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Un’estate sui cammini. I consigli per prepararsi e gli errori da evitare

Con l’arrivo dell’estate, è tempo di riprendere il cammino. O forse sarebbe meglio dire “i cammini”, perché negli ultimi anni si assiste a un vero e proprio boom di vacanze on the road a piedi lungo i diversi itinerari (spirituali e non) che percorrono la nostra Penisola, l’Europa e il resto del mondo. Ma come ci si prepara e cosa ci si deve aspettare da questa esperienza di viaggio? Abbiamo chiesto di darci qualche consiglio pratico a un’esperta di cammini: Daniela Cerati, 55 anni, è un’insegnante di yoga e accompagnatrice di viaggi che vive in Lombardia, oltre che una grande camminatrice.

A oggi, quanti e quali cammini hai percorso?

Tanti, soprattutto lungo il Cammino di Santiago, dove ho all’attivo il Cammino Francese da St. Jean a Finisterre, il Cammino del Nord da Irun a Santiago, il Cammino Primitivo da Oviedo a Santiago, il Cammino Portoghese lungo la Senda Litoral da Porto a Santiago, Der Ökumenische Pilgerweg (un tratto del Cammino di Santiago in Germania) da Görlitz a Vacha. Poi ho percorso un tratto della Via Francigena da Aosta a Santhià e, sempre nell’ambito dei cammini spirituali, quelli alle sorgenti del Gange da Gangotri a Tapovan e quello a Kedarnath, in India. E poi ci sono gli altri cammini, come la Via degli Dei da Bologna a Firenze, la Rota Vicentina in Portogallo da Santiago do Cacem a Cabo de San Vincente, e ancora i trekking vari in Ladakh, Nepal e Perù.

Come si prepara lo zaino per partire?

Tutto dipende dal tipo di cammino e dalla stagione in cui lo si fa. Per i cammini di Santiago direi di portarsi il meno possibile: se serve qualcosa lo si trova in loco, non è il deserto del Gobi! S’impara veramente cos’è necessario per noi e cosa non lo è. E quello che è necessario per noi, per gli altri può essere superfluo. Per esempio, io non rinuncio mai al materassino di yoga e a un taccuino ma posso fare a meno dei cosmetici, di un altro paio di scarpe e limito al massimo i vestiti. Ecco, magari bisogna però ricordarsi di non dimenticare (come invece ho fatto io!) il bucato lavato sullo stendino, se già si è all’osso. Ma se ci si affida al cammino, il cammino ti dà quello di cui hai bisogno (e non mi riferisco solo alle cose materiali). Una volta, ad esempio, mi è capitato per caso che una persona (non pellegrina) mi regalasse un paio di pantaloni.

Raccontaci nel dettaglio il tuo zaino…

Preparo lo zaino usando la bilancia e, per ogni cosa che metto dentro, scelgo l’opzione più leggera. Uso un modello da 36 litri, anatomico, con la schiena staccata per non sudare, gli spallacci larghi che non “segano” le spalle e la cintura in vita, importante per scaricare il peso sulle anche. Opto per le scarpe da trail e running, preferibilmente non in Gore-Tex perché ci mettono di più ad asciugare. Porto due mutande, due magliette, tre paia di calze, un paio di pantaloni lunghi, un paio di pantaloni corti della tuta che utilizzo anche come pigiama, un pile leggero, una giacca per la pioggia, il copri zaino, un ombrellino pieghevole, meglio del poncho perché ripara di più e non fa sudare (l’unico problema è quando c’è il vento!), un paio di flip flop o ciabatte con cui vado anche in giro la sera, un cappello per il sole, tappi per le orecchie, per i prodotti beauty come le creme solari o creme varie, il doccia schiuma e lo shampoo, uso i campioncini che raccolgo in farmacia e in profumeria durante l’anno, un pezzo di sapore di Marsiglia per lavare il corpo ma anche i vestiti, spille da balia per stendere, meno ingombranti e più leggere delle classiche mollette, penna e taccuino, un sacco a pelo piccolo e leggero o, per chi è più caloroso, il sacco lenzuolo, una posata in materiale ecologico che da un lato ha il cucchiaio e dall’altro la forchetta, occhiali da sole, tappetino da yoga, i bastoncini per camminare, un kit basico di primo soccorso con le salviette disinfettanti, i cerotti e la pinzetta per togliere le zecche (al bisogno, il resto si compra in loco), la borraccia, scatoline di plastica da mettere in frigo per conservare gli alimenti che si deteriorano o si sciupano, come ad esempio le frutta, un asciugamano in microfibra, lo spazzolino da denti da dito e il dentifricio.

Qualche consiglio per affrontare un cammino a livello fisico?

La mia prima volta è stato lungo il Cammino Francese e il più grande insegnamento, per i cammini successivi, me lo ha dato ascoltare il mio corpo. Sono partita con una fascite plantare, accettando la possibilità di interromperlo molto presto. I primi giorni non facevo più di dodici chilometri, tutti mi superavano ma poi, via via, il piede stava meglio e i chilometri giornalieri aumentavano: ho trovato baldi e muscolosi giovanotti che erano partiti a spron battuto e ora si ritrovavano con tendiniti e vesciche a più non posso. Da allora affronto i cammini così, in modo graduale. Ma anche questo è soggettivo.

E sul piano “mentale”?

Un grande insegnamento dei cammini è quello di non avere pregiudizi sulle persone che incontri: dietro ognuna di loro c’è una storia che non conosci e se te la racconta ma mentalmente ti eri già fatta un’idea basata su un pregiudizio poi ci rimani male, ti dai della “stupida” e impari la lezione. Poi eviterei la programmazione di tappe e anche, quando la stagione lo consente, la prenotazioni degli ostelli perché si perde la magia di coincidenze e doni incredibili. E ci sono le tante esperienze toccanti, le amicizie profonde che nascono in pochissimo tempo e che ancora continuano. È come se sul cammino ci si liberasse un po’ delle corazze, e ci si aprisse con fiducia all’altro.

Hai qualche timore ad affrontare il viaggio da sola?

Ci sono due cose che mi fanno paura sui cammini: le chinches (le cimici da letto) e le zecche!

Cosa ne pensi del boom del cammini oggi?

I cammini in Spagna stanno diventando sempre più una moda, con quel che ne consegue in termini di commercializzazione e di frequentazione. Farei opera di sensibilizzazione su cosa mettere nello zaino…per prima cosa il rispetto! Rispetto per chi ti accoglie, rispetto per gli altri pellegrini. Ho fatto il corso per hospitalera e a settembre mi hanno assegnato una settimana di servizio sulla Via Francigena, a Vercelli in un’associazione che si occupa solo di gestire albergues “a donativo”. Ecco, negli ultimi anni, purtroppo, per molte persone “a donativo” significa gratis, pur potendo permettersi di lasciare l’offerta. Questo implica la difficoltà non solo di pagare le spese (luce, gas e mantenimento della struttura) ma anche di poter fare la spesa per offrire colazione e cena ai pellegrini del giorno successivo. L’altra mala usanza che sta prendendo piede è il trasporto dei bagagli. Perfettamente legittimo per chi ha difficoltà, meno comprensibile per chi è giovane e in forze e, viaggiando senza peso, arriva agli albergues prima degli altri e chi invece si porta il proprio zaino, magari anche persone anziane, non trova posto. Notizie recenti dicono che lo zaino non ce l’hanno proprio…si fanno trasportare il trolley!

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