Scienza e tecnologia

Il futuro dei ghiacciai alpini

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Le variazioni glaciali sulle Alpi sono fenomeni complessi. Ma grazie alla rete di monitoraggio meteo glaciale dell’Università di Milano, a cui collabora il Comitato EvK2Cnr, sarà possibile comprendere meglio gli scambi energetici e di massa dei ghiacciai e la loro fusione. Ecco le prime riflessioni dei ricercatori sui dati forniti, poche settimane fa, dalla nuova stazione meteorologica installata sul Ghiacciaio del Gigante, nel gruppo del Monte Bianco.

La stazione "Aws-Gigante-Osram" – la più alta in Italia – è stata installata dall’Università di Milano e dal Comitato EvK2Cnr nell’ambito di un progetto finanziato da Osram. Come anticipato dai primi dati, segnalati la sera stessa del rilevamento, è certamente degna di attenzione la calda settimana di fine febbraio che ha comportato perdite e profonde modificazioni del manto nevoso.

"Nell’ultima settimana dell’inverno, cioè tra il 22 e il 29 febbraio – spiega Guglielmina Diolaiuti, co-responsabile scientifica del progetto insieme al Prof. Claudio Smiraglia, entrambi ricercatori dell’Università di Milano e collaboratori EvK2Cnr  – si sono avute più giornate che hanno fatto registrare sulla superficie del ghiacciaio temperature dell’aria sensibilmente positive nelle ore centrali della giornata (tra le 12 e le 15). Nella settimana successiva (che coincide con l’inizio della primavera meteorologica) si è verificato invece un consistente abbassamento delle temperature, le cui medie orarie nelle ore mattutine e serali sono più volte risultate inferiori ai -20°C".

"E’ chiaro che i dati raccolti-aggiunge Claudio Smiraglia – dovranno successivamente venire analizzati ed anche confrontati e correlati con quelli di altre stazioni locali supraglaciali e non, per permetterne sia la validazione sia l’utilizzo per calcolare gradienti locali. La serie finora raccolta è assai esigua, dato che l’installazione è stata appena ultimata, ma siamo fiduciosi che non appena la serie di dati sarà divenuta temporalmente estesa essi ci permetteranno di comprendere meglio le variazioni glaciali in atto sulle Alpi".
 
“Tra i parametri meteorologici misurati dalla nostra stazione più interessanti per noi glaciologi – aggiunge Diolaiuti – vi sono sicuramente i flussi energetici ad onda corta ed ad onda lunga in entrata ed in uscita alla superficie del ghiacciaio. Per misurare i flussi radiativi e calcolare il bilancio energetico superficiale del ghiacciaio, la stazione è dotata di un radiometro netto analogo a quelli in uso sulle altre stazioni supraglaciali delle Alpi e del resto del mondo alle quali abbiamo fatto riferimento. I primi dati raccolti sono risultati interessanti ed in accordo alle osservazioni nivologiche condotte". 
 
“La superficie del ghiacciaio – continua Diolaiuti – è risultata caratterizzata da una riflettività del 69%. Ovvero, solo il 31% dell’energia solare viene assorbito e può contribuire alla fusione del manto nevoso. La quantità di energia assorbita dal manto nevoso è funzione del contenuto in acqua, della presenza alla superficie di polvere e particolato e dalla frequenza delle precipitazioni solide. Un valore del 31% implica condizioni di consistente fusione nivale e scarse precipitazioni solide recenti, queste ultime confermate anche dal nivometro ad ultrasuoni di cui è dotata la stazione".

"Se consideriamo congiuntamente i primi dati meteoglaciali raccolti – aggiunge Smiraglia – il quadro per il ghiacciaio del Gigante non è dei migliori: giornate con più ore calde a fine inverno e scarse precipitazioni nevose concorrono sicuramente a predisporre il ghiacciaio a maggiori perdite estive, salvo ovviamente che la restante parte del mese di Marzo non ci riservi nuove nevicate in quota e giornate fresche".

"L’attenzione alle condizioni micrometeorologiche supraglaciali – continua Diolaiuti – è particolarmente viva negli ultimi anni quando il regresso delle masse glaciali alpine ha mostrato una brusca e netta accelerazione che richiede non solo analisi più frequenti e dettagliate ma anche l’acquisizione di dati meteo alla superficie del ghiacciaio per calcolarne, attraverso modelli analitici, i deflussi e per allestire modelli previsionali".
 
"Si tratta comunque di fenomeni molto complessi – aggiunge Smiraglia – che offrono talora dati contrastanti; basti pensare alle recenti misurazioni effettuate dai colleghi francesi sull’aumento di spessore di circa 2.5 metri della calotta del Monte Bianco fra il 2003 ed il 2007. Questa crescita si è accompagnata con un’accelerazione delle perdite dei vicini ghiacciai valdostani che è passata da -1.14 kmq/a dal 1975 al 1999 a -2.83 kmq/a dal 1999 al 2005".

Quali sono le difficoltà di installare e far funzionare strumenti scientifici a quote così alte? Come leggere i diffusi allarmismi sulla scomparsa dei ghiacciai? Quali altre stazioni fanno parte della rete meteo glaciale? Quali saranno i prossimi passi del progetto? Queste e molte altre domande sullo scioglimento dei ghiacciai troveranno risposta nei prossimi giorni tra le pagine di Montagna.org. Non perdete l’appuntamento!

 

 

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