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Piatti gourmet, camere private e Wi-Fi: è ancora il caso di chiamarli rifugi?

Cos’è un rifugio? Ognuno di noi ha un’idea in testa a riguardo, più o meno precisa, e questo si aspetterà di trovare. Per qualcuno si tratta di un luogo dove sia possibile rifocillarsi con polenta e piatti tipici dopo o durante una lunga camminata, per qualcun altro equivale a una spartana camerata dove poter riposare nel sacco a pelo prima di partire per un’ascensione, per altri ancora rappresenta qualcosa di diverso. Di fronte a una richiesta sempre più variegata, alcune strutture si stanno diversificando, offrendo servizi non sempre associati con l’alta quota. Ma, in quel caso, sarà sempre appropriato chiamarli rifugi?

È di questo periodo la polemica su pesce e molluschi freschi portati in rifugio in elicottero: ormai sempre più strutture propongono pasti gourmet in altitudine, per attirare una clientela più ampia e/o esigente. Ciò, però, comporta dei rischi: cosa succede se all’idea di rifugio non si associa più l’immagine di un edificio in un luogo difficilmente raggiungibile dove non tutti i servizi che in città diamo per scontati possono essere disponibili?

Problemi di campo

Pensiamo, per esempio, ai pagamenti: quasi ogni dispositivo consente di fare pagamenti elettronici, dall’onnipresente cellulare a orologi sempre più smart, fino ad arrivare alle classiche carte. Diverse persone sono poco abituate a girare con molti contanti in tasca, soprattutto i più giovani. In montagna però può diventare un problema: in zone con scarsa copertura telefonica, infatti, i POS non funzionano. Non diamo per certo di poter effettuare pagamenti elettronici, meglio avere con noi un minimo di liquidità per evitare sorprese. Uguale discorso per il Wi-Fi: non arriva dappertutto, e in alcuni casi forse è meglio così, no?

Vettovaglie e rifiuti

Stessa cosa per alcuni tipi di cibi o bevande: non tutte le strutture possono essere raggiunte in auto o in funivia, quindi non diamo per scontato che ovunque si possano trovare cocktail alla moda o piatti particolari. Anche mangiare quello che ci sembra un “banale” gelato in quota può non essere così semplice, se è necessario molto tempo per raggiungere quel luogo lo sarà per noi come per i prodotti surgelati…

Non tutti i luoghi sono provvisti di sorgenti, per di più di acqua potabile. È possibile quindi che le risorse del rifugio siano limitate: è importante non sprecarle e non dare per scontato che la doccia calda sia disponibile ovunque e gratuitamente. In fondo, se rimaniamo in giro solo per un paio di giorni, possiamo anche farla una volta tornati a casa. Identica questione per i rifiuti: se è complicato portare quel che serve a monte, lo sarà anche riportare quello che non serve a valle. Cerchiamo di minimizzare in generale i rifiuti prodotti, e mettiamoli in un sacchetto all’interno o all’esterno del nostro zaino, differenziandoli una volta tornati a casa.

Chiedere – gentilmente – è la chiave

Ricordiamoci sempre che in montagna molte cose sono più difficili. Potrebbe essere necessaria qualche piccola rinuncia, e se proprio desideriamo qualcosa, sinceriamoci prima telefonicamente che quel tipo di trattamento venga offerto dalla struttura che avremmo scelto. Se così non è, può darsi che in quella zona non sia possibile. Proviamo a vedere se nei dintorni qualcuno propone quello a cui tanto teniamo: non rimarremo delusi noi e non avremo discussioni con il gestore.

Cosa è un rifugio e cosa non lo è?

Fare attenzione alle denominazioni purtroppo non sempre è dirimente: ci sono strutture di lusso con camere private, spa e cucina gourmet che sono chiamate rifugi alla pari di quelle solitarie e spartane vicino alla vetta di una montagna. Forse una diversificazione dell’offerta farebbe bene ad andare di pari passo con quella della denominazione, in modo da non indurre in errore chi a poco a poco inizia a frequentare la montagna. Se una persona poco pratica va in un rifugio e trova un trattamento simile a quello che si può trovare nei grandi hotel di località blasonate, può pensare che quello sia lo standard, e quindi aspettarsi qualcosa di simile alla prossima visita, “scontrandosi” con il parere di avventori e gestori più avvezzi all’alta montagna. Una migliore comunicazione da entrambi i lati ridurrebbe i rischi che ambo le parti si allontanino invece di avvicinarsi…

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3 Commenti

  1. Se si “accatasta” una costruzione come “rifugio alpino” si hanno delle agevolazioni fiscali e di altro genere ?

    Comunque penso che in montagna il nome “rifugio” attiri mole più persone, specialmente quelle alla ricerca di avventure e sensazioni forti, che il nome “Hotel o pensione”.

    Una volta nel ’76 dopo una via sul Salame il signore che ci accompagnava ci ha regalato una notte al rifugio Sella: che doccia, che mangiata e che dormita sepolti nelle coltri di piuma: veramente schiccoso !

  2. No non sono piú rifugi, sono diventati alberghi o ristoranti o i due nello stesso tempo e ciò non è un problema in se stesso, ma che si abbia almeno l’onestà di dirlo.
    Cordialmente

  3. Naturalmente la risposta è: no, non sono più rifugi solamente. Ma chiediamoci chi ha voluto tutto questo? La stessa mentalità, le stesse persone, i politici locali, che hanno ampliato e costruito a dismisura e assolutamente in modo inutile (es. la vicenda del vallone Cime Bianche), gli impianti di risalita, che hanno poi asfaltato le antiche mulattiere o che hanno trasformato in stradone sterrate gli antichi sentieri, per andare poi da nessuna parte, senza alcuna utilità.

    Per non dimenticare poi, il numero sempre crescente di cosiddetti bivacchi, posti in luoghi non utili, anch’ essi a loro volta “meritevoli” del passaggio di categoria, ora definibili “rifugi incustoditi”.

    Dall’ articolo però risalta una errata valutazione; ovvero che sia stata la richiesta da parte dei frequentatori della montagna a portare a tutto questo; no, assolutamente: sono stati da una parte la stupidità locale di chi pensava che in questo modo avrebbe attratto più “clienti”, quando invece è accaduto solo che c’è stata una diversificazione della clientela dei rifugi, non molti di più, ma peggiori, alpinisti per modo di dire e escursionisti merenderos, entrambi attratti più dal poter farsi “selfie” in un certo “posto” che dalla bellezza della natura.

    L’ altra parte che ha portato a questa situazione è la solita, quella degli appalti, della politica, del riciclo del denaro e chi più ne ha ne metta.

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