Ambiente

Tra pochi giorni a Genova il Campionato mondiale di Plogging

Di corsa accumulando chilometri e rifiuti, entrambi garantiscono punti. Appuntamento nel capoluogo ligure il 30 settembre e 1 ottobre

Il 30 settembre e l’1 ottobre si svolgerà a Genova il Campionato mondiale di Plogging, la disciplina che consiste nel raccogliere i rifiuti mentre si corre. I 150 atleti in gara, provenienti da 15 Paesi del mondo, si muoveranno in un’area compresa tra il capoluogo ligure, la val Polcevera e la val Bisagno: come sempre, non vincerà il primo al traguardo, ma chi correrà di più e raccoglierà più spazzatura, soprattutto se di grande impatto ambientale.

Per chi ancora non lo conoscesse, il termine plogging deriva dall’unione della parola svedese “plocka upp”, che significa raccogliere, e dall’inglese jogging. È stato coniato nel 2016 da Erik Ahlström e negli ultimi anni ha raggiunto qualche milione di praticanti (dichiarati) nel mondo, riuniti in circa 20.000 associazioni.

I dati ce li fornisce Roberto Cavallo, agronomo, esperto di ambiente e divulgatore particolarmente impegnato sul fronte dei rifiuti, non a caso organizzatore in Italia del Campionato Mondiale di Plogging, arrivato quest’anno alla terza edizione presentata ieri in conferenza stampa a Genova.

“Le scorse edizioni si sono svolte solo su sentieri di montagna”, dice Cavallo. “Non è un caso, quella che noi chiamiamo trail plogging è la disciplina principe di questo sport, quella che raccoglie più praticanti. La gara dura 6 o 7 ore e gli atleti, che per partecipare hanno superato analoghe prove di qualificazione, corrono con 4 sacchi che vengono dati loro alla partenza e che possono riempire di qualsiasi tipo di rifiuto. Da quest’anno avremo anche una seconda disciplina, che abbiamo chiamato Urban plogging: un’azione dimostrativa, per cui abbiamo invitato 50 atleti che correranno per un’ora in città, cercando di raccogliere più spazzatura possibile, dal mozzicone di sigaretta, allo scontrino, alla bottiglietta, e che dovranno consegnare al traguardo già differenziata per tipologia di rifiuto”.

Se l’Urban plogging dovesse riscuotere successo, come si aspettano gli organizzatori, dall’anno prossimo diventerà disciplina di gara a tutti gli effetti. Per quest’anno però, gli occhi restano puntati soprattutto sul Trail plogging. Ogni corridore metterà in atto una propria strategia: potrà puntare su rifiuti inquinanti, come pile, materiale elettrico, metallico e copertoni, oppure su un giro lungo e con molto dislivello. Non esiste infatti un percorso di gara unico per tutti, ma un campo all’interno del quale gli atleti potranno decidere come muoversi per guadagnare chilometri e dislivello positivo, e al contempo riempire i sacchi di rifiuti, possibilmente altamente inquinanti. Insomma, non vince chi arriva primo al traguardo, anzi.

Regole scientifiche per determinare il vincitore

“È una delle caratteristiche che rendono unica questa gara, perché chi arriva sotto l’arco di arrivo non sa se ha vinto”, continua Cavallo. “ C’è un tempo massimo, ma a chi arriva prima dell’ultimo rintocco viene tolto un punto per ogni minuto in meno. All’arrivo c’è un doppio arco: al primo si stoppa il cronometro, mentre il secondo, che è l’arco di giuria, deve essere attraversato con i 4 sacchi non a contatto con la terra e un massimo di 3 oggetti fuori dai sacchi. I giudici di gara suddividono poi la spazzatura e pesano i rifiuti: ogni materiale ha una conversione in Co2 equivalente, per cui ha un punteggio di impatto ambientale. Il risultato finale dell’atleta deriva dalla somma del punteggio ambientale e di quello atletico, dato dai km percorsi e dal dislivello positivo rilevati da un tracker”.

I rifiuti raccolti saranno smaltiti dal Comune ospitante perché, come sottolineano gli organizzatori, non solo interessa pulire il territorio ma anche che la spazzatura possa essere il più possibile differenziata e avviata al riciclo.

“Ho avuto la fortuna di lanciare il plogging 9 anni fa”, conclude Roberto Cavallo, “come azione di sensibilizzazione con la mia corsa “pazza”, un ultratrail di 350 km che si chiama “Keep clean and run”, che ogni anno sposto in un luogo diverso. Oggi la pratica del plogging si è molto diffusa e credo che si diffonderà sempre di più. Stanno anche emergendo ricerche scientifiche in diverse aree di studio. Oltre a quella più legata ai rifiuti, le scienze motorie stanno studiando i benefici fisici del movimento tipico di questa disciplina: basti pensare che un’ora di plogging fa consumare oltre il 20% di calorie in più della corsa normale. E poi ci sono studi che prendono in considerazione il benessere psichico legato all’attività: chi pratica questa disciplina ha sempre il sorriso sulle labbra, e non è un caso perché alla dopamina tipica del trail running, si aggiunge quella derivata dal sentirsi utili”.

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