Alpinismo

Simone Moro, intervista dal Broad Peak

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BROAD PEAK, Pakistan — "Sono fiducioso sulla riuscita del nostro tentativo. Si sta dimostrando un bell’omaggio allo stile della prima salita di Buhl e Diemberger". Non usa giri di parole Simone Moro per descrivere la sua impresa invernale al Broad Peak. L’alpinista bergamasco racconta a Montagna.tv difficoltà e trucchi per resistere al gelo dei campi alti, sulla montagna pakistana di 8047 metri.

Moro, qual è la sensazione sulla riuscita dell’impresa dopo aver mosso i primi passi sulla montagna?
A essere sincero le sensazioni sono molto buone per quanto riguarda il Broad Peak. Anche se siamo solo in due e non c’è nessun aiuto esterno (né corde fisse né altre spedizioni), vedo che io e Shaheen procediamo bene e sicuri anche sui tratti di ghiaccio e misto. Il K2 è sempre nella bufera, quando è sereno si percepisce il suono del vento e si vede la neve alzata di parecchie decine di metri. Anche il Broad è molto ventato, ma il K2 un po’ lo protegge.
 
Dai video le condizioni della montagna sembrano molto buone. E’ così?
Sì, le condizioni sono buone. Diciamo che c’è talmente poca neve, in alcuni tratti, che bisogna saper salire (e scedere) in piolet traction e dunque saper muoversi sul ghiaccio, non solo – come al solito – camminando turisticamente nella neve.
 
Quali sono le difficoltà maggiori incontrate finora?
Il freddo ed il vento sono due costanti. La discesa interminabile con la faccia a monte e dunque con la concentrazione sempre alta, fanno di questo nostro tentativo una vera salita alpinistica e un bell’omaggio allo stile e alla salita di Buhl e Diemberger di cinquant’anni fa.
 
Una curiosità: come ci si protegge da temperature così estreme, soprattutto di notte?
Io dormo sempre con la porta aperta della tenda per avere il massimo dell’ossigeno disponibile. Se si chiude tutto e si vive in due dentro una tendina, finisci per consumare ed avere ancora meno ossigeno rispetto a fuori. Dunque preferisco dormire con la tuta d’alta quota in piuma dentro il sacco a pelo, e con gli scarponi anch’essi messi dentro al sacco a pelo per evitare che alla mattina siano duri e freddi.
 
Come’è scalare con Shaheen?
Shaheen è molto in gamba e ha voglia di imparare. Mi osserva in tutt, come mi muovo, come prendo le decisioni, cosa mangio e così via. E’ molto forte fisicamente ma anche tecnicamente: è davvero superiore alla norma dei suoi colleghi pakistani. La cosa bella poi – ed è uno dei motivi per cui l’ho scelto – è davvero un bravo cameraman. Ha imparato subito i trucchi che gli ho insegnato rispetto al linguaggio filmico, che è molto diverso da quello fotografico. Ha sempre la videocamera con sé e la usa tantissimo.
 
Quali sono i programmi per i prossimi giorni?
Domani partiamo e mi piacerebbe montare campo 2 e campo 3, dormendoci dentro. Poi si rientra al base e, come felini, si aspetta l’Ok del metereologo per iniziare la salita fino alla vetta.
 
Sara Sottocornola
 
 Foto Simone Moro.
 

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