Vipere in montagna, il panico talvolta è più pericoloso del morso
Le uniche specie di rettili velenosi che sono presenti in Italia appartengono alla famiglia dei viperidi e sono la vipera aspis, la vipera berus (marasso; diffusa sull’Arco alpino fino in alta quota), la vipera Ammodytes (vipera dal corno; diffusa sull’Arco alpino e Prealpino orientale), ed infine la vipera ursinii (diffusa sui Monti Sibillini e Gran Sasso). L’ avvelenamento da morso di vipera tuttavia, rappresenta un evento poco comune in Italia.
In Svizzera a partire dal 1960 si è registrato solo un caso di morte dovuta a morso di vipera. L’ incidenza annuale di morsicature di vipere, in Europa (esclusa la Russia ed i paesi dell’Est), è di 15-20.000, con 50 morti per anno. Il report annuale dei Centri antiveleni Europei ha segnalato, relativamente al 1995, che l’ 1,3 per cento (6854 su 522.070) di tutte le consulenze è riferito a morsi di animali, senza, però, fornire una distinzione tra vipere ed altri animali. Nel 1995 sono stati segnalati in Svezia 231 ricoveri per morso di vipera. Il 41 per cento di questi pazienti hanno sviluppato sintomi e di questi solo il 45 %, cioè il 18 % del totale, ha richiesto il trattamento con siero antiofidico.
La vipera aspis è sicuramente la più diffusa e responsabile di casi di morsicatura e avvelenamento. La vipera berus risulta, statisticamente, la prima in Europa per quanto riguarda il numero di morsicature. Il maggior numero di morsi si verifica, in genere, tra i mesi di maggio e ottobre.
La vipera è diffusa un po’ ovunque in Italia, eccetto la Sardegna; la si trova nelle regioni centro-meridionali fino alla Toscana e nell’Appennino Tosco-Romagnolo.
Importante è saper riconoscere bene una vipera in base alla sue caratteristiche morfologiche, per non confonderla con altri rettili non velenosi. La lunghezza del rettile è compresa tra 70 e 80 centimetri. Le vipere sono contraddistinte da un corpo tozzo, con una coda corta e tronca. La testa, piuttosto appiattita, possiede una caratteristica forma triangolare o “a losanga”; l’estremità del muso è rivolta all’insù. Tra occhio e bocca sono situate delle scaglie poste su più file. Le pupille sono schiacciate e verticali, a “fessura”,anziché rotonde. In bocca si trovano i due grossi denti veleniferi, molto appuntiti, dotati di scanalature, che permettono al veleno di uscire e penetrare nei tessuti della vittima. La vipera dal corno possiede una caratteristica protuberanza sopra il naso, ben visibile, da cui il nome.
La vipera non sempre inocula il veleno; in almeno il 30 per cento dei casi il morso è “secco”, non sempre la dose iniettata risulta tossica e quasi mai mortale. I soggetti maschi risultano, dal punto di vista statistico, i più colpiti dal morso di vipera. I morsi di solito si localizzano con maggior frequenza agli arti, inferiori o superiori.
Il veleno di vipera contiene numerose sostanze tossiche con meccanismi d’azione molto diversi, che producono effetti tra di loro differenti. Le tossine del veleno sono costituite da proteine dotate di attività enzimatica.
Il morso è caratterizzato dalla presenza di due segni di puntura profondi, e distanti tra di loro 6-8 millimetri. In genere la diagnosi di avvelenamento è facile, ma lemorsicature alle dita delle mani possono dare problemi diagnostici, perché non sempre si riesce ad individuare i segni dei due denti. In rari casi, vipere prive di denti veleniferi sono in grado di produrre avvelenamento attraverso il contatto con la saliva velenosa. Vari fattori condizionano la gravità del morso di vipera: la sede della morsicatura, la presenza di germi patogeni nel veleno, il peso e la superficie corporea del paziente, le condizioni generali del paziente o la presenza di malattie, l’età. I bambini e gli anziani sono i soggetti più a rischio.
Il veleno, inoculato per via intra o sottocutanea (molto raramente per via intramuscolare o endovenosa), produce segni e sintomi locali che compaiono entro alcuni minuti: gonfiore (che si estende in genere, nel giro di due ore, fino a coinvolgere nei casi gravi torace o addome) eritema, ovvero arrossamento, dolore locale, ed ecchimosi, dovuti al danno tissutale locale e dell’endotelio. Se il dolore locale non compare entro tre ore, si può escludere l’intossicazione. I sintomi sistemici, invece, possono esordire dopo alcune ore, ma di solito si manifestano appieno entro 24 ore dal morso. Possono comparire nausea, vomito, diarrea, crampi addominali, dolori muscolari o articolari, abbassamento della pressione arteriosa, senso di vertigine, turbe a carico del sistema nervoso.
Non si devono assolutamente incidere la cute nella sede del morso, applicare un laccio emostatico, né si deve effettuare una suzione del veleno. Non si deve iniettare siero antivipera al di fuori dell’ambiente ospedaliero, sia perché il siero si inattiva rapidamente dopo alcune ore a temperatura ambiente, sia per il rischio di anafilassi. Il panico può, talvolta, essere più pericoloso del morso.
Non somministrare alcoolici (hanno un effetto depressivo sul sistema nervoso e vasodilatatore periferico, favorendo l’ assorbimento del veleno). La zona del morso deve essere accuratamente disinfettata. Si devono rimuovere anelli, orologi, o bracciali. Si deve immobilizzare la zona sede del morso per rallentare la diffusione del veleno, ricorrendo ad un bendaggio modestamente compressivo. Il paziente deve essere tranquillizzato e trasportato rapidamente in ospedale.
Come prevenire il morso di vipera? Calzare scarpe alte, adatte a passeggiate in montagna; indossare calzettoni al ginocchio, utilizzare un lungo bastone per battere il cammino e far scappare le vipere, evitare di sedersi su pietraie e sassi, non infilare le mani in cavità di alberi, in buchi, o in altri recessi.
Giancelso Agazzi,
Commissione medica Cai Bergamo
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Peccato che non ci siano statistiche per l’Italia.
In ogni caso, da ricordare che i serpenti ed anche le vipere sono giustamente protetti e non vanno uccisi più o meno indiscriminatamente.