Alpinismo

Simone Moro: occhio alle cosiddette “guide alpine” dell’Everest

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BERGAMO — "Solo l’uno per cento degli accompagnatori sull’Everest è una guida alpina". Non usa giri di parole Simone Moro per descrivere la situazione drammatica delle spedizioni commerciali che, per la smania di salire sulla vetta più alta del pianeta, spesso trascurano le più elementari norme di preparazione, lasciandosi alle spalle una scia di tragedie.

 

Solo una minima parte degli accompagnatori, sostiene l’alpinista bergamasco, sarebbe certificata UIAGM (Unione internazionale delle associazioni di guide alpine). In questa intervista per certi versi clamorosa, Moro racconta le sue impressioni sull’ammucchiata dell’Everest.
 
Moro, abbiamo letto che secondo lei le tragedie sull’Everest sono prevedibili…
Assolutamente. Tra quelli che erano all’Everest secondo me c’è molta gente che non sarebbe in grado di scalare il Monte Bianco dal versante italiano. Gente che non sa mettere i ramponi. Alcuni fanno jogging 3 volte la settimana per un’ora e pensano di essersi allenati bene. Partono con l’ossigeno dal base, poi è chiaro che se staccano la maschera anche solo per un secondo collassano.
 
Ci vorrebbe più selezione?
Secondo me l’Everest è un’olimpiade e come tale andrebbe affrontata. Il problema è che qui non c’è una federazione e quindi nemmeno una selezione. Se non quella del buon senso, che purtroppo ormai è merce rara. E io non ho mai visto nessuno che va ad un’olimpiade allenandosi 3 volte la settimana. Dovrebbe partecipare solo chi ha i numeri, fisiologici, atletici e tecnici.
 
L’impreparazione, quindi, è la vera causa degli incidenti?
Certamente, e secondo me sono ancora pochi, ci sta andando ancora bene! La maggior parte di queste persone, l’sos se lo cerca. Ma non possono però pretendere che tutti siano così preparati e così di buon senso (come avrebbero dovuto essere loro) per fermarsi ed aiutarli.
 
Parla sia di Sharp che di chi non gli ha prestato soccorso?
Certo. Mi dispiace, mi rendo conto che il mio giudizio è feroce. Ma in una maratona, se uno scopre mentre la fa che non è in grado, si ritira e salta su una macchina. Qui no. C’è troppa gente che scopre di non essere preparata quando l’Everest lo sta gia scalando. E le spedizioni commerciali vendono l’Everest facendo credere che gli sherpa siano sostitutivi di quelle ore di allenamento e di quegli anni di esperienza che invece sono indispensabili.
 
Però c’è da dire che Sharp era solo a 100 metri dall’ultimo campo…
Dopo questa lunga premessa, che però ci tengo a sottolineare, è chiaro che io accuso chi non s’è fermato. Perché non è possibile che io al Lhotse, nel 2001, abbia salvato da solo una persona a 8000 metri, portandomelo a spalle dopo aver fatto 2000 metri di dislivello. E qui invece, gente con le bombole a cento metri dal campo non abbia fatto nulla: fa schifo, fa vomitare. Fa capire come i valori di solidarietà, sull’Everest, siano un po’ scomparsi.
 
Come mai, secondo lei?
Perché queste persone probabilmente non sono nemmeno degli alpinisti, quindi non fanno parte di quel mondo che noi descriviamo ancora pulito, con certi tipi di valori. Questi sono solo delle macchine da profitto, dei commercianti, cinici capi-spedizione che fanno a gara a chi porta più gente in cima. Orrori capitano e capiteranno sempre fintantoché la frequentazione dell’Everest sarà di questi personaggi.
 
Eppure sono guide alpine, dovrebbero avere più senno degli altri…
Attenzione. Se si va a verificare quante “guide” delle spedizioni commerciali sono realmente delle guide UIAGM, si scopre che forse l’1% è una guida alpina. Sono tutte guide autodichiarate, “auto-declared guide”. Cioè si alzano la mattina, fanno un’assicurazione e dicono: “da oggi sono una guida”.
 
Com’è possibile?
In Usa, Australia, Canada e in molti altri paesi non c’è la regola che per far la guida alpina bisogna fare un corso: sono tutti auto-dichiarati. Nepal e Tibet non sono paesi soggetti alle regole dell’UIAGM, quindi lì questi soggetti non sono nemmeno in abuso di titolo professionale.
 
Anche chi è stato coinvolto nelle ultime polemiche non è guida alpina?
Mi piacerebbe che le persone andassero a vedere da sole se Dan Mazur, l’accusatore di Piantoni, è guida alpina. Forse Brice lo è diventato ultimamente, ma solo perché abita a Chamonix (odiato da tutti) e non poteva esimersi . Anche Abramov, capo della spedizione russa – tra l’altro è un amico -…non è mica una guida alpina. È solo uno che si organizza bene.  
 
Pensa che le vere guide alpine non accompagnerebbero nessuno?
Una guida alpina, se ha senno, difficilissimamente accetterebbe un lavoro del genere. In 4 anni di corso, che costa 20mila euro – è una vera università della montagna – ci hanno insegnato quali sono i fondamenti e le certezze che una guida può dare. E sull’Everest di certezze ce ne sono ben poche. Ma questo non si dice mai.
 
Lei quindi non lo farebbe mai?
Io, Piantoni, Mondinelli, quasi tutti gli alpinisti italiani più forti sono guide alpine. Ma nessuno di noi si è mai sognato di accettare di accompagnare delle persone sull’Everest. E non pensate che non mi abbiano chiesto: ho ricevuto un’offerta di 50 mila dollari per fare una roba del genere. Ma ho detto di no. Perché lassù non si accompagna nessuno. Al massimo si decide di essere a fianco di una persona come compagno di cordata (come ho fatto io nel 2002 con Mario Curnis, di 66 anni. Sapevo  che lui, l’Everest se lo poteva mangiare. Come poi ha fatto).
 
Pensa che dovrebbe cambiare la legislazione?
Se Nepal e Tibet si adeguassero alle regole UIAGM, tanti di questi problemi non esisterebbero. Quello che fanno sull’Everest, se l’Everest fosse in Europa, non potrebbero farlo. Perché sarebbero illegali e perseguibili penalmente le spedizioni commerciali. Dico anche che – a memoria mia, d’uomo – nessuna guida alpina UIAGM (qualcuna ha portato dei clienti) ha mai avuto incidenti nell’accompagnamento in Himalaya o su qualche ottomila.
Sara Sottocornola

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