Antivigilia di vetta
[:it]ISLAMABAD, Pakistan – In questa foto c’è tutta la speranza di Tomek ed Elisabeth, c’è il loro desiderio di raggiungere la vetta del Nanga Parbat.
“Campo 3. Il vento si è calmato un po’. Cielo sereno. La luce della luna, la luce, cosicché, prima che sorga il sole, Tom e Eli possano andare più in alto. Prossimi due giorni tentativo alla vetta… Tom chiede il vostro pensiero in questo momento…”.
All’alba, quando il sole sorgerà loro davanti, partiranno guardando dritto in faccia la vetta. La ragazza francese, quasi minuta ma dalla determinazione potente, e il granitico polacco. Nelle parole lanciate attraverso il satellite c’è la fede, ancor più che la speranza nelle loro capacità, nella loro forza e passione, nel meteo che possa concedere loro 48 ore di tregua per coronare un sogno. Che la fortuna li assista e conceda loro questa possibilità senza giocare scherzi: trovarsi in prossimità della vetta con il tempo che cambia potrebbe essere drammatico per la vita più che per il successo.
Hanno davanti due giorni con la splendida luce di questo tramonto negli occhi. L’alba li coglierà già con gli scarponi e i ramponi ai piedi, lo zaino carico di quanto a quelle quote è ancora possibile e necessario portare: tenda, materassino, sacco a pelo, fornello, due bombolette di gas e pentolino, viveri, guanti e la luce della lampada frontale, che fende il buio in direzione della cima, in diagonale verso il bacino Bazhin fino a incontrare la via Kinshofer. Ci vorrà un altro tramonto e la luce di una nuova alba per raggiungere la vetta.
Magari nel frattempo Alex, Daniele e Ali arriveranno anche loro fin lì, in salita. Una prospettiva confortante e anche un po’ rassicurante, che forse li fa osare quel tantino in più nella terribile lotta delle decisioni da prendere, anche se la scelta di andare lassù in cima è già presa.
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