Scienza e tecnologia

Lomborg incanta Bergamoscienza

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BERGAMO — Con il suo ambientalismo scientifico, poco incline all’ideologia e molto vicino al pragmatismo, ha stregato le mille persone assiepate nell’auditorium del seminario vescovile di Bergamo per assistere alla sua conferenza. L’intellettuale danese Bjorn Lomborg è stato grande protagonista ieri a Bergamoscienza.  

CHI E’ BJORN LOMBORG Quarantun’anni, Phd in scienze politiche all’Università di Copenhagen e un passato dentro Greenpeace, Lomborg è un professore atipico. Andatura dinoccolata, jeans, maglietta e mani in tasca, pare l’anti-accademico per eccellenza. Ma quando snocciola dati in perfetto inglese, passando davanti al tabellone e cercando di colloquiare con il pubblico, le sue tesi hanno una forte presa. La stessa forza trasmessa da "The Skeptical enviromentalist (l’ambientalista scettico)", il suo celebre libro che critica apertamente i catastrofisti, e che gli è costato la scomunica dei verdi e degli ambientalisti di tutto il mondo.  
 
L’intellettuale non ha fatto una piega. Anzi, ha fondato il Copenhagen Consensus, un team di esperti in discipline diverse – economisti compresi – che si sono presi la briga di analizzare, con pragmatismo appunto, i problemi globali del pianeta.
 
"La domanda principale che ci siamo fatti – racconta Lomborg dopo l’incontro moderato dal direttore del Dipartimento Terra e ambiente del Cnr Giuseppe Cavarretta – è questa: possiamo risolvere tutti i problemi della Terra? La risposta è no. Non ci sono risorse economiche a sufficienza per intervenire in ogni settore. E allora, per razionalizzare l’impiego delle risorse, serve un approccio diverso che indichi delle priorità".
 
IL COPENHAGEN CONSENSUS L’approccio del Copenhagen Consensus, per quanto constestato e discusso anche dal mondo accademico, è lineare. Stop agli interventi a pioggia. Individuate le priorità, intervenire prima di tutto sui progetti che possono dare il miglior risultato in termini di costi/benefici. E poi, se ci saranno le risorse, in cascata sugli altri. Tanto semplice da suscitare una domanda: perchè non è stato fatto prima? "Perchè non avevamo idea precisa di quanto ci stava intorno. Era come andare al ristorante e avere un menu su cui ci sono le portate ma non ci sono scritti i componenti e il prezzo. Come scegliere? Sui fenomeni globali servono più informazioni, tutta la conoscenza possibile".  
 
"Non possiamo mettere denaro ovunque, è meglio scegliere dei progetti mirati – continua Lomborg -. Con la nostra analisi costi/benefici abbiamo cercato di stabilire il modo più efficiente per spendere il denaro a disposizione. Partiamo da un presupposto: le risorse non sono infinite. Anzi, piuttosto limitate. Le scelte che si fanno, dunque, devono tenere conto dei reali costi e dei benefici che portano".
 
Il ragionamento non fa una grinza. Ma se i costi possono essere quantificati con relativa facilità, come calcolare gli effettivi benefici? "Abbiamo fatto un’analisi scientifica ed economica degli scenari possibili – spiega l’intellettuale danese – anche se, per esempio sui cambiamenti globali del clima, non esiste un modello valido in assoluto. Servono, le ripeto, maggiori informazioni. E questo è uno degli scopi del Copenhagen Consensus: mettere insieme tante "menti", aprire un dibattito, confrontare i dati a disposizione e arrivare così a una stima il più verosimile possibile".
 
LE 10 SFIDE DEL PIANETA Seguendo questo orientamento, il Consensus ha redatto una lista di 10 priorità su cui investire. Partendo dalle iniziative che hanno il miglior rapporto costi/benefici. "Secondo le nostre elaborazioni – spiega Lomborg – la lotta al virus Hiv e la prevenzione dell’Aids sono i  migliori progetti possibili. Hanno un rapporto alto costi/benefici. La diffusione dei condom in Africa e nei paesi del Terzo mondo, per esempio, a fronte di spese piuttosto basse, avrebbe ritorni molto alti. Secondo i nostri calcoli, per ogni euro speso il ritorno valutabile è intorno ai 40 euro. Calcolo che tiene conto anche del risparmio che si avrebbe con la prevenzione invece che con la cura. Curare la malattia costa infatti 10 volte di più che fare prevenzione. Con un spesa in prevenzione di 27 miliardi di dollari possiamo evitare che entro il 2010 si ammalino di Aids altre 28 milioni di persone ".
 
Nella lista delle priorità individuate dal Consensus, anche la distribuzione di acqua potabile e la lotta alla corruzione dei governi. Ma al secondo posto c’è la battaglia contro la denutrizione. "Tutte le popolazione della Terra vanno alla ricerca di calorie. Ma per combattere la malnutrizione, è determinante l’apporto di vitamine. Ebbene, dai nostri calcoli, oltre la metà della popolazione mondiale denutrita manca di vitamine, non di calorie. Fornire loro vitamine è molto meno costoso e avrebbe un alto tasso di beneficio. Ridurre la mortalità infantile per esempio, ha una ricaduta in termini di crescita della popolazione, di educazione e di crescita della forza lavoro". 
 
Grossomodo lo stesso beneficio che si avrebbe con una liberalizzazione dei commerci. "Se i paesi ricchi rinunciassero ai sussidi per l’agricoltura, ne gioverebbe l’intero mondo. La produzione mondiale salirebbe a 2400 miliardi di dollari l’anno, la metà dei quali adrebbe ai paesi in via di sviluppo. Con le ovvie ricadute dal punto di vista dell’aumento della qualità della vita in queste aree e la diminuzione delle migrazioni".
 
Lo stesso accadrebbe investendo più soldi nella lotta alla malaria. "La malattia – continua l’intellettuale danese – negli anni Settanta era quasi stata debellata. Oggi si contano 2 miliardi di casi. Ebbene, secondo i nostri calcoli, per ogni euro speso per sterminare i mosquitos che portano il contagio si avrebbero benefici stimabili in 10 euro".
 
Come sterminare i mosquitos? "Il problema va affrontato alla radice. Con  l’uso del DDT se necessario. La stessa Organizzazione mondiale della Sanità si è detta favorevole.Sono d’accordo anche se questo susciterà le ire degli ambientalisti ".
 
DE PRUFUNDIS PER KYOTO E, a proposito di ambiente, Lomborg è categorico: "Non è una priorità in questo momento. Anche perchè le soluzioni trovate finora paiono inefficaci". "Il protocollo di Kyoto, per esempio, è del tutto inutile. Stiamo investendo tonnellate di denaro in maniera sbagliata. A fronte di investimenti giganteschi il beneficio che ne trarremo sarà limitatissimo: di pochi punti percentuali in più che se lasciassimo le cose così come sono".
 
Anche sulla carbon tax, giudizio negativo: "Non avrà grande influsso sui mutamenti climatici. Secondo i nostri calcoli, sarebbe più conveniente investire in tecnologie ecoefficienti. Se ogni paese ricco stanziasse lo 0,5 per cento del Pil in queste tecnologie, avremmo probabilmente una stabilizzazione dell’effetto serra, a fronte di costi 6 volte minori che per il protocollo di Kyoto".  
 
Gli studi del Consesus sono destinati ad aprire un dibattito, anche aspro, nella comunità scientifica mondiale. Alcuni esperti si sono chiesti, per esempio, perchè nella lista delle priorità non ci sia l’approvvigionamente d’energia. Secondo molti scienziati, infatti, la disponibilità di grandi quantità di energia a basso costo, è indispensabile per lo sviluppo del mondo stesso.
 
Di certo, il Copenhagen Consensus ha tracciato una via teorica globale. Riproducibile anche a livello nazionale e locale. Alla politica ora il compito di trasformarla in realtà.
 
Wainer Preda
 
 
 
 

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