Ambiente

La strada della vergogna che distrugge i bei sentieri CAI nelle Alpi Carniche

La costruzione di una strada camionabile nelle Alpi Carniche è l'ennesimo caso di "addomesticamento" della montagna

Luoghi naturali intaccati da infrastrutture, strade, inquinamento ambientale, nuove piste da sci. In montagna, dalle Alpi all’Appennino, sono molteplici i casi di applicazione di visioni di “addomesticamento” delle Terre Alte da parte della politica e delle amministrazioni locali a fronte dell’ottenimento di finanziamenti importanti da investire sul territorio, con l’illusione di ricadute benefiche sull’economia locale che spesso si rivelano scempi inutili.

Uno degli ultimi casi è stato quello del Vallone delle Cime Bianche in Val d’Ayas, luogo incontaminato che vedrà realizzati nuovi impianti da sci.
Ma, al tempo stesso, si fa spazio anche una maggiore sensibilità da parte dei fruitori “a passo lento” della montagna. Parliamo di coloro che amano camminare, fare fatica per raggiungere un obiettivo, contemplare la natura in silenzio e rispettarla come ospiti che non lasciano segni al proprio passaggio. Una sensibilità che porta ad azioni incisive dal basso a difesa di una visione della montagna che ne rispetta l’essenza più profonda e quei limiti di invalicabilità che l’essere umano vorrebbe a tutti i costi ignorare, peccando di hybris.

L’Osservatorio Montagna

È il caso dell’Osservatorio montagna, nato in Friuli Venezia Giulia a gennaio 2023 dalla volontà di semplici cittadini per difendere i Sentieri Cai 227-228 che insistono in una delle zone più belle della Carnia, minacciati dall’imminente realizzazione di una strada camionabile “di primo livello” che, se realizzata, andrà a cancellarli, impattando fortemente su tutto l’ambiente circostante.
L’Osservatorio raccoglie persone comuni con diverse sensibilità e competenze, geologi, forestali, botanici, esperti di sentieri della Grande guerra, guide escursionistiche e naturalistiche, esperti di legge, artisti, alpinisti, cittadini (intesi come residenti al di fuori dei territori montani) e residenti nella zona che stanno conducendo una battaglia attiva e formalmente agguerrita contro la paventata realizzazione della camionabile.

L’Osservatorio è scaturito dalla mobilitazione, sempre dal basso, che ha spinto spontaneamente più di cinquemila persone ad aderire a Salviamo i sentieri Cai 227-228, pagina Facebook nata nell’estate del 2022 a seguito di una prima ricognizione corale sui sentieri minacciati e sulla quale sono documentati tutti i passaggi – articoli, iniziative, richieste di chiarimento agli enti incaricati, programmi televisivi dedicati etc – compiuti in un anno, su cui ci siamo documentati per scrivere questo pezzo.

Il prossimo Sabato 24 giugno si terrà su quei sentieri una pacifica Camminata della consapevolezza e conoscenza con partenza alle 9.30 da Rigolato (UD), uno dei quattro comuni interessati alla costruzione della strada, che comprende anche le amministrazioni di Forni Avoltri, Prato Carnico e Sappada, dove verranno spiegate nuovamente a tutti i partecipanti, da addetti ai lavori tra i quali geologi, botanici e naturalisti, quali
sono le gravi criticità che verrebbero scatenate da simile infausto progetto.

La camminata intende riportare l’attenzione sulla bellezza dei sentieri minacciati dalla strada, nell’imminenza della continuazione dei lavori che dovrebbero ripartire entro la fine di giugno.

Le problematiche ambientali dell’addomesticamento della montagna

Ma a che punto è la battaglia del gruppo Salviamo i sentieri Cai 227-228 e dell’Osservatorio montagna? E soprattutto quali sono le motivazioni che adducono coloro che sono contrari alla realizzazione della camionabile?
La camionabile, con carreggiata larga quattro metri e mezzo sulla carta, ma che nella realtà arriverà ai sei metri – un’enormità – si sovrapporrebbe ai sentieri collegando con tredici chilometri i comuni di Sappada e Prato Carnico. Inoltre, passerebbe sotto il gruppo montuoso del Pleros – Creta Forata, nelle Alpi Carniche, traversando in quota ad un’altitudine di circa 1600 metri.

L’area centrale attraversata dai due sentieri è, dal punto di vista paesaggistico e naturalistico una delle
più armoniche, con il caratteristico Monte Tuglia – il cosiddetto “Cervino della Carnia” – a dominare l’alpeggio monticato sottostante di Malga Tuglia, con praterie alpine che fioriscono ad ogni rinnovo di stagione e specie rare di piccoli insetti – la salamandra alpina e due specie rare di libellule – e animali – l’area è zona di nidificazione per aquila e gallo cedrone.

Tra l’altro in virtù dei voti di migliaia di aderenti al gruppo, il sentiero è stato eletto nel 2023 primo tra i Luoghi del cuore del FAI dell’Alto Friuli Venezia Giulia. L’aspetto più grave rilevato da chi si oppone alla strada – e quello potenzialmente più incisivo alle orecchie degli amministratori meno sensibili e sordi alle motivazioni di carattere naturalistico e di bellezza contemplativa – è però quello della sicurezza. Infatti, pare che dal punto di vista idrogeologico la strada abbia un’elevata possibilità di intersecare, lungo un tratto di circa tre chilometri e mezzo compreso tra il Rifugio Chiampizzulon e Malga Tuglia, ben quattro tra canaloni attivi e pendii instabili su cui insistono il vincolo idrogeologico e quello valanghivo. Su questo aspetto che sta cercando di fare leva il gruppo.

Grazie alla presenza al suo interno di alcuni avvocati, tra i quali in particolare Barbara Puschiasis, portavoce più attiva e originaria del luogo, l’autocostituito gruppo ha fin dall’anno scorso cercato l’incontro e il dialogo con gli amministratori e con la Comunità Montana della Carnia, l’ente attraverso il quale passeranno i finanziamenti della strada – un milione quindicimila ottocento euro – senza ottenere risposte soddisfacenti. Il gruppo ha utilizzato allora lo strumento dell’istanza in autotutela con cui il 18 gennaio 2023 venivano presentate alla Comunità Montana e alla Regione le osservazioni tecniche dei diversi geologi consultati, allegando anche il parere dell’organismo tecnico del CAI che va sotto il nome di Tutela Ambiente Montano (TAM).

Non avendo ottenuto alcuna risposta, il gruppo si è rivolto al difensore civico che fa da garante per il cittadini nei confronti dell’amministrazione pubblica. Il difensore civico ha scritto direttamente al Servizio geologico della Regione Friuli Venezia Giulia chiedendo riscontro tra i mesi di marzo e aprile. Si è ottenuto una risposta soltanto dal Servizio paesaggistico, che non rilevava criticità, ma che non è il servizio competente nel merito. Nemmeno un ulteriore sollecito al Servizio geologico ha provocato una risposta alle problematiche sollevate: in particolare alle criticità dei pendii dissestati e fragili: “Le mancate risposte – scrive Barbara Puschiasis – rivelano la difficoltà del titolare del progetto a giustificare scelte progettuali che potrebbero avere dannose ricadute su sicurezza e conti pubblici come spese di manutenzione o ripristino in seguito a smottamenti già
annunciati”.

I prossimi passi dell’Osservatorio Montagna

Il prossimo passo dell’Osservatorio Montagna sarà quello di rivolgersi direttamente alla Comunità Europea e al Ministero dell’Ambiente con una denuncia di danno ambientale. Già perché a quanto pare, e questo è il più grande paradosso, la costruenda strada non servirà a nulla e a nessuno. E tantomeno corrisponde alle motivazioni che stanno alla base della concessione del finanziamento.

La motivazione originaria a giustificazione del finanziamento ottenuto grazie al PSR 2014-2020 era infatti quella che riconduceva alle pratiche di esbosco. Questa però è stata subito smentita grazie alle osservazioni del gruppo che rilevavano, de visu, come la strada non attraversi boschi da espianto, né boschi danneggiati dalla tempesta Vaia del 2018 ma soltanto boschi di protezione e lariceti. E il finanziamento viene assegnato dall’Ispettorato Forestale di Tolmezzo (sic!), che dovrebbe conoscere bene la zona. In seconda battuta gli enti competenti hanno risposto che la strada potrebbe anche contemplare usi turistici collegati ad attività produttive, accogliendo in estate gli amanti delle e-bike e in inverno, probabilmente, le motoslitte, allontanando di fatto tutti coloro che frequentano la zona per cercare silenzio, pace e natura.

Nel mentre, a riprova del fatto che sul tratto interessato incombono pericoli reali, la prima parte di camionabile da Sappada è stata già interessata da una frana e due piste forestali realizzate nella zona sono state bloccate da alcuni alberi schiantati nel periodo invernale oltre che da cedimenti della carreggiata.
E naturalmente i costi di scelte come questa, effettuate nel nome dello sviluppo sostenibile della montagna, ricadono su tutti contribuenti.

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close