Alpinismo

Aconcagua: due alpinisti già in salvo

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updated BUENOS AIRES, Argentina — Due sono già scesi dalla montagna, un terzo è ancora bloccato ai campi alti, mentre l’alpinista morta è Elena Senin. Sono in corso le operazioni di recupero degli sfortunati italiani che hanno affrontato nei giorni scorsi le intemperie dell’Aconcagua, la vetta più alta del Sudamerica, un vulcano di 6962 metri d’altezza.

Gli alpinisti superstiti sono stati raggiunti ieri dai soccorritori argentini. Nelle ore successive, due dei tre sopravvissuti sono stati portati a valle e saranno trasportati in ospedale per curare i congelamenti. Mentre il terzo, Matteo Refrigerato, è in condizioni peggiori ed è rimasto in uno dei campi dell’Aconcagua. "Non sembra comunque in pericolo di vita" ha detto Antonio Ibaceta, uno dei responsabili dei soccorsi ai microfoni di Agr.
 
A ufficializzare, invece, il nome dell’alpinista italiana deceduta è stato Pietro Tombaccini, console italiano nella città di Mendoza che sta seguendo l’operazione di salvataggio. Secondo le notizie fornite dal consolato, sarebbe morto anche Federico Campanini, la guida argentina che accompagnava il gruppo.
 
Della cordata italiana, investita martedì da una bufera violentissima durante la salita, facevano parte due uomini – Matteo Refrigerato (35 anni) e Mirko Affasio (39), entrambi originari di Cairo Montenotte, nel savonese – e due donne: Marina Attanasio (38 anni, di Milano) ed Elena Senin (38 anni di Invrea ma residente a Milano). Una quinta italiana, Antonella Targa, sarebbe riuscita a tornare in tempo al campo base e sarebbe in salvo.
 
"La discesa dei sopravvissuti avviene con barelle e sta procedendo bene", ha detto all’agenzia di stampa Ansa Guido Losa, che sta coordinando i soccorsi dal campo base della montagna. I soccorritori, una ventina in tutto, sono in contatto radio e stanno scendendo verso il rifugio di Independencia, a circa 6.200 metri. L’obiettivo è arrivare il prima possibile al 5900 metri.
 
Secondo quanto riferito dai soccorritori, gli alpinisti al momento del ritrovamento si trovavano a 6600 metri sul micidiale ghiacciaio dei Polacchi, versante nord-est della montagna. Le loro condizioni erano piuttosto precarie con "diversi gradi d’ipotermia, disidratazione e congelamento delle estremita". Gli alpinisti erano sprovvisti di tende e sacchi a pelo.
 
"Per il trasporto delle barelle – ha spiegato Losa – i nostri uomini hanno utilizzato un sistema di staffette che sta dando buoni risultati, perchè permette di risparmiare energia". Per fortuna la temuta tempesta in avvicinamento non si è verificata. Pertanto l’operazione di salvataggio ha potuto continuare.
 
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