Torna la caccia al lupo? Segnali preoccupanti da Roma, dalle Marche e dall’Europa
Per i lupi italiani, e del resto d’Europa, potrebbero arrivare degli anni difficili. Prima di Natale, nelle concitate giornate parlamentari dedicate alla Legge di Bilancio, è stato approvato un emendamento proposto dalla Lega che si riferisce al predatore. Secondo il testo, il governo di Giorgia Meloni è impegnato ad adottare iniziative affinché il lupo sia declassato da “specie protetta prioritaria” a “specie protetta”. L’obiettivo è di varare “un Piano Nazionale di Gestione del Lupo che tuteli la specie ma anche i comparti agrosilvopastorali”.
A segnalare l’episodio, mentre l’Italia era concentrata su regali e cenoni, è stato Angelo Bonelli, il portavoce dei Verdi. “Vergogna! Non solo cinghiali, vogliono gli abbattimenti selettivi anche per i lupi. La maggioranza è ostaggio della lobby dei cacciatori” ha affermato il parlamentare.
Negli ultimi anni, la rapida ripresa del lupo sull’Appennino, sulle Alpi e anche in collina e sulla costa (da qualche mese il Parco nazionale del Circeo ha confermato la sua presenza) ha suscitato un comprensibile allarme tra gli allevatori. Parte del mondo venatorio si è attivata, nella speranza che gli eventuali abbattimenti di lupi vengano affidati ai cacciatori. In diverse Regioni anche i politici sono passati all’azione. Nelle Marche, il consigliere regionale Giacomo Rossi, eletto con una lista civica e originario di Apecchio, sull’Appennino, ha presentato una proposta di legge che permette l’abbattimento selettivo dei lupi e degli ibridi della specie, in deroga alla normativa europea.
Maurizio Fugatti, presidente della Provincia Autonoma di Trento, negli anni scorsi si è battuto per eliminare gli orsi “problematici”. Grazie a lui, dal settembre del 2020, l’orso M49 è rinchiuso in una piccola gabbia al Casteller, nei pressi del capoluogo. Da qualche mese, lo stesso Fugatti parla sempre più spesso dei lupi che secondo i suoi dati, in Trentino, sono oggi tra i 120 e i 140.
La notizia più preoccupante per il lupo, però, arriva da Bruxelles. A novembre il Parlamento Europeo ha approvato con 306 voti favorevoli, 225 contrari e 25 astensioni una risoluzione con “nuove misure per la protezione degli animali da allevamento contro gli attacchi dei grandi carnivori”. Ovvero l’orso, e soprattutto il lupo. La risoluzione, votata dai parlamentari europei della Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, invita l’Unione a cambiare strategia sulla gestione del lupo. “Non è più a rischio di estinzione, grazie alle misure di protezione adottate negli ultimi decenni” commenta l’eurodeputato altoatesino Herbert Dorfmann, tra i promotori della risoluzione. “In montagna, i sistemi tradizionali di pascolo e alpeggio sono particolarmente vulnerabili agli attacchi dei grandi carnivori”. Per questo l’UE deve consentire “la rimozione dei capi pericolosi” prosegue Dorfmann. Se per l’orso la parola “rimozione” può significare un sonnifero o una trappola, e poi il trasferimento in uno zoo, per il lupo l’unico strumento previsto è il fucile.
Secondo i dati della COPA-COGECA, la federazione delle imprese e cooperative agricole europee, nei 27 Stati dell’Unione i lupi sono circa 19.000. In Germania, dove la specie è stata assente per decenni, nel 2020 ci sono stati 942 attacchi al bestiame. In Spagna la cifra è stata di 5.085. In Romania, dove i predatori abbondano, tra il 2018 e il 2021 ci sono stati 3.800 attacchi da parte dei lupi, e gli orsi hanno ucciso una trentina di umani. I dati italiani sono in linea con quelli europei. Nel maggio scorso, i dati del progetto LIFE Wolf Alps EU hanno stimato in Italia una popolazione di lupi compresa fra 2.945 e 3.608, con una media di 3.307 esemplari. Circa un migliaio di lupi vivono sulle Alpi. “La popolazione di lupo è cresciuta nell’arco alpino italiano negli ultimi tre anni, raddoppiando sia nel numero delle unità riproduttive documentate che nella distribuzione minima” spiega Francesca Marucco, la zoologa dell’Università di Torino che ha diretto il progetto LIFE Wolf Alps EU. Non a caso, la presenza del lupo crea tensioni più forti sulle Alpi, dove il predatore è tornato da poco, che sull’Appennino (in particolare quello Meridionale e Centrale) dove la specie non è mai scomparsa, e dove gli allevatori tutelano ovini e bovini con recinzioni e con cani da guardia adeguati.
Nel secondo dopoguerra, in Italia, il lupo è arrivato sull’orlo dell’estinzione. A salvarlo, oltre all’Operazione San Francesco del WWF, è stato il suo inserimento nell’elenco delle specie protette, avvenuto nel 1971 con un decreto del ministro dell’Agricoltura Lorenzo Natali. Cinque anni dopo, grazie al suo successore Giovanni Marcora, la tutela è diventata integrale. Oggi i danni causati dai lupi al bestiame vengono integralmente ripagati dallo Stato, e lo stesso accade per quelli causati dagli orsi. Se gli attacchi avvengono nelle aree protette, sono i Parchi a provvedere alle istruttorie e a liquidare quanto dovuto, con tempi più rapidi che in passato.
La questione, insomma, è soprattutto politica. “Non ci vengano a dire che riaprire la caccia al lupo serve a favorire agricoltori e allevatori, perché il lupo è l’unico predatore dei cinghiali. La maggioranza è ostaggio della lobby dei cacciatori” spiega Angelo Bonelli dei Verdi. “Si fermi la scellerata alleanza anti-lupi! La proposta di legge, oltre a non affrontare il reale problema della corretta coesistenza tra lupo e attività antropiche, rappresenta un favore all’ala oltranzista del mondo venatorio che con la fauna selvatica ha un rapporto distorto e vecchio” rincara la dose Marco Ciarulli, responsabile di Legambiente nelle Marche.
La maggioranza di governo, però, la pensa in modo diverso. “L’eccessiva presenza di alcune specie animali crea squilibri per la salute pubblica e per settori strategici. Il nuovo Piano Lupo dovrà prevedere azioni di conservazione, e contestualmente la possibilità di autorizzare deroghe, così come avvenuto in Francia” ha detto a novembre Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, rispondendo a un’interrogazione sui danni causati da lupi e orsi in Trentino e Alto Adige.
Cosa accadrà in futuro non è chiaro. E’ possibile che questioni di opportunità e di immagine convincano il Governo e le Regioni a rimandare gli interventi contro i lupi. Forse, a Trento, ad Ancona e a Roma, qualcuno si renderà conto del valore dei lupi e degli orsi come garanzia di qualità ambientale di un territorio, contribuendo ad attirare turismo e a far crescere l’economia dei territori.
Rischia di pesare su questo dibattito anche la presunta aggressione di un’orsa ai danni di un escursionista, avvenuta prima di Natale nel versante laziale del PNALM. Se prevarrà la linea della “limitazione” dei lupi, è possibile che questa, invece che alle forze di pubblica sicurezza (Guardiaparco, Carabinieri Forestali, Forestali di Province e Regioni Autonome), venga davvero affidata ai cacciatori e ai loro fucili. E’ una questione importante, che ha un peso sul futuro della natura, dell’agricoltura e dell’allevamento italiani, ma anche sull’immaginario e sulla cultura di quella che oggi va di moda chiamare Nazione. Sì, sul futuro dei lupi (e degli orsi) si addensano nubi minacciose.
Visti gli aumenti di benzina e autostrade credo che i predatori siano dotati di due gambe
Speriamo
il lupo, come qualsiasi altro predatore, uomini inclusi, sfrutta le occasioni migliori
perché dovrebbe rischiare la pelliccia con i cinghiali, se ci sono a disposizione greggi di ovini, bovini, caprini ecc. da cui ricavare il proprio sostentamento con facilità
a meno che il sig. Bonelli non abbia intenzione di organizzare appositi corsi di formazione predatoria per lupi, orsi, linci ecc., magari prevedendo come incentivo, dei bonus per ogni cinghiale abbattuto in maniera etica, tipo l’accesso a cure veterinarie gratuite, soggiorni termali, sino ad arrivare ad un auspicabile Reddito di Predazione Universale, il tutto congruamente finanziato da UE, Quatar, Marocco, EAU, Arabia Saudita ….