Facile passeggiata, quasi tutta in discesa, con vista sul ghiacciaio dell’Aletsch, in Svizzera
Si cammina sempre con il ghiacciaio più lungo d’Europa al proprio fianco. Ma a dare spettacolo sono anche pini con oltre 600 anni di vita, silenziosi villaggi d’alta quota e un’insospettabile villa Vittoriana
Con i suoi 20 chilometri, il ghiacciaio dell’Aletsch è il più lungo d’Europa. La vista dalle montagne del Vallese che lo affiancano è impressionante: un’imponente lingua di ghiaccio estesa su 80 km quadrati, con una profondità di circa 900 metri nel punto di maggiore spessore. Tuttavia, anche questo gigante si sta ritirando. Le foto della seconda metà dell’Ottocento parlano chiaro: ove una volta c’era ghiaccio, oggi ci sono rocce e detriti. Entro la fine del secolo, potrebbe rimanere una lunga scia di sassi, decretando la fine di questo luogo magico protetto dall’Unesco, nato circa 20 mila anni fa. Chi ancora non crede al cambiamento climatico, qui ne troverà la prova scientifica. Intorno al 1860, l’industrializzazione e i gas serra prodotti iniziano a intaccare l’Aletsch. Oggi è possibile vedere, osservando il colore delle rocce che lo circondano, dove arrivava il ghiaccio in quel periodo e di quanto si è ritirato. Prima che questa massa di ghiaccio scompaia, si può rendergli omaggio in silenzio e ammirarlo, come è giusto fare con un monumento naturale vivente (e sofferente).
L’itinerario: una lunga discesa sul crinale dal Bettmerhorn a Riederalp
Partenza e arrivo: Bettmeralp (1950 m)
Dislivello: 722 m (in discesa)
Tempo: 3.30 ore
Difficoltà: E
Lasciata l’auto alla Betten Talstation (826 m), si prende la funivia per Bettmeralp, grazioso paesino car-free del Vallese, da dove nelle giornate limpide si riconosce la sagoma triangolare del Cervino. Da qui, con un secondo tratto di funivia si raggiunge la Bergstation Bettmerhorn (2647 m), dove c’è un imperdibile punto panoramico sulla curva dell’Aletsch, il ghiacciaio che ha origine fra Vallese e Oberland Bernese. Il primo tratto del percorso è il più complicato, perché il sentiero 87 passa in discesa fra le rocce fino a raggiungere Hohbahn (2490 m) e poi Biel (2286 m) per poi giungere nei pressi della stazione a monte di un’altra funivia, quella di Moosfluh (2333 m).
La parte più difficile a questo punto è finita: ci attende una passeggiata quasi pianeggiante che discende molto dolcemente. Dopo una sosta al punto panoramico di Moosfluh, si cammina fra bassi cespugli di rododendro e rare conifere contemplando sull’altro lato rispetto della lingua del ghiacciaio alcune cime di tutto rispetto, come l’Aletschhorn (4193 m) e il Sattelhorn (3745 m), e il prima fila il Zenbächenhorn (3386 m) e il Grosses Fusshorn (3626 m). Ci si sente leggeri a camminare accarezzati dall’aria frizzante e dal sole, al punto che non ci si accorge di essere arrivati già in prossimità di un altro punto panoramico, quello di Hohfluh (2227 m). Poco alla volta, gli alberi aumentano: siamo in prossimità della foresta dell’Aletsch. Con un po’ di fortuna, fra i pini cembri si può avvistare qualche camoscio.
Inizia la discesa verso Riederfurka (2065 m) dove c’è Villa Cassel. Da qui, rapidamente si raggiunge un altro villaggio senz’auto, Riederalp (1925 m). Il percorso assume una dimensione più cittadina: in una cinquantina di minuti, si attraversa il borgo, passando vicino al campo da golf a nove buche che è fra i più alti d’Europa. Superata la chiesetta bianca del paese, si continua per una graziosa zona residenziale di chalet e si raggiunge il punto di partenza, la stazione della funivia di Bettmeralp. Da Riederalp a Bettmeralp si può andare comodamente anche con i bus elettrici che fanno la spola tra i villaggi.
La foresta dei pini ultra centenari
La foresta dell’Aletsch si distende per 400 ettari ed è protetta dal 1933. È la più antica della Svizzera: alcuni pini cembri avrebbero più di 600 anni, forse addirittura 800: cioè sarebbero coevi all’incoronazione di Federico II a imperatore del Sacro Romano Impero. Ci sono anche abeti rossi e larici, che offrono rifugio a una fauna variegata, dai rapaci, come le aquile reali, ai cervi e ai galli cedroni. Si lambisce poco prima di giungere a Villa Cassel ed è a sua volta attraversata da diversi sentieri.
Villa Cassel, l’attrazione che non ti aspetti
Villa Cassel è un’autentica sorpresa. Mentre si cammina abbagliati dalla bellezza del ghiacciaio e delle vette tutt’intorno, d’improvviso compare la sagoma di una lussuosa costruzione vittoriana, che non ha nulla che vedere con gli chalet di montagna svizzeri. Fu costruita nel 1902 per volere del banchiere tedesco Ernst Cassel, trapiantato in Inghilterra dove è diventato Ernest. Gli affari di Cassel andavano a gonfie vele, ma non la sua salute. Poiché la montagna poteva giovare ai suoi problemi di cuore, iniziò a frequentare il Vallese soggiornando all’hotel Riederfurka. Era una soluzione che non gli garbava troppo, quindi fece costruire una villa più adatta a lui e ai suoi amici. È accertato che fu ospite di Villa Cassel anche Winston Churchill, che trovava però irritante il suono dei campanacci delle mucche.
Dopo la morte di Cassel nel 1921, la villa fu trasformata in un albergo, che rimase in attività fino al 1969. Dopo un periodo di chiusura, dal 1976 la casa di vacanza del banchiere anglotedesco ospita il Centro Pro Natura che vi ha allestito anche un piccolo museo che racconta la storia del ghiacciaio dell’Aletsch. La villa è stata riaperta all’ospitalità, fondamentalmente rivolta a gruppi. Il luogo è di grande charme, ma l’accoglienza è spartana.
Curiosità
A Riederalp si possono ancora vedere gli Art Furrer Hotels, oggi trasformati in appartamenti privati. Art Furrer, classe 1937, è nato nella zona dell’Aletsch, dove è diventato maestro di sci e guida alpina. Emigrato negli Usa, è diventato famoso come inventore dello sci acrobatico. Dopo il rientro in Svizzera nel 1973, ha investito nel settore alberghiero, acquistando anche il vecchio albergo Riederfurka del 1884.
La funivia del Moosfluh, costruita nel 2015, ha una particolarità. I piloni sono appoggiati su una scanalatura che consente uno slittamento massimo di 12 metri. È uno stratagemma studiato per ovviare agli spostamenti del terreno dovuti allo scioglimento del permafrost. Per ora, lo slittamento è stato davvero minimo, solo un paio di centimetri.
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