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Carlo Budel sbotta e denuncia “le scimmie” dei social

Carlo Budel, gestore della Capanna punta Penìa, denuncia sui social un gruppo di turisti spagnoli che hanno improvvisato una sessione di palestra e calisthenics sulla croce dedicata agli alpinisti scomparsi

A 3.343 metri, sul rifugio più alto delle dolomiti, Carlo Budel è il gestore della Capanna punta Penìa. È stato uno dei primi, lo scorso 3 luglio 2022, ad assistere impotente al distacco del seracco della Marmolada e a piangere gli undici morti nel disastro.

In sei anni Carlo è stato testimone della siccità, del drammatico crollo in Marmolada, e degli inesorabili cambiamenti delle “sue” cime. Ecco perché, proprio a un anno di distanza da quel fatidico boato che ha segnato il distacco del ghiacciaio nei pressi di Punta Rocca, non ce l’ha più fatta. “Sono arrivate le scimmiette, cercano le banane sulla croce”. La croce è quella dedicata agli alpinisti scomparsi. La rabbia è diretta al gruppetto di turisti spagnoli che hanno improvvisato una sessione di palestra e calisthenics proprio su quella croce.

Selfie, esercizi di calisthenics, risate: i turisti spagnoli erano alla ricerca dello scatto perfetto per i social ad appena una trentina di metri dal rifugio, e la reazione di Carlo non si è fatta attendere. “Scimmie”. Così li apostrofa, con un misto di disperazione e rabbia nella voce. “Sono rimasto inebetito, senza parole“, ha spiegato poi il gestore al Corriere del Trentino.
Ho condiviso il post di un altro ragazzo che era qui al ristorante e ho fatto e postato anch’io subito un video per mostrare alla gente ‘in valle’ quanto in alto può arrivare l’idiozia delle persone“.

Dopo il caso di aprile ad Auschwitz con lo scatto sui binari della “fabbrica della morte”, il più grande e purtroppo noto campo di concentramento realizzato dai nazisti, e il video su Reddit del turista che a giugno di quest’anno ha sfregiato il muro del Colosseo scrivendo il nome della fidanzata, ecco un altro triste esempio di come un’effimera notorietà sui social abbia fatto perdere di vista la capacità di valutate se compiere o meno un gesto, senza neppure fermarsi prima a riflettere sul quello che un luogo rappresenta. Al di là di un acchiappa like.

Alpinisti sulla croce della Marmolada nel 1957Vero è che le spacconate in montagna o altrove non sono appannaggio esclusivo dei social. “Dopo la polemica che ho fatto, un mio amico mi ha mandato una foto del 1957 per farmi presente che arrampicarsi sulle croci si è sempre fatto“, ha dichiarato Budel.

Eppure, oltre a un tema di opportunità, c’è anche una considerazione sulla sicurezza. Il basamento in cemento è completamente staccato, quindi l’arrampicata è estremamente pericolosa: “Se si sale in tre o in quattro non è detto che regga. Quindi, oltre a esibirsi in un gesto di grande cafonaggine, rischiano anche di mettere in pericolo se stessi e le persone che devono venire a soccorrerli. Prima o poi qualcuno finisce di sotto”. A 3.343 metri di altitudine la sicurezza è tutto. E spesso non basta. Lo ha insegnato la Marmolada proprio un anno fa.

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3 Commenti

  1. Prima costruiscono e gestiscono cattedrali a 4000 metri e poi si lentano del turismo di massa….secondo me non erano suoi clienti

  2. La verità è che Budèl non ha gradito il fatto che si siano seduti all’aperto senza consumare (tratta male tutti se lo fanno) e quindi si è vendicato con quel post. Sulla croce che è lì da decenni si sono sempre arrampicati tutti (probabilmente anche Budel) e non mi risulta che sia dedicata alle vittime del disastro. piuttosto sarebbe da chiedersi cosa ci faccia un rifugio proprio sulla cima di una montagna. Non sarebbe meglio demolirlo e mettere un bivacco più in basso?

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