Anche l’Umbria ha il suo Himalaya. Svarioni e leggerezze di chi dovrebbe promuovere l’Italia
Capita di trovare l’Everest o un castello della Baviera in Abruzzo. Oppure una vetta di 6000 metri o giù di lì piantata nel “cuore verde d’Italia” oppure le falesie di Kalymnos in Sardegna. Errori che fanno sorridere. Ma che alla fine diventano veri e propri boomerang
Qual è la vetta più alta dell’Umbria? Un’occhiata alle mappe suggerisce la Cima del Redentore, 2448 metri, la seconda per quota dei Monti Sibillini che culminano nei 2476 metri del Vettore, che invece è interamente in territorio marchigiano. Il portale regionale Umbria Tourism, con un annuncio che circola in questi giorni sul web, suggerisce una prospettiva diversa.
Chi clicca su questa immagine, sia chiaro, si trova davanti a sentieri e itinerari di più giorni sulle rive del Lago Trasimeno, sulle colline e nei boschi di Terni, sui Sibillini e in altri luoghi dove la magia della terra di San Francesco si respira al 100%. La foto di apertura, però, francamente di umbro ha poco.
Mostra un’escursionista con uno zaino colorato, che cammina in una valle assolata percorrendo una larga strada sterrata. La vetta che fa capolino sullo sfondo, però, non ha nulla dei Sibillini innevati, e tantomeno del Monte Subasio e del Cucco. Confessiamo di non essere riusciti a identificarla. Dall’aspetto potrebbe essere nell’Himalaya indiano (Garwhal?) oppure da qualche parte nelle Ande, come nella Cordigliera peruviana di Huayhuash.
Se fosse un errore isolato, ce la potremmo cavare con un sorriso. Capita a tutti. Chi non sbaglia tiri la prima pietra, recita un vecchio adagio. Invece no, perché le foto clamorosamente sbagliate utilizzate sul web, negli ultimi tempi, sono aumentate in maniera clamorosa.
All’inizio dell’estate, sul sito turistico In Abruzzo, gestito dall’amministrazione regionale, compariva l’accattivante titolo “Viene chiamato il Tibet d’Abruzzo”. Il riferimento, com’è ovvio, era a Campo Imperatore, definito in quel modo da generazioni di viaggiatori e alpinisti. La foto però, invece di mostrare il Corno Grande, faceva vedere il versante settentrionale dell’Everest, affacciato sul Tibet, quello vero.
Pochi giorni dopo un altro sito abruzzese, CityRumors, apriva con un titolo altrettanto suggestivo. “Vivi un’atmosfera da sogno in Abruzzo. In questi castelli ti sentirai come in un film fantasy”. Per illustrare il concetto, sarebbe stato logico aspettarsi un’immagine di Rocca Calascio, o del castello di Roccascalegna. Invece no, c’erano le bianche e celeberrime torri di Neuschwanstein, in Baviera, che si alzano mille chilometri più a nord del Gran Sasso e del porto canale di Pescara.
La scelta superficiale delle immagini a sostegno di un territorio non ha risparmiato neppure la Sardegna, che a fine 2023 aveva lanciato sul suo sito ufficiale splendide immagini di Kalymnos per pubblicizzare l’arrampicata invernale sulle falesie dell’isola.
Ripetiamo, tutti si possono sbagliare, anche se guarda caso nessun media italiano fa errori di questo tipo (si rischierebbe troppo, no?) quando racconta ai suoi lettori di politica o di calcio. Sulla montagna e sui viaggi, invece, sembra lecito sparare di tutto.
Non è colpa della tecnologia, ma degli umani. Se in una ricerca nelle banche immagini online si utilizza la parola “Tibet”, è ovvio che può saltar fuori l’Everest. Se si digita “castello” può venir fuori Neuschwanstein, che ha più di cinque milioni di visitatori ogni anno. Se si usa “trekking”, invece, si può estrarre dal cilindro qualunque parte del mondo, a iniziare dall’Himalaya o dalle Ande.
Prima di selezionare, impaginare e mandare online, per evitare errori clamorosi e controproducenti, serve un semplicissimo controllo umano. A chi sceglie immagini promozionali all’Aquila, a Pescara o a Perugia (e chissà in quanti altri posti, in Italia e fuori) non suggeriamo di affidarsi all’intelligenza artificiale. Ma soltanto, come nel buon tempo andato, di porre un limite alla stupidità umana. Forse potrebbe essere sufficiente affacciarsi alla finestra e osservare il territorio di casa.