Alpinismo

B. Peak, Moro tenta il colpo a sorpresa

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BROAD PEAK, Pakistan — Colpo di scena in Karakorum. Dopo aver annunciato l’abbandono, nel weekend Simone Moro ha sferrato un attacco a sorpresa alla cima del Broad Peak. Tentando l’impossibile, insieme a Shaheen ha affrontato 14 ore consecutive di scalata in mezzo alla bufera, per scoprire che campo 3 era diventato una lastra di ghiaccio.

"Ci siamo alzati con cielo blu e poco vento – racconta Moro -, e immediatamente abbiamo deciso di organizzare un altro, estremo ed ennesimo tentativo alla vetta, anche se avevamo solo un giorno e mezzo di tempo".
 
Il tempo di preparare l’attrezzatura indispensabile, già mezza impacchettata per il rientro. E poi alle otto via: partenza dai 4.800 metri del campo base verso la parete, incrostata dal ghiaccio e dalla neve caduta nelle scorse settimane. 3.250 metri di dislivello li separavano dalla vetta, ma Moro e Shaheen erano determinati a mettere a segno la prima salita invernale della montagna.
 
"Abbiamo subito fatto i conti con le neve alta, depositata dal vento fino a campo 1 – racconta Moro -. Ci ha fatto perdere parecchio tempo ed energie per tracciare. Arrivati a campo 1 abbiamo riposato mezz’oretta e poi ci siamo messi in moto verso campo due, raggiunto alle 15. Mezz’ora per raccogliere tutto i materiale ed organizzare gli zaini e poi ancora su, verso campo 3".
  
Uno sforzo immane, sostenuto da una volontà di ferro e dalle energie accumulate, fin quasi a scoppiare, nei venti giorni di blocco al campo base per colpa del brutto tempo. Nel frattempo, la notte scendeva e il vento diveniva sempre più gelido e forte.
 
"Era buio pesto quando siamo arrivati a campo 3 – prosegue l’alpinista bergamasco -. Non sentivamo più le mani, il naso, le orecchie. Eravamo congelati da un vento che ormai era tormenta. La sorpresa però doveva ancora arrivare: la nostra piazzola di neve non c’era più e al suo posto un piano inclinato di ghiaccio verde".
 
Troppo per i due alpinisti, già stremati. "Avremmo dovuto lavorare con la piccozze per almeno 2 ore – racconta Moro – e poi come avremmo aperto la tenda saremmo volati via con lei. Allora ho deciso di ridiscendere subito a campo 2, prima che i congelamenti potessero divenire gravi".
 
Una decisione sofferta, ma dettata da ragioni di sicurezza, per non dire di sopravvivenza. I due alpinisti sono tornati sui propri passi e hanno ripercorso i 700 metri di dislivello che li separavano da campo 2, raggiunto solo alle 22.30.
 
Una prova durissima, ma ancora non si erano arresi. "Tutta la notte il vento non ci ha dato tregua – racconta Moro -. La mattina dopo era troppo violento per tentare un altro attacco alla vetta. Così abbiamo deciso definitivamente di arrenderci e trasportare tutto i materiale al campo base. Ma abbiamo fatto di tutto, anche l’impossibile pur di riuscire. E lottato con ogni forza".
 
"Ancora una volta, peccato – ha commentato Agostino Da Polenza -. L’ho già scritto che bisogna averci gli attributi per girare in Karakorum d’inverno, a maggior ragione per tentare il colpo grosso della vetta dopo che si è messo via il pensiero e si sta, con lo spirito, già tornando a casa. Ci vuole forza per cogliere l’attimo e tentare l’affondo. Bisogna mettere in campo la combinazione virtuosa della determinazione, della professionalità, della fortuna. Peccato. Alla prossima…"
 
Già, perchè ora è davvero finita. Ieri sono arrivati i portatori al campo base, e questa mattina gli alpinisti hanno iniziato, con loro, il rientro verso valle.
 
Sara Sottocornola
 

– Attacco alla vetta, ultima ora di sole

– Simone Moro verso campo 2

– Campo 2, sullo sfondo il K2

– Shaheen, notte a campo 2

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