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Los Penitentes, i giganti di ghiaccio delle Ande

La natura è in grado a sua insaputa di creare meraviglie che ai nostri occhi sembrano opere d’arte. Dai ciciu del Villar alle torri di arenaria dello Utah, dalle piramidi di terra del Renon ai Camini delle Fate in Cappadocia, sono molteplici gli esempi di sculture naturali, nate per effetto dell’erosione ad opera degli agenti atmosferici di fronte alle quali si finisce per restare a bocca aperta. Ma la natura non modella soltanto la roccia, sa essere un abile scultore anche quando si tratta di ghiaccio. Ne sono prova i suggestivi Penitentes delle Ande, pinnacoli di ghiaccio che si innalzano verso il cielo fino a un’altezza di 4 metri circa.

Cosa sono e come si formano

Nel 1835, mentre viaggiava da Santiago del Cile verso la città argentina di Mendoza, Charles Darwin ebbe modo di vedere in prima persona i Penitentes, e li descrisse nella sua opera “The Voyage of the Beagle” (1839). “Le masse congelate – scrisse Darwin – , durante il processo di fusione sono state convertite in parte in pinnacoli o colonne, che, essendo alte e ravvicinate, rendevano difficile il passaggio dei muli”. Quella di Darwin risulta essere la prima testimonianza letteraria del fenomeno.

Come racconta nella sua opera, rimase in particolar modo affascinato da un pinnacolo che portava sulla sommità il corpo di un cavallo. “Un cavallo congelato stava conficcato come su un piedistallo, ma con le zampe posteriori dritte in aria. L’animale, suppongo, deve essere caduto con la testa in giù in una buca, quando la neve era continua, e poi le parti circostanti devono essere state rimosse dal disgelo”.

L’ipotesi darwiniana di una metamorfosi del ghiaccio in fusione contrastava nettamente con la credenza popolare che vedeva nel forte vento delle Ande l’artefice di simili sculture naturali. Inutile dire che il naturalista inglese, padre della teoria evolutiva, avesse avuto una grande intuizione.

Sono passati quasi 200 anni, la scienza ancora non ha chiarito totalmente il meccanismo di formazione di questi pinnacoli ma per certo è stata esclusa la teoria dell’erosione ad opera del vento. La formazione dei Penitentes deriva infatti da un insieme di processi fisici. Sulle Ande essi si formano in particolare sui ghiacciai oltre i 4000 metri di quota, in condizioni di clima molto freddo e molto secco.

Il processo prende il via per mano dei raggi solari che, incidendo sulla superficie ghiacciata, ne inducono la sublimazione (ovvero il passaggio da stato solido a quello aeriforme, senza passare per lo stato liquido) con conseguente formazione di crepe, di piccole depressioni. Tale fenomeno può avvenire a patto che si mantenga un punto di rugiada (temperatura alla quale l’aria diventa satura di vapore acqueo e cominciano a formarsi gocce d’acqua) sotto lo zero. I raggi solari penetrano all’interno delle cavità formate per effetto della sublimazione e “rimangono bloccati” al loro interno, come conseguenza di riflessioni multiple indotte dai cristalli di ghiaccio. Si determina così una ulteriore sublimazione.

Ecco che si attiva un feedback positivo, il processo inizia ad autosostenersi, autoamplificarsi. La presenza di impurità, in grado di assorbire i raggi solari, può accelerare ulteriormente il processo. Le depressioni diventano sempre più profonde, portando alla formazione di questi picchi candidi orientati verso il Sole che, come premesso, possono innalzarsi da pochi centimetri fino a 4 metri di altezza, alcune testimonianze riportano anche 5 metri.

Ad ogni modo non si può dare totalmente torto alle credenze popolari: il vento ha un suo ruolo in tale dinamica di formazione. Maggiore infatti è la sua forza, maggiore è la quantità di vapore allontanato nell’unità di tempo, con conseguente promozione del processo di sublimazione. Inoltre è la direzione in cui soffia il vento a determinare il peculiare allineamento in file dei Penitentes.

Perchè si chiamano Penitentes?

Il nome Penitentes rimanda ai Penitenti, membri di alcune confraternite spagnole che nella Settimana Santa prendono parte alle celebrazioni indossando gli abiti tradizionali, tra cui spicca il capirote, un cappello a cono che nella sua forma allude all’avvicinamento della persona che lo indossa verso il cielo e Dio.

Non solo sulle Ande

Gli esempi più eclatanti di Penitentes si ritrovano nella fascia tropicale e subtropicale, in particolare in Cile e Argentina, nei deserti d’alta quota, in quanto in tali aree le condizioni climatiche (basse temperature, bassa umidità, venti estremi e forte irraggiamento solare), sono tali da favorire un processo di formazione per certi versi amplificato, al punto da dare origine a giganti di 4/5 metri di altezza.

Ma non sono esclusivi del Sud America.

Pinnacoli di ghiaccio, simili a quelli andini sebbene di dimensioni più contenute, possono ad esempio essere incontrati nella regione degli Ottomila: sul ghiacciaio del Khumbu, a breve distanza dal campo base dell’Everest e sul ghiacciaio Baltoro, in Karakorum.

Penitentes spaziali

I Penitentes pare si possano formare anche al di fuori del Pianeta Terra! La presenza di pinnacoli di ghiaccio è stata ipotizzata mediante analisi di immagini termiche e radar, sulla superficie ghiacciata di Plutone e della Luna di Giove, Europa. In quest’ultimo caso si tratta di una presenza ingombrante (si stimano fino a 15 metri di altezza dei pinnacoli, formatisi lentamente nel corso dei millenni), che potrebbe destare qualche problema futuro: bisognerà tenerne infatti conto per eventuali atterraggi spaziali. Anche in questo caso le strane formazioni appaiono nella fascia tropicale.

Vita e morte dei Penitentes

Di seguito un video esplicativo del processo di formazione e scomparsa nelle Ande di queste meravigliose ed effimere opere d’arte di Madre Natura.

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