Storia dell'alpinismo

Nascono i “gradi” per codificare le difficoltà (1918-1929)

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Abbiamo visto, nella scorsa puntata, l’evoluzione tecnica e dei materiali che ha portato gli alpinisti del primo Novecento alla ricerca di difficoltà sempre più alte, soprattutto nei massicci calcarei delle Alpi orientali. Nel 1926 nasce la scala Welzenbach, primo strumento per classificare in modo universale le difficoltà delle vie.

 

Dopo la guerra, lo scenario principale resta quello orientale: negli anni ‘20 si avrà ancora un’ultima impresa nello stile della Belle Époque (Jori e Andreoletti sull’Agner, 1921), e poi una serie di salite rilevantissime, opera di alpinisti di lingua tedesca che, formatisi sui massicci calcarei austriaci, effettuarono una sequela impressionante di prime salite e raggiunsero quello che per anni restò sostanzialmente il limite massimo delle difficoltà: il VI grado.

 
Per citarne alcuni: Herzog e Haber nel 1923 sulla Dreizinkenspitze, Simon & Rossi nel 1924 sul Pelmo, Wiessner & Rossi nel 1925 sul Fleischbank, Solleder nel 1925 sulla Furchetta e soprattutto in Civetta (il primo VI grado “ufficiale”). E poi ancora Solleder nel 1926 sul Sass Maor, Steger & Wiesinger nel 1928 su Cima Una, Krebs & Schmid nel 1929 sulla Laliderwand.
 
E quelli appena citati sono solo alcuni dei grandi nomi dell’alpinismo tedesco ed austriaco cui vanno aggiunti quelli di Rittler, Auckenthaler, Aschenbrenner, Schinko, Heckmair, i fratelli Schmid, e soprattutto Rebitsch che nel 1937, nel Kaisergebirge, sfiorò il moderno VII grado, oltre il limite dolomitico di Vinatzer.
 
In quegli anni si giunse, grazie all’alpinista austriaco Willo Welzenbach (nella foto) ed all’italiano Domenico Rudatis, ad una codificazione delle difficoltà. Nel 1926 nacque la famosa Scala Welzenbach in 6 gradi, poi divenuta scala UIAA (unione internazionale delle associazioni alpinistiche) e ancora oggi utilizzata come punto di riferimento per misurare le difficoltà di un tracciato alpinistico.
 
La scala di Welzenbach constava all’inizio di 5 gradi, individuati con i numeri romani, ognuno con una "variante" superiore o inferiore (indicata con il segno + o con il segno -).
"I" indica una salita facile, "II" poco difficile, "III" abbastanza difficile, "IV" difficile e "V" molto
difficile.
 
Di recente, la scala è stata ampliata con l’aggiunta del sesto, del settimo grado e via dicendo. Ma, all’epoca, Welzenbach ipotizzò che il sesto fosse il grado massimo "invalicabile" per l’uomo, e i passaggi più ardui delle salite veniva indicati con il grado V+.
Oggi esistono anche altre scale di difficoltà simili a quella di Welzenbach, nate in altri paesi con tradizioni alpinistiche.
 
 
 

Ermanno Filippi
 
 
 
Testo di Ermanno Filippi – Istruttore di Alpinismo CAI. Tratto da "Brevi cenni di storia dell’Alpinismo", dispensa della Scuola di Alpinismo del CAI Bolzano

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