogni volta rimane fuori un sacco di materiale, abbiamo troppa roba, in due non ce la facciamo a trasportare tutto… cosa facciamo? Abbandoniamo tutto il superfluo, portiamo cibo per sette giorni… “eeeeeeh intentar” dicono da queste parti. E tentiamola così”.

Il racconto è scritto di getto. Un vero diario che descrive giorno per giorno i fatti accaduti in quei “sette giorni di paradiso” facendo rivivere l’avventura, gli imprevisti, le decisioni prese su due piedi, l’emozione di una salita inaspettata.

“Il 30 novembre, alle 11, usciamo dalla truna al Circo de Los Altares – racconta Bernasconi -. L’unica cosa che riusciamo a dire è pauraaaa! Davanti a noi il Cerro Torre. In quel momento ci sembrava il posto più bello al mondo, è impossibile da spiegare, provare per credere. Foto, riprese, foto, e io esclamo: “dovevamo partire, ci stiamo buttando via il nostro tentativo”. Fabio risponde: “ma dove vogliamo andare che siamo distrutti”. Aveva semplicemente ragione. Riposiamo e prepariamo gli zaini con tutto il materiale per domani”.

Poi, finalmente, il momento della salita. “Primo dicembre ore 3 – scrive l’alpinista -. Stelle a perdita d’occhio, assenza di vento, l’avventura continua. Ci dirigiamo verso il Filo Rosso, il canale d’accesso alla parete ovest. Caldo, neve marcia, sprofondiamo oltre le ginocchia, però la voglia è tanta, si sale”.

Dopo il primo bivacco, i tiri più difficili e il sospirato arrivo sul fungo sommitale. “Incontriamo la “lavatrice”, un tiro di corda all’interno di un tunnel di ghiaccio – racconta Bernasconi. E’ il tiro della vita. Ci chiediamo: ma quanto mancherà alla cima? Continuiamo a salire; davanti a noi un tiro su neve da verticale a strapiombante, con partenza in un tunnel…vado, scalo, impreco, sosta. Riparto e semplicemente senza neanche saperlo urlo: Cumbreeee! E’ il 2 dicembre 2008, ore 15.33: Berna e Fabio realizzano il loro sogno. Il Torre”.

Leggi il racconto completo su http://www.matteobernasconi.com/

Sara Sottocornola


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