Alpinismo

Everest, Jim Morrison scende in sci il Canalone Hornbein

Con uno straordinario exploit, in 4 ore, lo sciatore dell’estremo di Lake Tahoe è sceso per 3650 metri di dislivello lungo una linea ripida e pericolosa. Ma perché il National Geographic ha cancellato la discesa dall’Everest compiuta nel 1996 da Hans Kammerlander?

La discesa in sci più coraggiosa della storia”. Così il National Geographic, che ha sponsorizzato l’impresa, definisce in un comunicato la discesa sci ai piedi dall’Everest, compiuta mercoledì 15 ottobre dal californiano Jim Morrison, 50 anni, che ha percorso in successione il Canalone Hornbein e poi il Canalone dei Giapponesi.

Partito alle 14 locali dagli 8848 metri della vetta (in Tibet vige l’ora di Pechino, in realtà erano circa le 11 del mattino), Morrison ha impiegato poco più di 4 ore per superare 3650 metri di dislivello fino al ghiacciaio di Rongbuk.

La via, che era stata percorsa anche in salita, viene oggi definita Everest Superdirect. “Gli italiani la chiamerebbero direttissima, i francesi la voie directe” spiega Morrison. “Il Canalone Hornbein è lungo più di un miglio, massiccio, scuro e dalle proporzioni perfette”.

In salita, Jim Morrison è stato accompagnato da altri 11 alpinisti, tra i quali Yukta Gurung, che si era infortunato durante un tentativo del 2024, e gli ecuadoregni Topo Mena e Tico Morales, che hanno aiutato gli Sherpa ad attrezzare la via.
C’era anche la troupe del National Geographic diretta dal filmmaker e fotografo Jimmy Chin, che sta girando insieme a Chai Vasarhelyi un film dedicato all’impresa di Morrison. Gli stessi autori, nel 2018, hanno vinto un Oscar con il documentario Free Solo, girato sulle pareti di El Capitan e con protagonista Alex Honnold.

In memoria di Hilaree Nelson

Il National Geographic non ha fatto sapere se Jim Morrison ha utilizzato respiratore e bombole di ossigeno come i suoi compagni di salita, ma è logico pensare di sì. Sulla vetta dell’Everest, prima di iniziare la discesa, lo sciatore dell’estremo di Lake Tahoe ha sparso le ceneri della sua compagna Hilaree Nelson, morta tre anni fa per una caduta sci ai piedi poco sotto la vetta del Manaslu, 8163 metri. “Ho parlato con lei, ho capito che potevo dedicarle questa giornata” ha detto Jim, commosso ma sereno.

Poi, mentre il resto del team iniziava la lunga e faticosa discesa lungo le corde fisse, Jim Morrison ha agganciato gli sci agli scarponi, e ha iniziato la sua discesa. “Le condizioni erano abominevoli” ha raccontato il protagonista alla fine.

“Il tratto-chiave era di roccia scoperta, e Morrison è dovuto scendere in corda doppia per circa 200 metri, superando le bombole di ossigeno abbandonate, di colore giallo, lasciate da Tom Hornbein e Willi Unsoeld nel 1963, durante la prima salita della cresta Ovest dell’Everest” aggiunge il National Geographic.

“Mentre alcune sezioni erano abbastanza lisce per consentire delle vere curve, altre erano tagliate da onde di ghiaccio alte più di un metro, create dal vento e simili ai sastrugi dell’Artico e dell’Antartide”, continua il comunicato. Morrison si è fermato per riposarsi al campo 3, poi è ripartito. “Ho rischiato molto ma sono sopravvissuto. Mi è sembrato un tributo a Hilaree, qualcosa di cui sarebbe stata orgogliosa. L’ho sentita accanto a me, che mi incitava”, ha concluso.

L’impresa riuscita al terzo tentativo

Il Canalone Hornbein è uno dei due giganteschi solchi che incidono la parete Nord dell’Everest (l’altro, il Canalone Norton, è stato toccato dai primi tentativi di ascensione e percorso per un tratto anche da Reinhold Messner nel 1980). La sua prima salita, dieci anni dopo la vittoria di Hillary e Tenzing, ha fatto parte della prima, storica ascensione della cresta Ovest. Il Canalone, raggiunto con una lunga traversata, ha consentito a Hornbein e Unsoeld di aggirare la parte alta, rocciosa e molto più impegnativa, della cresta. Il Canalone dei Giappponesi, invece, è stato percorso per la prima volta nel 1980 da una spedizione del Sol Levante. Ad arrivare in cima lungo il Canalone Horbein, aprendo così la Everest Superdirect, sono stati Tsuneo Shigehiro e Takashi Ozaki.

Negli anni scorsi, Jim Morrison aveva già tentato due volte la discesa. Nell’ottobre del 2023, il ritardato arrivo del permesso da parte delle autorità cinesi ha impedito di tentare la cima. Nel 2024 le cose sembravano andare meglio, e Morrison è sceso in sci da quota 7000 metri. “E’ stata una bella sciata, sono sceso sciando in maniera aggressiva e divertendomi molto” ha dichiarato il protagonista ad Angela Benavides di ExplorersWeb.
Qualche giorno dopo, però, quando il team che attrezzava la via è stato investito da una bufera, uno dei suoi componenti, Yukta Gurung, è caduto per una cinquantina di metri prima di restare appeso alle corde. Si è rotto il femore, rendendo necessario un soccorso complicato e faticoso. La sua presenza nel team che ha raggiunto la vetta quest’anno dimostra che il recupero è stato completo.

Il National Geographic dimentica la discesa di Hans Kammerlander

Il comunicato del National Geographic ricostruisce la storia delle discese in sci dall’Everest, iniziando dal “tuffo” dal Colle Sud del giapponese Yuichiro Miura, frenato da un paracadute, e proseguendo con l’impresa compiuta nel 2000 dallo sloveno Davo Karničar. Viene giustamente citato anche il tentativo dello snowboarder francese Marco Siffredi, che nel 2002 scomparve mentre scendeva il Canalone Hornbein, e qualche anno prima aveva parzialmente sceso il Norton. La prestigiosa testata americana non cita Andrzej Bargiel, che pochi giorni fa è sceso in sci per il versante nepalese, per la prima volta senza usare respiratore e bombole. Un errore forse dovuto al mancato aggiornamento delle informazioni disponibili in redazione.
Ben più grave, invece, è scrivere nel comunicato diffuso dagli USA che “Karničar è stato il primo a scendere in sci dall’Everest”. Nel maggio del 1996, quattro anni e mezzo prima dello straordinario exploit dello sloveno, l’altoatesino Hans Kammerlander aveva compiuto la prima discesa in sci dalla montagna. L’ex-compagno di spedizioni di Messner è sceso per il versante Nord, a poca distanza dalla via normale tibetana, impiegando 23 ore e 50 minuti, tra andata e ritorno, dal campo base avanzato sul ghiacciaio di Rongbuk. Attendiamo di sapere se si tratta solo di un errore, o se qualcuno negli USA non crede alla discesa di Kammerlander.

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