Itinerari

L’anello del Monte Pellecchia, “tetto” dei Monti Lucretili, in Lazio

La vetta più alta (1370 metri) del Parco regionale dei Lucretili offre belle e panoramiche escursioni, ed è meno frequentata del celebre Monte Gennaro. Dalla cima si avvista spesso l’aquila in volo

Chi sale al Gianicolo li riconosce a prima vista. Al di là dei monumenti di Roma, tra il Terminillo e del Velino, una scura catena di montagne chiude la Campagna Romana. Il “pizzo” del Monte Gennaro, la cima più nota dei Lucretili, si vede da buona parte della città. Alla sua destra è il triangolo scuro del Morra, a sinistra appare la dorsale del Pellecchia, la vetta più elevata del Parco.

Tra i massicci del Preappennino laziale, i Lucretili sono il più amato e frequentato dagli escursionisti, e anche il più vicino alla Capitale. Presenti nei versi del poeta latino Orazio, che aveva una villa nei pressi di Licenza, hanno visto nel Seicento le scorribande di Federico Cesi, Giovanni Faber e degli altri studiosi Lincei.

Sui pianori di pascoli dei Lucretili sono stati individuati degli insediamenti preistorici, ai piedi del massiccio sono borghi medievali come Orvinio, Nerola, Mandela, Palombara Sabina e San Polo dei Cavalieri. Sulle pareti del Monte Morra, nel 1919, è nata grazie a Enrico Jannetta e ai suoi compagni di cordata l’arrampicata nel Lazio.

Il Monte Pellecchia, che con i suoi 1370 metri è la cima più elevata dei Lucretili, viene raggiunto più raramente del non lontano Monte Gennaro. Oltre ai panorami (nelle giornate serene dalla vetta si vedono il Gran Sasso, la Maiella e il Velino, e dall’altra parte i Monti della Tolfa e la cupola di San Pietro) l’interesse della camminata sta negli ambienti solitari, nei faggi che crescono fin sul crinale e nella possibilità di avvistare le aquile che nidificano sul versante di Licenza.

L’itinerario classico, che inizia dalla Pineta di Monte Flavio, è abbastanza monotono nella parte iniziale. La variante che descriviamo è più faticosa ma un po’ più breve. La segnaletica realizzata dal Parco comprende diverse imprecisioni nella toponomastica e nei tempi ma è abbondante e sicura. L’ottima carta 1:25.000 Parco dei Monti Lucretili, realizzata dall’area protetta, non è in vendita, ma si trova saltuariamente in distribuzione gratuita negli esercizi commerciali della zona.

L’itinerario: da Monte Flavio al Monte e al Pizzo Pellecchia

Punto di partenza: Monte Flavio (RM) o Pineta di Monte Flavio 907 m
Dislivello: da 600 a 680 m a seconda del punto di partenza
Tempo: da 4.15 a 4.45 ore a/r
Difficoltà: E
Periodo consigliato: tutto l’anno

A piedi si segue la strada (segnavia 317) che segue a saliscendi il crinale di Serra Ricci, con bel colpo d’occhio sul Monte Pellecchia e i suoi boschi, poi piega a sinistra e raggiunge un pianoro e un bivio (1030 m, 0.45 ore) ai piedi del Colle della Caparnassa. Qui arrivano da destra i segnavia 312 e la variante che descriveremo tra poco.

Si prosegue per una carrareccia in discesa (segnavia 312) che entra nella in una profonda valle, la traversa a una sella (località Valle del Prete, 986 m), e sale a mezza costa al rifugio del Pastore (1015 m), dove termina. Poco prima si inizia a salire sulla destra per un sentiero che percorre dei ripidi pendii sassosi.

Raggiunto un querceto il sentiero riprende a obliquare a sinistra. Dopo una rampa erbosa si entra nella faggeta, si sale a un crinale, si attraversa un vallone e si sale direttamente verso destra. Nel bosco, e poi per un prato, si raggiunge la cresta alle doline dei Pozzi della Neve (1323 m, 1 ora).

Si va a destra, si traversa una fascia di bosco, si scavalca un cocuzzolo, si traversa una valletta boscosa e si sale all’ometto e alla croce del Monte Pellecchia (1370 m, 0.15 ore), dove una lapide e un pezzo di elica ricordano una tragedia aeronautica del 1960. La vetta, nelle giornate serene, offre un meraviglioso panorama verso il Velino, il Terminillo e il Gran sasso.

Si riparte in discesa sul crinale (segnavia 312B), si scende a una sella, si aggira a sinistra una dolina e si supera un crinale boscoso. Da un ometto si scende decisamente, si lascia a destra una dolina, e si risale a un cartello e al Pizzo Pellecchia (1331 m, 0.45 ore), con la sua croce affacciata su Civitella di Licenza.

Si torna al cartello, e si scende (segnavia 312B, ometti) per un crinale erboso verso il Monte Gennaro. Dove la pendenza aumenta si costeggia a sinistra una vecchia recinzione. Si entra nel bosco, si tocca un poggiolo panoramico e si scende a una strada sterrata e alla Forcella di Civitella (1114 m, 0.30 ore), senza nome sulla carta del Parco.

Sulla sella sono due bivi con cartelli. Si va a destra al primo, scendendo nella Valle Lopa (segnavia 312A) e continuando dritti a un bivio. Al successivo (1010 m) si lascia il fondovalle e si continua a mezza costa traversando alcuni valloni. Toccata la coda dell’aereo caduto nel 1960 si torna alla sterrata dell’andata alla sella di Valle del Prete (0.30 ore). Sul percorso già seguito si torna al punto di partenza (1 ora).

Variante per la Madonna del Carmine. Un po’ più breve del percorso classico, consente di evitare la monotona strada sterrata iniziale. Invece di salire verso la Pineta si segue la Via Provinciale che sale a destra del centro, e prima del ristorante Zi’ Peppe, si imbocca a destra Via Monte Pellecchia. Si posteggia alla fine dell’asfalto e delle case (820 m). Si prosegue a piedi sulla sterrata (segnavia 312) che sale in un valloncello e raggiunge un crinale (892 m) dove sono i pochi resti della chiesa della Madonna del Carmine (o delle Carbonere). A un bivio (920 m, il cartello del Parco è sbagliato) si imbocca a sinistra un sentiero che sale nel bosco e poi obliqua su terreno scoperto fino al bivio 1030 m (0.30 ore). Anche al ritorno occorrono 0.15 ore in meno.

Come arrivare

L’abitato di Monte Flavio (800 m) si raggiunge da Roma, da Rieti o dal casello di Fiano Romano della A1 per la Via Salaria e Moricone. In alternativa si può passare per Palombara Sabina. Dall’ingresso del paese si seguono le indicazioni per la Pineta, dove si posteggia (907 m) all’inizio di una strada sterrata chiusa da una sbarra.

Da vedere: le rovine di Montefalco

A poca distanza da Monte Flavio, su un’altura, le poche rovine di Montefalco sono ciò che resta di una città fortificata, distrutta nel XIII secolo perché di parte ghibellina. Di origini probabilmente romane, l’abitato ospitò nell’Alto Medioevo i profughi dei centri collinari esposti a invasioni e scorrerie, poi fu abbandonata e ricostruita più in basso con il nome di Monte Flavio. Le rovine, non molto spettacolari, offrono un bel panorama sui Lucretili e sulla Campagna Romana. Per arrivarci si può partire a piedi da Monte Flavio per Via Monte Gennaro, oppure seguire questa in auto per 1,2 km e proseguire a piedi per una strada segnata che sale fino al punto più elevato (894 m), dove sono le rovine della torre. A seconda del percorso scelto si cammina da 1 a 2 ore.

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