AlpinismoAlta quota

Messner e Kammerlander: riflettiamo sul rischio

messnerBOLZANO — “Se oggi è il rischio che da la forza ad una via, io penso che siamo fuori strada”. Questa la dura riflessione di Reinhold Messner dopo l’incidente capitato sul Cho Oyu in cui ha perso la vita Walter Nones. Il “re degli ottomila” prende spunto dalla triste vicenda accaduta nei giorni scorsi per lanciare un messaggio sulle numerose morti in alta quota che negli ultimi anni hanno coinvolto alpinisti professionisti impegnati su vie nuove o imprese particolari sugli ottomila.

Messner, interrogato dal Corriere dell’Alto Adige dopo le vicende del Cho Oyu, esprime dispiacere per la morte di Nones e coglie l’occasione per riflettere sulla piega che a volte sembra prendere l’alpinismo oggi. “Gli alpinisti oggi cercano vie pericolose – ha detto Messneral giornale -. Non si parte più da basi sicure su cui è possibile scendere in caso di pericolo. Abbiamo inizato vent’anni fa ad aprire nuove vie. Oggi si fa in luoghi molto rischiosi, dove due volte ce la fai e una volta perdi la vita. Se oggi è il rischio che dà la forza ad una via, io penso che siamo fuori strada”.

“Walter era un alpinista di grande esperienza, una bella persona, tranquilla ed accorta – ha detto Hans Kammerlander all’Alto Adige -. Non ho mai fatto spedizioni con lui ma Karl me ne aveva parlato in modo più che positivo. E’ una cosa molto triste, non so cosa sia accaduto, forse non lo sapremo mai ma secondo me è stato ucciso da una valanga”.

Kammerlander, grande nome dell’alpinismo himalayano, vanta difficili vie nuove e diverse prime assolute anche con gli sci, Ma anche lui si interroga sui rischi di questa attività con riferimento ai padri di famiglia. “So che Nones voleva salire dalla parete sud-est – ha detto al giornale altoatesino – che  ricordo essere molto difficile e parecchio rischiosa. Il mio pensiero in questi momenti va sicuramente alla famiglia di Walter, ma anche a quelle di altri miei colleghi come Unterkircher e Brugger. Anche io per 25 anni ho sfidato le montagne, ma non avevo figli. Ecco, in questi casi, come in molti altri, non so cosa possa spingere a queste imprese. L’esposizione al rischio per me calerebbe”.

Nones è precipitato sulla parete sudovest del Cho Oyu domenica mattina. Lo hanno trovato i compagni ai piedi della parete, con la tenda e il sacco a pelo. La dinamica dell’incidente non è chiara, anche perchè l’alpinista era solo al momento della caduta. Due giorni dopo, i compagni Manuel Nocker e Giovanni Macaluso hanno recuperato la salma, che oggi è in procinto di rientrare in Italia.Ad aiutare il recupero di Nones, pare ci fosse anche la giovane alpinista altoatesina Tamara Lunger, 24 anni, che aveva pensato nelle scorse settimane di aprire anche lei una via nuova sullo stesso versante dell’ottomila tibetano. Poi aveva rinunciato perchè la montagna, carica di neve, versava in condizioni pericolose e diversi sherpa, sulla via normale, erano stati colpiti da valanghe.

“Partecipare al recupero è stato molto pesante per Tamara – ha detto suo padre Hansjorg al Dolomiten – ma anche molto importante, perchè in questo modo ha potuto elaborare meglio l’accaduto. Mi ha raccontato che Nones sia precipitato per circa 500 metri”. Ora, secondo quanto riferito dall’Ansa, la Lunger sarebbe in cammino per tentare la vetta, ma non ci sono altre conferme della notizia.

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12 Commenti

  1. Due riflessioni intelligenti, in particolar modo quella di K. che parla delle responsabilità del padre di famiglia.

  2. E’ vero cio che dice Messner, le scalate non devono subordinare al grado di rischio: a quel punto un eventuale successo sarebbe per lo più indice di fortuna che non di bravura, e questo non è più alpinismo! Perché i professionisti continuano a tentare queste vie oggettivamente spericolate di gruppi già pluriconquistati, quando poco più in la vi sono centinaia di vette mai visitate dall’uomo? L’alpinismo inteso come esplorazione non esiste più?

  3. chi se ne va lascia un vuoto, non c’è solo la responsabilità verso i figli, a mio parere, ma anche verso chi ci sta vicino.. e crede in noi!

    io mi chiedo spesso il motivo che sta alla base di spedizioni e imprese molto difficili e devo ammettere che le spiegazioni che io trovo non sono mai troppo lusinghiere..

  4. Nel mio pensamento prima di tutto questi guru della montagna sono pochi e vivono in un mondo tutto loro,sono persone differenti dotate di un talento per lo sforzo e per superare i propri limiti che non tutti hanno e vivono per lei, praticamente loro nascono per lei e a volte alcuni si dimenticano che ci siamo anche noi, atratti ed innamorati dalla passione per la montagna che è più forte di ogni cosa.
    Io non li giustifico ma li capisco queste persone vivono in funzione di lei: bella, affascinante, pericolosa, appagante sopra ogni cosa,io credo che chi ha praticato alpinismo comprende benissimo il perchè esistono!!!!!!
    Credo anche che siano consapevoli dello sport che praticano e penso che lo studiare e programmare una scalata non sia così facile e trovare la forza e l’equilibrio dentro di loro sia ancora più difficile!!!
    ciaooooooooooooooooo a tutti!!!!!

  5. Credo che Messner ultimamente voglia sempre essere sulla breccia dell’onda!
    Parla sempre troppo arrivando a delle conclusioni senza conoscere i fatti!
    E non è solo riferito alla vicenda del povero Walter Nones. Basta leggere le sue ultime interviste sui giornali per capire come voglia essere sempre il conoscitore assoluto della montagna.
    Caro Reinhold è forse ora che scnedi dalla tua montagna “altissima, levissima e purissima” e inizi ad avere un po’ più di umilta e rispetto per gli altri.
    Parlare senza conoscere è grande sintomo di ignoranza !

  6. Sono assolutamente daccordo con Fabio…. chiunque sia colui che commenta queste tristi vicende dovrebbe essere così onesto e corretto da non lasciarsi mai andare a giudizi gratuiti sulle dinamiche ed i fatti, magari dettati anche da manie di protagonismo. Il mio a mia voltà non vuol essere un giudizio o critica, ma una semplice espressione di pensiero. Quello che è accaduto lassù al povero Walter (gli stessi compagni di cordata riferiscono che non erano presenti) in fondo credo che non si saprà mai con assoluta certezza, quindi vorrei che si avesse anche rispetto per la memoria e la persona di un grande alpinista. Ciao Walter!!

  7. Sono perfettamente in sinstonia con quanto detto da Messner, ma mi sovviene una domanda: non è che avendo passato entrambi il mezzo secolo di vita facciamo come la vecchietta di una canzone di De Andre e cioè <> ? In fin dei conti anche lui ai suoi tempi ha spostato i “limiti” del fattibile.
    Forse dovremmo anche noi, purtroppo soli spettatori, fare la nostra parte nel biasimare non solo chi rischia e ci lascia la vita ma sopratutto chi torna con mirabolanti racconti o filmati mozzafiato. Un esempio: razionalment, penzolare da un tetto a 2-300 metri da terra (ma anche 15 bastano) su una mano senza sicura dovrebbe essere oggetto di scherno non d’ammirazione. Lo so ragazzi che vi sto facendo imbestialire e io per primo adoro vedere queste cose, tra l’altro nel mio piccolo ho fatto qualche salita slegato, ma qui stavo cercando di fare il razionale (o saggio??) non l’amante!

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