Ambiente

I lupi del Parco Nazionale Gran Paradiso non attaccano (quasi) più gli animali domestici. Camosci e cinghiali sono le prede preferite

Nel 2023 solo sette attacchi a ovini e bovini sul versante piemontese dell’aera protetta. Maggior protezione degli animali al pascolo e abbondanza di selvatici da predare spingono il lupo a sceglie la strada più comoda

Il piatto preferito di un lupo? Quello che richiede meno sforzo. Sì, il lupo è un predatore opportunista, minimo sforzo per massima resa. Tuttavia, ciò che non è così evidente è cosa mangia davvero all’interno del Parco Nazionale Gran Paradiso. Con uno studio basato sulle analisi delle sue feci si sta cercando di capirlo meglio. Cone spiega Sonia Calderola, veterinaria del PNGP.

Perché ci interessa sapere cosa mangia il lupo?

L’analisi della dieta del lupo si inserisce in uno studio più ampio sulle interazioni con le prede. Per noi è fondamentale riuscire a quantificare l’impatto sulla popolazione delle prede. Oltre alla dieta, l’altro aspetto importante è, quindi, l’analisi della presenza e della distribuzione delle prede sul territorio. Usiamo un’ampia rete di foto trappole che raccoglie dati in modo sistematico e li registra regolarmente. Poi grazie alla modellistica e a un’analisi statistica possiamo trarre delle conclusioni.

Invece le sue abitudini alimentari le studiate grazie alle feci

Sì. Il Parco in collaborazione all’Università di Siena raccoglie escrementi di lupo dal 2019 in poi. Dal 2021 è partita un’analisi di questi dati con un limite: purtroppo non possiamo sapere se la preda ingerita è stata predata o solo consumata. Ricordo che il lupo mangia spesso animali morti, come ungulati morti sotto le valanghe o di vecchiaia. La ricerca è ancora in corso ma i dati preliminari ci hanno già fornito delle considerazioni interessanti.

Cioè?

La diminuzione delle predazioni di domestici. Il versante piemontese, che è il principale territorio studiato in questa ricerca, registra un aumento di lupi dal 2013 in poi ma una diminuzione di capi domestici predati. Alcuni dati: dal 2013 ad oggi i domestici predati sono complessivamente 300 capi (circa 280 ovi caprini e una ventina di bovini). Ad oggi pecore, capre e bovini costituiscono meno del 5% della dieta del lupo. Gli attacchi alle greggi e soprattutto il numero di capi predati è diminuito negli anni. Nel 2023, sul versante piemontese, sono stati registrati in tutto 7 attacchi a fronte di migliaia di capi monticanti. La perdita totale è stata di 12 ovi caprini e 5 bovini.

I motivi?

Principalmente due. Da un lato la grande disponibilità di prede selvatiche all’interno del Parco. Le prede “preferite” sono il cinghiale e il camoscio. Subito dopo il capriolo e il cervo. Lo stambecco è un pasto raro per il lupo, così come marmotte e altri micro-mammiferi. La seconda motivazione è l’aumento del grado di protezione degli animali al pascolo. Prima del ritorno naturale del lupo in queste zone, gli allevatori si erano abituati a lasciare le greggi incustodite. Negli ultimi anni c’è stata una progressiva diffusione di sistemi di prevenzione come le recinzioni elettrificate e la custodia del pascolo anche in orari diurni.

Certo, si tratta di un cambiamento radicale per la gestione delle greggi da parte degli allevatori. E come tutti i cambiamenti è un processo complicato, ma i dati parlano chiaro.

Il cambiamento climatico ha un ruolo nella diversa dieta del lupo?

Mi sembra una considerazione molto prematura con i dati di cui attualmente disponiamo. Sicuramente il cambiamento climatico ha un impatto sulla popolazione di ungulati: stanno progressivamente spostando gli orari del pascolamento verso la notte. Ma, aldilà di ciò, non credo abbia un impatto significativo in questa specifica ricerca.

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