Alpinismo

Everest, maltempo e ritardi per Highcare

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KATHMANDU, Nepal — Nevicate e valanghe che impediscono la salita. Ritardi nell’arrivo delle apparecchiature scientifiche. Difficoltà con i generatori di energia elettrica. Prosegue con qualche difficoltà la spedizione alpinistico scientifica italiana Highcare, partita verso il Nepal con l’intenzione di studiare ipossia, scompenso cardiaco e ipertensione. Il gruppo di scienziati e alpinisti, che si trova da giorni al campo base dell’Everest, è comunque riuscito a svolgere una parte degli esperimenti ma non ha rinunciato a una nota polemica polemica per non averli potuti condurre alla Piramide EvK2Cnr che, qualche anno fa, respinse questo progetto.

"Un altro generatore ha smesso di funzionare – raccontano dal campo base dell’Everest – e la conduzione dei test medici prosegue con grande impegno ma con aumentate difficoltà. Oltretutto il maltempo limita la resa dei pannelli solari. Il brutto tempo scatena anche le valanghe sulla parete: con queste condizioni, nessuno si avventura sul ghiacciaio e le operazioni di attrezzaggio dell’Icefall sono per ora sospese".

Autunno difficile anche per la spedizione Highcare, giunta fra le montagne Himalayane per condurre una serie di test medici su alpinisti in condizione di ipossia da usare come modello per comprendere meglio meccanismi e cure farmacologiche per fisopatologie basate sullo stesso meccanismo: per esempio compenso cardiaco, malattie polmonari, ipertensione arteriosa associata alla sindrome delle apnee notturne e obesità.

I test che dovevano essere condotti al campo base stanno procedendo – anche se alcune attrezzature sono rimaste per giorni bloccate a Kathmandu e c’è qualche problema energetico – ma per ora non è stato possibile condurre nessuno degli esperimenti programmati a quote superiori, durante l’ascesa verso la vetta dell’Everest. Le condizioni della montagna, carica di neve e disseminata di valanghe, non lasciano presagire nulla di buono, soprattutto calcolando che gli Sherpa non hanno ancora potuto attrezzare l’Icefall e l’acclimatamento degli alpinisti è bloccato.

Il morale degli scienziati, comunque, sembra restare alto. Ma resta l’amarezza, espressa dal capospedizione tra le righe del diario online, di doversi adoperare per svolgere le loro ricerche al campo base della montagna invece di poter approfittare dell vicino Laboratorio Piramide dell’Everest. "Peccato che il Comitato che la gestisce non abbia approvato tempo fa una nostra richiesta di effettuare in quella sede il nostro progetto – scrive Gianfranco Parati -. Sarebbe stato molto più comodo e funzionale per noi poter utilizzare quelle strutture, invece di passare giorni a lavorare in tenda su un ghiacciaio, e anche meno costoso. Ma, si sa, il problema del finanziamento dei progetti di ricerca in Italia è complesso, e il processo sicuramente non è sempre lineare".

Il rammarico e la velata accusa degli scienziati di Highcare sono stati accolti con un certo stupore dai responsabili medico-scientifici del Comitato EvK2Cnr.

"Parati aveva presentato un progetto di ricerca nel 2005 – spiega Annalisa Cogo, responsabile del settore medicina d’alta quota del Comitato -. Come previsto dalla procedura di valutazione del Consiglio scientifico EvK2Cnr, il progetto era stato sottoposto in anonimo a 2 referee esterni, uno italiano ed uno straniero, ambedue esperti in medicina e fisiologia d’alta quota, che lo avevano giudicato insufficiente dal punto di vista scientifico e con obiettivi difficilmente realizzabili. Avevamo invitato a rivedere la proposta di ricerca, perchè il progetto non era stato giudicato "prioritario" per la Piramide, dove nel recente passato si sono svolte ricerche medico fisiologiche di grande portata scientifica e organizzativa".

La Cogo avanza poi qualche perplessità sulla rilevanza delle ricerche portate avanti da Highcare. "Uno degli obiettivi del progetto attuale, l’efficacia del respiro lento sull’adattamento all’altitudine, è già noto nella comunità scientifica internazionale – prosegue la Cogo -. Ed è stato pubblicato dal prof Luciano Bernardi di Pavia nell’ambito di due ricerche svolte al Laboratorio Piramide e sugli alpinisti della spedizione K2 2004. Anche le ricadute di questa tecnica su pazienti con patologie croniche come lo scompenso cardiaco è nota".

Dello stesso parere Paolo Cerretelli, luminare internazionale della fisiologia d’alta quota. "Questo progetto mi lascia perplesso – commenta Cerretelli – dal punto di vista scientifico perchè a 5000 metri sono stati già condotti studi simili e un protocollo sperimentale come il loro è estremamente improbabile a quote più alte, dove non è possibile, materialmente, fare pochi respiri profondi al minuto: l’individuo ha una stimolazione respiratoria così forte e violenta che non può controllarne la velocità".

"Ma questa ricerca mi stupisce anche per come è stata organizzata – conclude il fisiologo -. Per esempio, mi sono meravigliato di non vedere nel team un altro fisiologo respiratorio dell’università Milano Bicocca, che ha molta esperienza ed è già stato sull’Everest. E mi ha lasciato perplesso il fatto che non risulta abbiano chiesto in tempo i permessi obbligatori per questo tipo di ricerche".
 

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