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La Muraglia di Giau compie 270 anni

Tre giorni di eventi , dall’8 al 10 settembre, permetteranno di conoscere un monumento nascosto ma di grande rilievo storico

C’è una linea retta, anomala, tracciata sulle carte topografiche o su quelle dei sentieri nelle Dolomiti ampezzane. Taglia perpendicolarmente a metà il versante  del passo Giau rivolto verso Cortina. È una linea di confine, una muraglia di sassi, che pose fine nel 1753 alle eterne diatribe tra San Vito di Cadore e Ampezzo fatte di sconfinamenti, incidenti, accuse e minacce. Oggetto del contendere era l’accesso ai pascoli di Giau. Quella linea di demarcazione non segnava solo i limiti dei rispettivi comuni ma che era anche confine di stato tra la Repubblica di Venezia e l’Impero asburgico. La sua importanza era dunque notevolissima.

Pare che in nessun altro settore delle Alpi sia presente un confine fatto in quel modo. Sono abitualmente gli spartiacque, le creste, i fiumi, le morfologie naturali del territorio a costituire i limiti dei possedimenti. Qui no. È una muraglia lunga un paio di chilometri, perfettamente rettilinea, come fosse stata tracciata sulla carta, invece che lungo gli impervi versanti della valle. Un segmento fatto di sassi che scendendo dalla base dei Lastoi de Formin (2100 m) sul versante destro, giunto in fondo alla valle, risale  sul versante opposto fino alla base  di uno  sperone (2200 m) che poi prese il nome di Bèco de ra Marògna. E che attraversava e attraversa ancora la strada per il passo, a lato della quale si può ancora vedere ciò resta della muraglia, anche se i settori  meglio conservati sono più in alto.  Indubbiamente è un “ monumento”  che incuriosisce chi lo osserva anche solo su una cartina, e che ha una lunga storia da raccontare.

Tre giorni di eventi e visite guidate sul campo

Una storia che ripercorreranno i tre giorni di festeggiamenti  (dall’8 al 10 settembre) organizzati dalla Regola Generale o Grande di San Vito di Cadore, nel  270° anniversario della costruzione della  Muraglia di Giau, con il patrocinio e il contributo della Regione Veneto, il supporto della Magnifica Comunità del Cadore, in collaborazione con la sezione CAI di San Vito di Cadore, il Rifugio Malga Giau e l’Union Ladina d’Oltreciusa.

Una delle principali iniziative proposte per l’occasione è “Esplorando la Muraglia di Giau”, che consentirà di scoprire la storia e le caratteristiche di questo manufatto. La Mediateca allestita per l’occasione nella stalla temporaneamente trasformata del  complesso malghivo del Rifugio Malga Giau, sarà aperta al pubblico dalle 9 alle 18  nei tre giorni dell’eventoe l’ingresso sarà libero per tutti.

Sabato 9 alle ore 10, nello stesso spazio, si terrà il convegno “La Marogna de Iou, un libro di storia e preistoria a cielo aperto”.

Domenica  10 settembre si terrà un’escursione culturale accompagnata, organizzata dalla sezione di San Vito di Cadore del CAI. Il punto di ritrovo sarà il Rifugio Malga Giau alle 9. Durante l’escursione i partecipanti avranno l’opportunità di approfondire la conoscenza della Muraglia di Giau attraverso l’aiuto di esperti.

Per informazioni: www.caisanvitodicadore.it.

Per definire il tracciato occorsero quasi 10 anni di lavori preliminari tra la Serenissima e gli Asurgo

Il perché di quella muraglia  affonda nei secoli. Gli alpeggi d’alta quota costituivano un’attività essenziale per l’economia silvo-pastorale di quei tempi e i pascoli di Giau erano molto ambiti: da tempo immemore erano attribuiti a San Vito di Cadore con i confini tramandati di generazione in generazione e riconfermati nel 1331.

Per antica consuetudine i sanvitesi avevano anche il diritto di attraversare il territorio d’ Ampezzo per raggiungere i loro possedimenti di Giau. Dopo l’annessione di Ampezzo al Tirolo (1511) la situazione si deteriorò. Le contese per gli sconfinamenti del bestiame, gli incidenti, le accuse vicendevoli, il sequestro di buoi, l’appropriazione indebita di legname, le scaramucce, i processi, costrinsero i governi a inviare più volte i loro commissari – austriaci e veneti -, per dirimere le questioni. Sarebbe troppo lungo in questa sede ricordare tutte le vicende che seguirono fino alla costruzione della Marogna. Vicende d’altronde ben documentate, tra gli altri, dagli studi e dai libri degli storici Illuminato de Zanna, Giuseppe Richebuono e Mario Ferruccio Belli.

Nel 1743 iniziarono i lavori preliminari per la revisione di tutto il confine tra l’Austria e la Repubblica di Venezia, affinché fosse inequivocabilmente definito. Decisamente un’operazione di grande rilievo (i preliminari durarono quasi un decennio) visto che quel confine andava dal Lago di Garda alle lagune di Grado. Una commissione bilaterale si insediò a Rovereto nel 1750 e dopo aver esaminato tutti i documenti disponibili  il 20 ottobre 1752 concluse i suoi lavori.

Una volta ottenuta la ratifica da Venezia e da Vienna, nel giugno del 1753, dando seguito alla sentenza di Rovereto, iniziò la costruzione della muraglia. La sentenza  confermava il confine tra San Vito e Ampezzo e obbligava i sanvitesi a costruire la muraglia a loro spese: “una marogna di piedi sei di altezza, grossa in fondo piedi cinque ed il cima due, la quale sarà condotta da un monte all’altro…per serrare tutta la valle…”. Tradotto nelle unità di misura attuali: alta circa due metri, larga in fondovalle circa 1,65 m e in quota 0,66 m, lunga circa 2 chilometri.

In quell’estate del 1753 si avvicendarono sul posto ingegneri, tecnici, scalpellini, operai, oltre che  diplomatici, cancellieri e notai in rappresentanza di entrambe le parti. I sanvitesi si affrettarono a costruire quello strano confine, che gli Ampezzani non avrebbero più potuto contestare, rispettando i termini di 90 giorni imposti dalla sentenza. A metà  settembre la Marogna era completata. Ai suoi estremi, incastonate nella roccia vennero poste, una accanto all’altra, due lapidi con i rispettivi stemmi: il leone di San Marco che regge tra le zampe il Vangelo aperto in segno di pace, scolpito in pietra di Castellavazzo, per la Serenissima, e quello degli Asburgo in marmo bianco per l’Impero d’Austria (purtroppo entrambe asportare sul lato del Becco della Marogna). Altre lapidi di questo tipo si rinvengono in diversi luoghi del confinamento.

Oggi la vegetazione ha in gran parte ricoperto quell’antico muro non più così alto e ben definito, rivestendolo di erbe, muschi, arbusti e alberi. Ma seppur così mimetizzata, la Muraglia di Giau è ancora visibile in numerosi tratti e sono identificabili anche alcuni cippi confinari. Gli eventi organizzati per il 270° anniversario della sua costruzione possono essere buona occasione per la sua scoperta.

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Un commento

  1. Per sola pignoleria, segnalo che nelle Alpi Lepontine, tra la Val Formazza e la Valle di Agaro esiste un manufatto simile, sicuramente meno lungo e di portata storica inferiore, che in tempi passati divideva i pascoli del Comune di Premia da quelli del Comune di Baceno (di proprietà dei De Rodis Baceno), curati dai Walser locali.
    Il passaggio è conosciuta anche sulla topografia come Passo del Muretto.

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