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La tragedia di Punta Valgrande. Cosa è successo davvero lassù?

Tre alpinisti verbanesi muoiono sotto una valanga. Il responsabile del Soccorso Alpino della Valdossola spiega la dinamica dell’incidente. Le immagini dei soccorsi

Si chiamavano Gaudenzio Bonini, Matteo Auguadro e Matteo Lomazzi i tre alpinisti verbanesi deceduti ieri mentre risalivano il versante orientale della Punta Valgrande (2850 m), in Valdivedro. La notizia, in tutta la sua tragicità, ha fatto in pochissime ore il giro del web con tutto il solito corollario di informazioni imprecise, dettate dalla fretta di “andare in pagina” e in molti casi dalla scarsa preparazione specifica di chi quelle righe era incaricato di scrivere a tambur battente.

Ma cosa è successo davvero lassù? Nella serata di ieri abbiamo contattato telefonicamente Matteo Gasparini, responsabile del Soccorso Alpino della X Delegazione Valdossola. “Il gruppo di cinque alpinisti stava risalendo un canale stretto ripido intorno ai 2.500 metri di quota”, racconta. “A causa della pendenza si erano tolti gli sci e stavano avanzando con i ramponi quando la neve sulla quale stavano procedendo ha ceduto. I primi due, quelli più a monte, sono riusciti a fermare la caduta, i tre compagni sono stati invece investiti in pieno e trascinati a valle per circa 500 metri”.

Proprio i due superstiti, dopo aver dato l’allarme via telefono, hanno estratto in pochi minuti i compagni sepolti dalla neve. “Gli Artva correttamente in funzione hanno consentito un’immediata individuazione dei tre, ma purtroppo a causa dei traumi subiti durante la caduta erano già tutti morti”, continua Gasparini, che aggiunge: “tutti erano esperti e bene attrezzati, due delle vittime avevano persino gli airbag, ma la dinamica dell’incidente non ha dato loro scampo”. I soccorritori del CNSAS, giunti sul posto in elicottero circa dieci minuti dopo avere ricevuto l’allarme, hanno trovato i tre alpinisti deceduti già in superficie e non hanno potuto far altro che assistere i superstiti in evidente stato di shock e procedere alla bonifica della zona verificando, anche con l’aiuto di unità cinofile, che non ci fossero altri alpinisti coinvolti.

La tragedia poteva essere evitata? Probabilmente sì – i bollettini indicavano un grado di pericolo 3 marcato –  ma non crediamo sia il caso di gettare la croce addosso ai cinque componenti dell’escursione, che probabilmente non hanno valutato correttamente le condizioni del manto nevoso nel canale che stavano risalendo.

Disattenzione, fatalità, imprudenza sono componenti sempre presenti in questi casi, seppure con proporzioni diverse. Il risultato però non cambia. Consultare i bollettini valanghe, anche attraverso la recentissima app di Aineva è sempre l’idea giusta, ma non esenta da rischi, visto che è impossibile valutare le condizioni di ogni singolo metro della montagna. Anche se per una certa vallata viene indicato un grado di rischio modesto, il pericolo di distacchi potrebbe essere comunque reale in punti particolari, a causa della pendenza o dell’esposizione. Occorre, dunque, saper “leggere” i pendii. E, in caso di dubbio, meglio tornare indietro.

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