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Non ce l’hanno fatta. I corpi di Sara Stefanelli e Andrea Galimberti sono stati ritrovati sul Monte Bianco

Erano partiti all’alba di sabato verso la cima, a 4300 metri sono stati investiti dal maltempo. “Fino ad allora era bello, ero da quelle parti anch’io. Ora rispetto!” commenta Christophe Profit, mito dell’alpinismo francese

E’ finita male, purtroppo. L’unica speranza di trovare in vita Sara Stefanelli e Andrea Galimberti, dispersi da sabato 7 intorno alla vetta del Monte Bianco, era che fossero riusciti a scavalcare la cima, e a scendere lungo la cresta delle Bosses fino alla Capanna Vallot, un bivacco a 4362 metri di quota che, negli anni, ha salvato decine e decine di vite.

Non è andata così. Martedì 10 settembre, nel primo pomeriggio, un elicottero del Péloton de Haute Montagne di Chamonix, il Soccorso Alpino della Gendarmeria francese, ha individuato i corpi senza vita degli alpinisti italiani sul Mur de la Côte, l’ultimo gradino ripido per chi sale verso la cima del Bianco dal Colle della Brenva, e quindi dal Mont Maudit, dal Mont Blanc du Tacul e dal rifugio dei Cosmiques.

Da quel punto, in una giornata di bel tempo, una cordata allenata impiega mezz’ora per salire ai 4810 metri della cima, e un’ora o poco più per scendere lungo la cresta delle Bosses, aerea ma priva di difficoltà, fino alla Capanna Vallot. Il maltempo, invece, non ha lasciato scampo ai due. “Veniteci a prendere, non vediamo niente, rischiamo di morire congelati” hanno gridato Andrea e Sara in una drammatica chiamata al Soccorso. Poi la comunicazione si è interrotta.

Domenica e lunedì gli elicotteri del Soccorso Alpino Valdostano e del PGHM hanno tentato più volte di salire in quota, ma il vento e le nuvole non lo hanno reso possibile, e il maltempo ha bloccato anche le squadre di terra. Martedì mattina il mezzo del SAV è decollato di nuovo, ma il sopralluogo non ha avuto esito positivo.

“Le operazioni vengono sospese da parte italiana in quanto sul versante nord vi sono importanti accumuli di neve. Ciò rende molto pericolosa la posa di soccorritori a terra e non consente operazioni in sicurezza” ha spiegato alle 11.24 di martedì un comunicato dal SAV e del CNSAS. L’ultima ricerca, d’intesa tra i due paesi, è toccata ai soccorritori francesi. “Le salme dei due alpinisti sono state portate a Chamonix, per gli accertamenti sull’accaduto” recita l’ultimo comunicato francese.

Andrea Galimberti, 53 anni, piemontese di Arona ma residente nei pressi di Como, era un ingegnere e un alpinista di grande esperienza. La sua amica Sara Stefanelli, di Genova, 41 anni, aveva frequentato un corso di alpinismo solo nella scorsa primavera ma aveva subito fatto vedere capacità ed entusiasmo.

Una settimana fa, come hanno raccontato sui social, i due hanno salito insieme il Cervino, 4478 metri, salendo in giornata dal rifugio Oriondé, e bivaccando in discesa intorno ai 4000 metri di quota. Le foto che i due hanno pubblicato su Facebook li mostrano sorridenti e felici, accanto alla croce di vetta, durante il bivacco e al momento del ritorno a valle a Cervinia.

Poi la decisione di allungare l’elenco delle salite dell’estate con la traversata del Monte Bianco dai Cosmiques. Un itinerario lungo, ad alta quota, ma infinitamente più facile dal punto di vista tecnico della Cresta del Leone del Cervino.

Dopo la notizia della scomparsa dei due, sulla pagina Facebook di Andrea, decine di amici, alpinisti e non, hanno lasciato messaggi di auguri e di speranza. Altrove, sui giornali e sui social, sono comparsi dei messaggi più duri, che accusavano i due alpinisti di imprudenza. Quel che è accaduto tra sabato e martedì sul Monte Bianco dovrà essere ricostruito con calma. E’ importante ricordare, però, che il cambiamento del tempo, sabato, è stato particolarmente repentino e violento.

“Le previsioni meteo italiane e francesi per sabato mattina davano bel tempo, mentre per il pomeriggio era annunciato un netto peggioramento. Invece la bufera è arrivata prima e con molta più violenza del previsto. E ha investito sia il Monte Rosa, che di solito è più esposto, che il Monte Bianco” ha spiegato a chi scrive Marco Camandona, guida alpina di Aosta, che ha completato da poco la collezione dei 14 “ottomila”, in un’intervista che è uscita martedì sul quotidiano “Il Messaggero”.

“Sabato mattina sono salito verso il Monte Bianco con degli amici, siamo arrivati alla Vallot e poi siamo scesi, perché il tempo stava cambiando” aggiunge Christophe Profit, un mito dell’alpinismo francese, che nel suo lavoro di guida ha percorso infinite volte le vie normali del Bianco.

“Alle 11.30, però, posso testimoniare che il tempo era ancora bello. Noi ci siamo fermati a bere del tè e abbiamo visto in lontananza, tra il Mont Maudit e il Colle della Brenva, due cordate che salivano distanziate l’una dall’altra. Erano i due italiani, seguiti da una cordata di coreani” prosegue Profit.

“Il rischio fa parte dell’alpinismo, sappiamo tutti che in montagna, se facciamo degli errori, possiamo mettere in gioco la vita” prosegue il grande alpinista francese. “Il confronto con gli elementi è la nostra libertà, è l’essenza stessa dell’alpinismo. Alcuni zotici diranno che così si fanno prendere dei rischi al soccorso. Per queste due cordate serve una sola parola: RISPETTO”.

Potremmo chiuderla qui, ma è giusto aggiungere una considerazione e due domande. Più volte, nei giorni scorsi, abbiamo letto nei comunicati ufficiali e sui media che i due alpinisti italiani erano dispersi “nella zona del Dôme du Goûter”, a un chilometro e più dal luogo dove si sono fermati e sono morti. E’ possibile sarebbe utile sapere perché si è diffusa questa notizia, e se può aver causato – crediamo di no, le condizioni meteo hanno bloccato tutti gli interventi – qualche ritardo nei soccorsi.

L’altra questione, ancora più importante, riguarda la sorte dei due alpinisti coreani. Alcuni giornali italiani, lunedì pomeriggio, hanno riportato la notizia che erano stati “recuperati e riportati a Chamonix dai pressi del Colle della Brenva”. Oggi, sul comunicato del PGHM di Chamonix, si legge che sono ancora dispersi, e quindi quasi certamente morti. Quale delle due versioni è quella giusta?

L’ultima considerazione si lega ancora alle parole che mi ha affidato ieri Marco Camandona, e che meritano un approfondimento scientifico. “In pianura fa ancora molto caldo, oltre i 30° sia in Valle d’Aosta sia sul versante nord delle Alpi. Le perturbazioni in questa stagione possono essere particolarmente violente” mi ha detto l’uomo dei 14 “ottomila”.

E’ possibile che, come accade nelle nostre città e sulle coste, il cambiamento climatico porti con sé anche un maltempo più violento ad alta quota? Nei prossimi giorni lo chiederemo a un esperto. Questo, però, come ci ha detto Christophe Profit, è il momento del dolore, della preghiera e del rispetto.

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Un commento

  1. Tutto quello che volete ma molte volte è anche sottovalutare le proprie capacità e il tempo che può cambiare repentinamente in montagna soprattutto a certe altezze in tutte le stagioni e senza adeguato equipaggiamento…in certi casi poi mettendo anche a repentaglio la vita di altre persone quando si è in difficoltà per essere salvati.

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