Alpinismo

Nuptse: cercano la via, trovano un lago

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KATHMANDU, Nepal — Erano partiti nel cuore della notte salire alla cresta sommitale. Ma il loro cammino è stato sbarrato da un lago glaciale, profondo quattro metri, mai visto prima. Si erano persi? No. Il lago era nuovo di pacca: si era formato nel giro di tre giorni per lo scioglimento della neve sulla parete sovrastante. E aveva inghiottito tutti i loro materiali.

Sembra incredibile, ma è accaduto davvero. Precisamente, alla spedizone italiana di Diego Giovannini, che si trovava in Himalaya con Massimiliano Gasperetti per scalare la cresta Nord Ovest del Nuptse, splendido picco di 7.861 metri nella valle del Khumbu.
 
Una via nuova, che i due alpinisti volevano chiamare "Fantastic Ridge", e che poi, una volta sotto la parete, avevano soprannominato "La Grande Onda". Gli scherzi del destino.
 
Giovannini e Gasperetti erano partiti il 18 di aprile dall’Italia, e pochi giorni dopo avevano iniziato a lavorare alla nuova linea che avevano ideato per superare la parete – alta circa 1.200 metri – e raggiungere la cresta sommitale. I lavori, però, procedevano un po’ a rilento a causa del meteo che ogni giorno regalava neve e pioggia.
 
A fine maggio, dopo tanti giorni di intemperie, il tempo sembrava però aver iniziato sorridere. Il sole era tornato a splendere. Forse troppo, si potrebbe dire con il senno di poi.
 
Approfittanto della finestra di bel tempo, Giovannini e Gasperetti erano partiti di buon’ora per completare i trenta metri di via che mancavano a raggiungere il plateau sommitale e all’inizio della scalata sulla cresta.
 
Sulla via avevano notato gli omini sciolti, la neve ritirata. Ma mai averebbero potuto immaginare ciò che li aspettava all’attacco della parete, dove avevano depositato materiali e attrezzature sotto un enorme masso.
 
Non era ancora spuntato il giorno quando si sono trovati di fronte l’immenso lago. Hanno messo a fuoco le pile frontali, ma non era un’illusione ottica. La distesa d’acqua c’era davvero. E quel che è peggio, aveva inghiottito il masso e tutti i  materiali. Rimanevano soltato un paio di caschi galleggianti vicino al ghiaccio della riva.  
 
La neve e il ghiaccio che sulla parete disegnavano quell’incredibile gioco di nevai, seracchi, canali e tratti ghiacciati erano svaniti sotto i raggi del sole, colando nella valle sottostante fino a creare un lago profondo quattro metri. La parete era diventata un’immensa lavagna di roccia scura.
 
Ormai non c’era più nulla da fare. Con la delusione in gola, i due alpinisti sono rientrati prima al campo base e poi in Italia, con il fermo proposito di tornare l’anno prossimo a finire il lavoro incominciato.
 
Sara Sottocornola
 

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