Gente di montagna

Piero Mazzorana, leggendaria sentinella delle Tre Cime di Lavaredo

Gestore del Rifugio Auronzo per oltre 25 anni, fu protagonista di 120 soccorsi e autore di oltre 70 nuove vie. La sua “Cavalcata delle Tre cime” (1942) anticipò gli odierni concatenamenti

Tanti sono i gestori dei rifugi alpini che hanno lasciato il segno. Perché da loro spesso per molti anni o addirittura per decenni è dipesa o tuttora dipende l’accoglienza e l’offerta di un riparo e di un ristoro a migliaia di escursionisti e alpinisti. Il rifugio stesso, nei mesi in cui è aperto, diventa la loro “casa”. Molti gestori sono realmente le sentinelle del territorio e delle cime che hanno giustificato la costruzione dei punti d’appoggio, quali sono i rifugi, che ne facilitano la frequentazione. Poi è evidente che non tutti i rifugi sono uguali e la possibilità di accedervi, più o meno facilmente ne determina e ne filtra la frequentazione. È altrettanto vero che il concetto di “rifugio” in molte realtà ha assunto col tempo un significato diverso da quello originale avvicinandosi più a quello di un albergo di montagna, magari comodamente servito da agevoli vie di comunicazione, impianti di risalita e comfort che poco lo differenziano, da questo punto di vista, da quanto si trova nelle strutture a valle.
Ci sono però dei gestori che hanno lasciato una traccia indelebile per le loro abilità alpinistiche, per la loro personalità e per la loro generosità negli interventi di soccorso alpino, divenendo figure carismatiche.

Protagonista sulle Cime di Lavaredo e sui Cadini di Misurina

Uno di questi è senza dubbio Piero Mazzorana (1910-1980) per più di venticinque anni gestore del Rifugio Auronzo alle Tre Cime di Lavaredo. Perché Mazzorana era sì colui che accoglieva i grandi alpinisti (gestì il rifugio dal 1949 a metà degli anni Settanta) quando alla sua soglia si affacciavano i protagonisti delle direttissime sulle pareti nord delle Lavaredo, con le accese rivalità di quegli anni, ma egli stesso fu un protagonista su quelle pareti e non solo su quelle. Basti pensare che gli si attribuisce l’apertura di almeno una settantina di nuove vie nelle Dolomiti, con una predilezione quasi maniacale per il gruppo dei Cadini di Misurina dove praticamente ogni cima porta una via col suo nome (se ne contano una sessantina), alcune famose e frequentate. Mazzorana nato nel 1910 a Longarone e approdato ad Auronzo molto giovane, si dimostrò alpinista di rango ben prima di assumere la gestione del Rifugio Auronzo.

Cominciò ad arrampicare a 16 anni. Subito evidenziò di che stoffa era fatto frequentando le montagne della Val d’Ansiei, esplorando i gruppi dei Brentoni, Cadini, Cristallo-Popena, Croda dei Toni, Popera, e naturalmente le Tre Cime di Lavaredo. Basti pensare che ebbe modo di mettersi in mostra già prima della Seconda guerra mondiale quando affidandosi alla corda di Emilio Comici il 7 e 8 agosto del 1936 salì lo spigolo nord-ovest della Cima Piccola di Lavaredo. Un’arrampicata estremamente difficile, dove la parola “strapiombante” è quella che caratterizza le relazioni dell’epoca, 280 metri superati in 25 ore di arrampicata con un bivacco in parete, uno spigolo che sporge anche quindici metri dalla verticale, una serie ininterrotta di tetti, roccia molto friabile, ma anche molto compatta per lunghi tratti, che non accetta chiodi e dove si procede in libera. Nello stesso anno Piero Mazzorana divenne Guida alpina. Altra sua impresa di rilievo fu l’apertura di una nuova via sullo spigolo sud-ovest della Cima Grande questa volta con Guido Milani, 300 metri tra il quinto e il sesto grado, il 29 agosto del 1941.

La visionaria “cavalcata delle Tre Cime” in solitaria

Quella che resta maggiormente nella memoria, per l’originalità (allora) dell’impresa, è la “cavalcata delle Tre Cime”, compiuta in solitaria in appena nove ore il 17 agosto 1942, anno che, nonostante la guerra, resta famoso nella storia alpinistica delle Lavaredo. Chi la racconta dettagliatamente è Antonio Sanmarchi, alpinista, scrittore e forestale in servizio nel Bellunese, innamorato delle Dolomiti, nel suo libro Le Cime di Lavaredo   uscito nel 1969 a cura della Sezione Cadorina del CAI di Auronzo in occasione del centenario della prima ascensione compiuta da Paul Grohmann e Peter Salcher il 21 agosto 1869. In sintesi la progressione di quella cavalcata fu la seguente: traversata della Piccolissima per le due vie Preuss, traversata della Punta di Frida con salita per la Dülfer e discesa per la normale, traversata della Piccola di Lavaredo con salita per la Helversen e discesa per la normale, traversata della Cima Grande con salita per la Dibona e discesa per il camino Mosca, traversata della Cima Ovest con salita per la normale e variante Dülfer e discesa per la normale, traversata della Croda degli Alpini con discesa per nuova via, traversata della Croda del Rifugio con discesa per la via Casara. Una cavalcata da lasciare senza fiato solo a leggerla.

Sanmarchi aggiunge molti dettagli. Scrive che quando Mazzorana partì per l’impresa non lo disse a nessuno se non a due amici, Milani e Pagani. Forse era timoroso di non farcela e di poter sfigurare, meglio stare zitti. Tant’è vero che si nascose a Gino Soldà che incontrò con un cliente a Forcella Lavaredo. Aveva con sé una corda da 40 metri, un martello e quattro chiodi.

In un tempo da record, sole quattro ore, dopo aver scalato le cime precedenti è in vetta alla Grande e scrive il suo nome sul libretto. Sceso di corsa incontra gli amici Milani e Pagani all’imbocco del Camino Mosca e li invita a seguirlo sulla Cima Ovest. I due sono ottimi arrampicatori ma non riescono a stargli dietro, però in precedenza, come da accordi, gli hanno lasciato due panini imbottiti alla Forcella della Grande. 

Sanmarchi racconta che giunto in cima alla Ovest a Mazzorana viene l’idea di puntare sulla forcelletta tra la Ovest e la Croda degli Alpini, per poi, raggiunta la cima di quest’ultima, tornare alla forcelletta, scendere un canalone di ghiaccio e dalla Forcella Alta di Longeres raggiungere la Croda del Rifugio, attraversarla e finire la memorabile traversata. Una cosa che mai si era vista prima e che anticipò di gran lunga i concatenamenti di moda oggi.


Settanta nuove vie e centoventi interventi di soccorso alpino

Ma ormai la guerra incalzava. Piero Mazzorana fu richiamato alla fine del 1942 e fino a settembre del 1943 fu istruttore del Battaglione Allievi Ufficiali Alpini a Merano. Per alcuni anni (1943-1947) fu anche istruttore di alpinismo della scuola di roccia del CAI di Padova.

Alla fine del conflitto riprese ad arrampicare sulle Tre Cime e sui suoi amati Cadini, aprendo numerose altre nuove vie. Dal 1949 fu il gestore del Rifugio Auronzo. Si può senza dubbio affermare che Piero Mazzorana divenne veramente la sentinella delle Tre Cime di Lavaredo e dei Cadini di Misurina di cui conosceva ogni anfratto. Questa sua immensa esperienza lo portò a prender parte a circa 120 interventi di soccorso.
Arrampicò fin quando ne ebbe le forze. A 67 anni, il 3 settembre 1977 (come documentato da lui stesso su un foglietto di carta lasciato in un barattolo tra i sassi della vetta) salì da solo la “Via Obliqua”, che incrocia la Comici, sulla Punta Col de Varda, sui Cadini di Misurina. Era ancora forte e non pensava certo che la sua avventura terrena si sarebbe conclusa pochi anni dopo. Nel 1980, quell’uomo alto, robusto e generoso, che per una vita intera vagò per le sue montagne, si spense a Merano, dopo una breve malattia. Ma del suo ricordo sono intrise le pareti dolomitiche solcate da tante vie che portano il suo nome.

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