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Ambiente, politica, alpinismo. A Trento il CAI s’interroga sul futuro

Chi si chiede che strade imboccherà il CAI nei prossimi anni ha avuto delle indicazioni preziose durante due incontri al Trento Film Festival

Più attento al clima e all’ambiente, pronto a dialogare con la politica, impegnato per rispondere alla “domanda di montagna” che cresce al Nord, al Centro e al Sud. Ma ancorato alle sue tradizioni e alle sue eccellenze, a iniziare dall’alpinismo di punta sulle montagne di casa e nel mondo, e dalle Scuole di alpinismo e scialpinismo.

Chi si interroga su che strade imboccherà il Club Alpino Italiano nei prossimi anni ha avuto delle indicazioni preziose venerdì 5 maggio, in due incontri organizzati dal Festival del Cinema di Montagna di Trento.

Piazza Battisti. Nella foto un momento dell’evento. Da sinistra Michele Argenta, il presidente generale del CAI Antonio Montani, Sofia Farina e Luca Pianesi – Foto Stefano Ardito.

Dalle 19 in Piazza Battisti, mentre dalla vicina Baita del Festival iniziavano a levarsi profumi di polenta e salsicce, Antonio Montani, presidente generale del CAI ha risposto alle domande del giornalista Luca Pianesi, direttore de “Il Dolomiti”, e degli ambientalisti Sofia Farina di “Protect Our Winters” e Michele Argenta di “Ci sarà un bel clima”. L’evento faceva parte della rassegna “Un’ora per acclimatarsi”, organizzata dal sito d’informazione trentino e dalle due associazioni citate insieme ad “Alto Rilievo-voci di montagna”.

Un’ora dopo la fine dell’intervista, il presidente è salito sul palco del Teatro Sociale per partecipare a “Grandi maestri per grandi scuole”, una riflessione pubblica sul ruolo e le prospettive delle Scuole di alpinismo e scialpinismo del CAI condotta blogger Pietro Lacasella e dall’alpinista Tamara Lunger..

Sergio Martini – Foto Stefano Ardito.

Insieme ai due conduttori e a Montani hanno parlato gli istruttori Mauro Loss e Margherita Scoppola, l’istruttore e guida alpina Gabriel Perenzoni e un mito dell’alpinismo italiano come Sergio Martini, il settimo uomo a completare la collezione dei 14 “ottomila” della Terra.

Ha concluso la serata, tra applausi scroscianti e richieste di bis, l’esibizione del Coro della SOSAT, che insieme a classici della montagna come Stelutis alpinis e La montanara, ha proposto i suoi arrangiamenti di El Condor Pasa, di The Sound of Silence di Paul Simon e del tema di C’era una volta il West, scritto da Ennio Morricone.

L’evento del Teatro Sociale è iniziato con due video, a cura del giornalista Marco Benedetti, che hanno raccontato con immagini d’epoca la nascita delle Scuole di alpinismo della SAT, e il suolo svolto al loro interno da Bruno Detassis e da altri grandi alpinisti. Splendida, nel primo video, la testimonianza di un “grande vecchio” della montagna trentina come Franco De Battaglia, giornalista e scrittore.

Mauro Loss, della scuola Giorgio Graffer della SAT, ha “dato i numeri”, spiegando che le Scuole del CAI sono oltre 200, sono diffuse dalle Alpi alla Sicilia, hanno 7.000 istruttori e accolgono più di 10.000 allievi ogni anno. Ha parlato di bellezza e sicurezza Gabriel Perenzoni, guida alpina e istruttore del CAI, protagonista con Nicola Castagna di una galoppata sugli 82 “quattromila” delle Alpi, raccontata dal film Altavia 4000 di Luca Matassoni e Marco Tonolli, presentato quest’anno al Festival.

Margherita Scoppola, alpinista e scialpinista romana, ha parlato di come la domanda di montagna “oltre il sentiero” sia cresciuta in maniera impressionante nelle città dopo il Covid, e di come questo costringa le Scuole a formare molti nuovi istruttori.

Antonio Montani ha parlato del progetto Eagle Team, ideato da Matteo Della Bordella e fatto proprio dal CAI, che punta a completare la formazione di 15 forti giovani alpinisti, 11 uomini e 4 donne, con la prospettiva di una spedizione in Patagonia. Dal suo insediamento un anno fa, d’altronde, il presidente punta a “riportare il grande alpinismo nel Club Alpino Italiano”.

A emozionare il pubblico e a scatenare gli applausi, sono stati gli interventi di Sergio Martini, tuttora impegnato nella Scuola di alpinismo Castel Corno, del CAI di Rovereto. Godibilissimi i suoi racconti degli anni Sessanta e Settanta, che hanno visto insegnare alpinisti straordinari come il veronese Milo Navasa e il trentino Marino Stenico.

Nel dibattito in Piazza Battisti, invece, il presidente Montani ha risposto a una trentina di domande, quasi tutte su temi ambientali. Nell’introduzione, i tre intervistatori hanno ricordato che oggi le Alpi sono un hotspot climatico, dove i segni del cambiamento sono più visibili che in pianura. Nel 2022 a Cervinia la temperatura è salita di 3,6 gradi, a Livigno di 3,7 e a Pinzolo di 2,5. Nello stesso periodo, i ghiacciai italiani hanno perso cinque chilometri cubi di ghiaccio.

Come rispondere a questo cambiamento epocale e drammatico? Montani si è dichiarato contrario a ogni tipo di uso turistico degli elicotteri, e contro la realizzazione della pista da bob di Cortina per i Giochi del 2026. “Non è una questione ambientale, è una questione di buonsenso” ha spiegato.

No deciso di Montani e del CAI anche ai progetti di nuovi impianti di risalita. Per quelli del Vallone delle Cime Bianche, ha ricordato, “è pazzesco che la Valle d’Aosta voglia devastare una zona che lei stessa ha indicato all’Unione Europea come sito protetto”. soprattutto rispetto ai nuovi impianti. Anche il progetto di una funivia da Trento al Monte Bondone è un progetto “di retroguardia e senza prospettiva”.

La decisione non è stata presa, ma restaurare la Capanna Margherita minacciata da un cedimento del terreno è invece giusto, perché “anche un rifugio come quello, che si vede da molto lontano, ormai fa parte del paesaggio”.

Quando Argenta, Farina e Pianesi gli hanno chiesto del rapporto del CAI con la politica, e con la Ministra del Turismo Daniela Santanché, Montani ha risposto che “tutta la politica negli ultimi 40 anni ha ignorato la montagna”. E ha rivendicato di aver proposto da poco a Roberto Calderoli, Ministro degli Affari Regionali, di approvare delle definizioni ufficiali dei termini “sentiero” e “rifugi”, perché “altrimenti i contributi statali rischiano di andare a interventi sbagliati.

Se una piccola Sezione del CAI sbaglia, e si schiera a favore di progetti devastanti per l’ambiente, Antonio Montani ha prima sorriso, ricordando “noi non abbiamo i Carabinieri per fermarli”. E poi ha ricordato che “in una grande associazione come il Club Alpino, una Sezione di 250 soci, e le poche persone che la rappresentano, non dovrebbero andare contro le idee e i valori della maggioranza”.

In futuro, secondo Montani, il vero problema è “adeguare l’alpinismo e l’escursionismo a stili di vita sostenibili. Chiedere alle scuole di alpinismo di basare i propri corsi in rifugi spartani è difficile, proporre escursioni sociali solo dove si possono utilizzare i mezzi pubblici lo è ancora di più. Ma la strada dev’essere quella”.

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