Ambiente

Il Ghiacciaio dei Forni, un gigante in affanno

Il Ghiacciaio dei Forni ha subito in un anno oltre 40 metri di arretramento della fronte glaciale, per un totale di circa 400 metri nell’ultimo decennio. Questa la sintesi drammatica del monitoraggio effettuato nel corso della tappa lombarda della Carovana dei Ghiacciai, campagna di Legambiente con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano promossa per valutare lo stato di salute dei ghiacciai dell’arco alpino.

Di seguito il comunicato ufficiale di Legambiente, riassuntivo dei dati presentati in anteprima a Milano presso la sede di EPHOTO.

Un gigante in affanno

Un arretramento della fronte del Ghiacciaio di più di 40 metri lineari nell’ultimo anno (2021-2022). Per un totale di circa 400 metri di arretramento negli ultimi dieci anni, dal 2021 ad oggi. Di questi dati in negativo, una delle riduzioni più significative è avvenuta, secondo gli operatori glaciologici, tra il 2015 e il 2016 e si stima che il dato di fine stagione raggiungerà perlomeno i 50 metri di ritiro. È questa, in estrema sintesi, la fotografia offerta dal monitoraggio sul Ghiacciaio dei Forni, in Lombardia, nella terza tappa della Carovana dei ghiacciai 2022 […] Il Ghiacciaio dei Forni, il secondo più grande in Italia dopo l’Adamello (pari a circa 11 km²) e il più esteso del Parco Nazionale dello Stelvio, risulta infatti essere in un forte stato di sofferenza a causa della crisi climatica.

Una situazione allarmante – che riguarda anche gli altri ghiacciai del Parco – quella vissuta dal ghiacciaio, che riesce a sopravvivere solo grazie alla sua importante dimensione. Il gigante si “veste di nero” ingrigito dal colore scuro dei detriti e anche dagli effetti dell’inquinamento atmosferico, quelli che gli esperti definiscono “black carbon” (fuliggine, smog, ceneri derivanti dagli incendi boschivi e le immancabili microplastiche). Questo causa una diminuzione della sua capacità di riflettere la radiazione solare per cui, l’assorbimento, ne provoca una più veloce fusione.

Non è più un ghiacciaio “himalayano”

Il ghiacciaio perde la sua qualifica di “himalayano” per effetto della frammentazione in tre corpi glaciali, per l’apertura di finestre di roccia estesi con un evidente collasso della parte terminale della lingua valliva e una marcata instabilità delle morene laterali, dovuta proprio all’abbassamento della superficie glaciale. Inoltre, a causa della fusione del corpo glaciale, aumenta il ruscellamento e il trasporto solido. Il risultato è una piana proglaciale, inesistente fino allo scorso anno, definita dagli esperti “sandur”, in cui si depositano ghiaie e sabbie.

“Quello che abbiamo osservato sul ghiacciaio dei Forni è l’immagine di un gigante di ghiaccio che sta ansimando, soffocato dai cambiamenti climatici – dichiara Vanda Bonardoresponsabile nazionale Alpi di Legambiente e coordinatrice della campagna . Annerito, collassato e pieno di crepacci: una grande sofferenza per questo essere che pare vivente. Ci sta comunicando quanto sia impellente lavorare sull’adattamento per gestire l’inevitabile; ma nel medesimo tempo mitigare, riducendo l’effetto serra, per evitare l’ingestibile”.

monitoraggi sono stati realizzati dal Comitato Glaciologico Italiano in collaborazione con Legambiente. Ne hanno preso parte Claudio Smiraglia, Guglielmina Diolaiuti, Marco Giardino, Giuseppe Cola, Stefano Perona del Comitato Glaciologico Italiano. Isabella Morlini, testimonial d’eccezione della campagna, tre volte campionessa mondiale di racchette da neve. Tullio Faifer, guida alpina. Con la partecipazione del Cai Valfurva e il Servizio Glaciologico Lombardo. Hanno partecipato alla conferenza di presentazione Marco Giardino, vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano e Università di Torino; Barbara Meggetto, presidente Legambiente Lombardia; Paolo Valoti, Delegato della Presidenza Generale CAI per Rifugi, Sentieri e Sentiero Italia CAI; Antonella Senese, Comitato Glaciologico Italiano e Università di Milano. A introdurre e moderare Vanda Bonardo, Responsabile nazionale Alpi Legambiente.

“In questa terza tappa di Carovana dei Ghiacciai abbiamo potuto scoprire la grande accelerazione del cambiamento climatico e del ritiro glaciale – commenta Marco Giardino, vice presidente del Comitato Glaciologico Italiano e Università Torino  . Per comprenderlo basta confrontare l’ordine di grandezza del ritiro frontale, tra il 1820 e il 1995 meno di 2 km, tra il 1995 ed oggi più di 1,2 km. Nel nuovo millennio la deglaciazione procede sempre più rapida verso monte, manifestandosi con la creazione di vaste aree in cui la roccia modellata dal ghiacciaio si alterna a detriti sciolti e instabili”

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