AlpinismoAlta quota

Ferito dopo un volo di 50 metri in un crepaccio, si ferma a 7800 metri l’invernale al Nanga Parbat di Mackiewicz

ISLAMABAD, Pakistan – E’ finito in crepaccio per il crollo di un ponte di neve: 50 metri di caduta, una costola forse rotta e una gamba malconcia. “Non sarei mai potuto uscire da lì da solo” – ha raccontato Tomasz Mackiewicz, che conclude così la sua quinta invernale al Nanga Parbat. L’alpinista polacco si è fatto male durante la discesa del tentativo di vetta compiuto pochi giorni fa insieme ad Elisabeth Revol. I due sono arrivati a 7800 metri, 300 metri sotto la cima.

Mackiewicz e la Revol sono rientrati al campo base ieri, dopo 11 giorni passati sulla parete Diamir del Nanga Parbat. I due erano attesi in realtà da ore, ma la discesa si è rivelata più dura e lunga del previsto, a causa della caduta dell’alpinista polacco in un crepaccio.

Stando a quanto riferito dal sito polacco Off.sport.pl e riportato dal blog Altitude Pakistan, a circa 6500 metri un ponte di neve è crollato, facendo cadere Mackiewicz in un crepaccio. “Elisa procedeva per prima – ha spiegato -. Lei è molto leggera e ha potuto attraversare il ponte di neve senza problemi. Io ho fatto due passi e il ponte sotto i miei piedi si è rotto. Sono caduto di schiena in un crepaccio. Non ho potuto controllare la caduta. Ho guardato in alto e ho visto il cielo allontanarsi a velocità cosmica, sbattendo contro le pareti, in qualche modo il mio volo si è arrestato dopo 50 metri, e sono sopravvissuto”.

Sempre secondo Off.sport.pl, dalla cima del crepaccio Elisabeth non vedeva il suo compagno, ma i due riuscivano a sentirsi. “Non sarei mai uscito da lì da solo – ha dichiarato Mackiewicz -. Mi ha tirato fuori Elisa. Sono gravemente ferito, penso di aver rotto una costola, potrei avere un polmone perforato. Ma sono vivo. Per quest’anno la mia spedizione finisce qui. Peccato, perché prima dell’incidente avevo un piano per riprovare”.

Il suo quinto tentativo invernale al Nanga Parbat si ferma quindi a 7800 metri. Il polacco e la francese hanno seguito la via salita dalla spedizione di Reinhold Messner, Hubert Messner, Hanspeter Eisendle e Wolfgang Thomaseth nel 2000: quell’anno gli alpinisti si fermarono a 7500 metri. Mackiewicz e la Revol hanno posto il campo 4 a 7000 metri e sono riusciti a superare altri 800 metri di dislivello. Poi si sono dovuti fermare, a quanto pare sia per l’ora tarda sia perché non c’erano le condizioni per continuare fino alla cima. I due avrebbero voluto percorrere nell’ultimo tratto fino alla vetta la via Buhl, la linea seguita nel 1953 dal mitico alpinista austriaco nella primissima salita dell’ottomila himalayano.

L’ultimo post sul sito di Daniele Nardi parla di un chiarimento fra lui, la Revol e Mackiewicz. “La francese ha lasciato una porta aperta per un possibile secondo tentativo – si legge -. Daniele, vista la disponibilità di Elisabeth (non di Tomek perché tornato con una distorsione al ginocchio), ha deciso di attendere qualche giorno al Campo Base affinché la compagna francese si rimetta in forze e sia pronta per tentare nuovamente di arrivare in vetta al Nanga Parbat”.

Mackiewicz ha dato infine al sito Off.sport.pl una sua versione sui disguidi con Nardi. “Non ci sono state offerte le radio – avrebbe dichiarato -, e quando siamo partiti dal campo base Nardi non c’era, perché era impegnato sulla via allo Sperone Mummery. Avrebbe voluto che andassimo con lui, ma abbiamo rifiutato perché avevamo altri piani. In ogni caso non ho mai detto di voler seguire quella via. Abbiamo condiviso il campo base per ripartirne i costi”.

Info e foto off.sport.pl

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Un commento

  1. Si assapora qualcosa di strano in queste notizie. Si avverte la netta sensazione che i due alpinisti incidentati vogliano a tutti i costi conquistare la vetta prima degli altri. Le radio non vanno offerte ma, eventualmente chieste oppure,ancora meglio, averle di proprio a disposizione. Sembrerebbe opportuno che se si sceglie di condividere alcune parti della spedizione per ripartire i costi, sarebbe ancora più opportuno condividere tutta l’impresa. L’unione fa la forza.

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