Alpinismo

GII: missione compiuta. Grazie ragazzi

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BERGAMO — "Alle 16,40 mi ha chiamato Mario Merelli e mi ha passato Karl. Mi ha ringraziato. Non sa quanti grazie avrei voluto dirgli io". Sono le parole di Agostino Da Polenza, che poco fa ha parlato col campo base, dove sono i tre ragazzi che hanno realizzato la prima salita sull’inviolata parete Nord del Gasherbrum II: un sogno che cullava da oltre vent’anni.

"Cari amici, bentornati dal G2 – scrive Da Polenza -. La nostra redattrice si è fatta contagiare man mano dall’entusiasmo nel raccontare questa vostra splendida avventura. Quando siete arrivati in cima, non stava più nella pelle. Poi, però, ci siamo preoccupati tutti. Non poco.
 
L’ora tarda sulla vetta, la scelta di scendere per un versante sud più facile ma sconosciuto, il silenzio delle radio e dei telefoni che (sbagliando) non amate usare e portare sulle spalle.
 
Sapevamo che di là, sul versante sud, pochi giorni fa una valanga aveva portato via il campo più alto: questo se non altro ci confortava del fatto che il pendio sarebbe stato sicuro. Là, per fortuna, c’era anche Mario Merelli, che ho chiamato e che mi ha assicurato che avrebbe seguito la situazione di ora in ora. Ma non ero del tutto tranquillo.
 
La notte di Benoite e Pierre sul Kanchenjunga, la loro sparizione a causa dell’ipotermia che blocca muscoli e cervello, mi lascia in angoscia, come il ricordo delle ore  disperate cercando Lorenzo Mazzoleni nella notte del K2, dopo la vetta…
 
Non si può proprio essere sereni andando a dormire sapendo che là fuori, lontano, su una montagna di ottomila metri, tre amici che hai contagiato con il sogno di salirla stanno resistendo al freddo e alla fatica.
 
Certo so che il loro cuore è pieno di orgoglio e felicità, che l’adrenalina li terrà vigili, che sono proprio bravi e preparati e che certo, ce la faranno. Ma il dubbio, che scacci come un fastidio, diventa un crampo allo stamaco.
 
Il nuovo giorno è bello perchè porta speranza. Mario mi telefona annunciandoci che in tre stanno scendendo verso il campo due, che per radio da campo 1 gli hanno detto di aver visto delle luci lassù. Sono certamente loro. Speranza e certezza… Poi sì, dopo poche altre ore la notizia che sono a campo 1, 6000 metri, al sicuro: hanno incontrato amici di altre spedizioni. Sono a casa.
 
E il G2 è salito. Un tassello della storia dell’alpinismo va al suo posto. Nel senso che quest’impresa non aggiunge certo nulla all’evoluzione delle difficoltà tecniche in alta quota, ma completa la storia esplorativa delle montagne più alte della Terra, la salita dei loro versanti. Una storia iniziata all’inizio del secolo scorso e che ebbe negli anni Cinquanta il suo culmine.
 
Nessun uomo aveva mai tentato e salito questo versante del G2. "Inesplorato" è una volta tanto un termine che trova piena aderenza alla realtà. E’ un’impresa questa d’altri tempi realizzata con lo spirito sportivo dei nostri.
 
Tre uomini preparati e determinati, motivati dalla passione e dalla bellezza della montagna e dell’impresa. Una montagna vergine, che aveva resitito, sino ad ora, anche agli attacchi di bravi alpinisti come Nives Meroi, Romano Benet e i loro compagni. E lo scorso anno agli assalti dei forti svizzeri tra i quali Ueli Steck, in una spedizione  promossa da Karl Kobler, noto commerciante di montagne d’oltralpe.
 
La nord del G2 ha ceduto a tre ragazzotti di montagna bravi, forti e modesti. Uno lecchese: Daniele Bernasconi, con la testa e le mani dure come il granito che ha studiato laureandosi in geologia e su cui magistralmente arrampica. L’altro, Karl Unterkircher, altoatesino ma talmente umano e nel comtempo serenamente determinato da far pensare che la modestia e la pazienza siano veramente le virtù dei forti.
 
Infine un "assurdo" valtellinese, Michele Compagnoni, che non riesce ancora a distinguere bene i limiti tra la passione sconfinata e strabordante per l’alpinismo e la montagna e il resto della sua vita.
 
Insomma sono loro che hanno salito il versante nord del Gasherbrum 2, lungo un itinerario da favola. Hanno scelto di farlo con uno stile antico e modernissimo, senza portatori, ossigeno, campi. Ma soprattutto con bravura, intelligenza e lealtà nei confronti della montagna e dell’alpinismo.
 
Alle 16,40 mi ha chiamato Mario Merelli e mi ha passato Karl. Mi ha ringraziato: non sa quanti grazie avrei voluto dirgli io.
 
Sono andati in vetta solo lui e Daniele. Compagnoni invece ha tagliato la sella ovest, a 7.850 metri d’altezza. Non stava proprio bene. Ora però sono tutti e tre al base e stanno bevendo Coca Cola. Incredibile come una Coca, con le sue bollicine, riesca a diventare l’ambita ricompensa per chi da giorni non beve che poche sorsate di tè e brodo.
 
Tre ragazzotti, ai quali ho affidato un mio grande sogno, l’hanno fatto diventare una loro splendida realtà. Bravi. Per davvero.
 
Un’ultima cosa. "Vediamo la cima del K2" aveva detto Karl dalla vetta ieri mattina. Su quella cima c’erano altri amici italiani che mettevano piede sulla vetta. Mario Vielmo, Daniele Nardi e Stefano Zavka che era  con noi nel 2004, nella spedizione del cinquantenario del K2. Stanno scendendo. C’è qualche preoccupazione … li aspettiamo tutti per festeggiare.
 
Agostino Da Polenza

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