Scienza e tecnologia

Perchè studiare il clima in alta quota

PADOVA — E’ entrato nel vivo della discussione il dibattito scientifico alla Conferenza in corso all’Università di Padova. Gli esperti provenienti da tutto il mondo hanno condiviso con l’assemblea le proprie scoperte relative ai cambiamenti climatici e alle loro incidenze sugli ambienti montani.

Dopo la giornata inaugurale di ieri, durante la quale l’illustre professor Richard Armstrong ha consegnato ad Agostino Da Polenza, presidente del Comitato EvK2Cnr, il sensore da portare in vetta all’Everest con la spedizione alpinistico-scientifica Share-Everest, i lavori della conferenza di Padova sono ripresi questa mattina.
  
Il dibattito scientifico si è aperto alle 9 quando davanti a una sala gremita di importanti ospiti della comunità scientifica internazionale, si è alzata a parlare la dottoressa Liisa Jalkanen. La presidente dell’Atmospheric Environment Research Division del Dipartimento di ricerca del Wmo, World Meteorological Organization, ha parlato degli osservatori montani del Gaw, il Global Atmosphere Watch (GAW), che studiano i trend di cambiamento dei costituenti atmosferici.
  
Dopo di lei è stata la volta del Dottor Sandro Fuzzi, direttore delle ricerche dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (ISAC) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Il ricercatore ha illustrato come cambia la composizione atmosferica e il clima in alta quota, facendo riferimento in particolare ai dati ricavati dalle attività dell’Osservatorio sul Monte Cimone sugli Appennini e dell’Osservatorio-Laboratorio Piramide e della stazione NCO-Pnella Valle del Khumbu dell’Himalaya.
  
Quindi ha parlato il Dottor Riccardo Valentini, professore presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi della Tuscia, a Viterbo. Valentini si occupa di ecologia forestale e di biogeochimica e studia il bilancio del carbonio attraverso differenti metodologie, compresa la covarianza delle misurazioni e dei modelli dei flussi.
   
Patrick Wagnon, dell’ IRD (Institut de Recherche pour le Développement ) di Grenoble, specializzato nello studio della relazione tra clima e ghiacciai in ambiente tropicale, e dell’analisi della massa e del bilancio energetico sui ghiacciai,  ha illustrato le lunghe attività di ricerca lungo la catena delle Ande e l’avvio di una nuova campagna nei ghiacciai Himalayani.
   
Dopo una breve pausa la Conferenza ha ripreso i lavori con l’intervento del professore Stefan Grab della School of Geography, presso l’University of the Witwatersrand, in Sud Africa. Il ricercatore ha relazionato i suoi studi riguardanti la geomorfologia periglaciale e i cambiamenti climatici dell’ambiente montuoso africano. In particolare sono stati evidenziati le attività di ricerca in corso che ad oggi rigurdano solo una bassissima percentuale degli ambienti montani africani ed in particolare il Kilimagiaro, il monte Kenya e la catena del Rwenzori.
   
Successivamente è intervenuto l’illustre professor John Ford Shroder, docente di geografia e geologia all’University of Nebraska, che ha concluso la sessione mattutina della Conferenza. L’illustre professore ha parlato del Progetto GLIMS (Global Land Ice Monitoring from Space) e di in particolare degli studi sui ghiacciai dell’Himalaya e della catena del Karakorum attraverso il confronto e il paragone delle immagini satellitari con quelle cartografiche.
   
Dopo il break del pranzo, l’assemblea ha ripreso a parlare di cambiamenti climatici, e dei loro effetti sul territorio montano, che si qualifica come punto di osservazione privilegiato per gli studi scientifici. Ha riaperto il dibattito, il dottor Sergio Castellari, responsabile delle relazioni internazionali e delle negoziazioni di gruppo presso l’Euro-Mediterranean Centre for Climate Change e responsabile dell’attività di focal point dell’IPCC per l’Italia.
   
Il professor Jordi Catalan Aguilà, ecologista e limnologo, esperto del cambiamento climatico e dei suoi effetti, soprattutto sui laghi di alta montagna. Catalan ha studiato gli effetti del trasporto a lungo raggio degli agenti inquinanti e l’ecologia evolutiva.
   
Quindi è stata la volta del professor Christian Körner, docente di Botanica all’Università di Basilea in Svizzera. Korner ha parlato degli effetti del riscaldamento sulle piante di montagna, della loro evoluzione nella calda atmosfera ricca di CO2.
   
Infine, un video messaggio del dottor Shardul Agrawala, che ha parlato degli effetti dei cambiamenti ambientali sul turismo invernale, e il professor Martin Beniston, esperto di cambiamenti climatici all’Università di Ginevra, che ha chiuso la conferenza di Padova parlando delle Alpi come "torri d’acqua" ovvero, le principali risorse idriche di molti fiumi europei.
 
 
Valentina d’Angella

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