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Chiodatura in montagna: le linee guida dei gruppi alpinistici delle Dolomiti

Il documento, elaborato durante il recente incontro Dolomia 2025, mira alla tutela delle vie alpinistiche dolomitiche e alla loro manutenzione rispettosa dell’idea dei primi salitori

Preservare il carattere autentico ed avventuroso dell’alpinismo dolomitico, proteggendo un patrimonio fatto non solo di roccia e chiodi, ma anche di memoria, etica e cultura. È questo l’obiettivo primario del documento elaborato dai dieci gruppi alpinistici radunatisi domenica scorsa a San Martino di Castrozza, in occasione della 18esima edizione di Dolomia. Un evento che, dal 2006, rappresenta un momento di incontro e confronto fra tutti quegli alpinisti che vivono e frequentano le Dolomiti con continuità e rispetto. Lo stesso rispetto che permea appunto le “Linee guida per la tutela, la manutenzione e lo sviluppo responsabile delle vie alpinistiche dolomitiche”, un vademecum articolato in sei punti fondamentali.

Anzitutto, si mira ad evidenziare come le vie alpinistiche che necessitano di eventuale manutenzione siano per priorità quelle più ripetute e rinomate, inclusi gli itinerari aperti oltre cent’anni fa, anche se nel documento non viene esclusa la volontà di poter eseguire manutenzione anche su quelle poco ripetute, al fine di garantire loro la notorietà che meritano.
Al secondo punto viene ricordato come ogni gruppo alpinistico, comprese le guide alpine locali, sia un punto di riferimento per questi lavori di manutenzione: per tale ragione spetta anche a loro la volontà di contattare chi ha aperto le vie in questione, per evitare di alterare l’essenza dell’itinerario originale. A questo argomento si affianca il terzo punto, incentrato sul rispetto della tradizione e dell’etica della via: l’idea originale dell’apertura e la modalità di chiodatura usata per tutte le vie che vengono individuate necessarie di interventi vanno pertanto custodite, non violate.

Al quarto punto si entra poi nel merito delle modalità d’intervento vere e proprie: «È fondamentale preservare il carattere delle vie classiche – leggiamo – continuando a usare chiodi e protezioni tradizionali laddove possibile. La tradizione del chiodo è importante per preservare la storia e lo spirito alpinistico. È consigliabile sostituire vecchi chiodi arrugginiti con nuovi, cambiare i cordini marci, evitando la creazione di clessidre o prese artificiali. Per le soste che eventualmente hanno necessità di essere integrate, si tiene conto delle caratteristiche naturali della via. Dove esistono protezioni naturali, si cerca di integrarle evitando l’uso di fix o spit, a meno che la confermazione della roccia lo renda necessario».
Parimenti, al punto cinque, si evidenzia come sia auspicabile che le nuove vie seguano una logica coerente sulla parete, rispettando tutte le altre vie più vecchie aperte sulla stessa. «È responsabilità degli alpinisti attenersi all’etica locale e rispettare le tradizioni di arrampicata del luogo. Prima di aprire una nuova via, si raccomanda di informarsi accuratamente sulla parete, poiché molte vie nelle Dolomiti non sono inserite nelle guide, sono poco conosciute, e spesso, poco attrezzate. L’obiettivo è evitare sovrapposizioni indesiderate».

Infine, ma non da ultimo, viene rimarcata l’importanza di un coinvolgimento attivo della comunità alpinistica locale, per concordare la soluzione più adeguata e condivisa, di caso in caso. «Questo documento– ha commentato a tal proposito Mariano Lott, presidente delle Aquile di San Martino che quest’anno hanno ospitato il raduno – è stato scritto e condiviso da alpinisti dolomitici, anche di fama internazionale, e vuole lasciare un’impronta significativa a tutti coloro che frequentano le nostre pareti. Si tratta infatti di un argomento che interessa l’intero ambiente alpinistico e che, per la prima volta, viene affrontato pubblicamente in modo così diretto. Con questo lavoro intendiamo fare un primo passo verso una linea condivisa, che possa diventare patrimonio comune e riferimento per il futuro».

Alla stesura e alla condivisione delle linee guida hanno dunque partecipato i gruppi alpinistici dell’arco dolomitico, con il prezioso coordinamento di Renzo Corona e Stefania Nicolich, rispettivamente coordinatore e segretaria di Dolomia, che si sono fatti carico di sintetizzare i diversi contributi e gestire la road map operativa per la presentazione ufficiale del documento nell’ambito dell’evento realizzato a San Martino di Castrozza. Sul palco, per rinforzare il messaggio di visione unitaria rispetto a questo importante punto di partenza, sono saliti domenica pomeriggio il Gruppo Scoiattoli di Cortina d’Ampezzo, i Caprioli di San Vito di Cadore, i Ragni di Pieve di Cadore, i Rondi del Comelico, le Tupaie da Laste, i Catores della Val Gardena, le Aquile di San Martino di Castrozza, i Ciamorces della Val di Fassa, i Croderes della Val Badia e gli Sfulmen di Molveno.

Per contribuire attivamente al progetto o per chiedere ulteriori informazioni è possibile contattare i referenti di Dolomia all’indirizzo email info@dolomia.it.

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