Le parole dell’arrampicata
Flash, trad, multipitch, a vista, liberare. Per i neofiti la corretta comprensione dei termini tecnici è un problema. Serio. Ecco un piccolo glossario per capire al volo le falesie e il modo di affrontarle
Il mondo dell’arrampicata è fatto di tanti termini strani e spesso dal significato davvero oscuro per chi si è appena affacciato a questo mondo. In questa selva di modi di dire astrusi ci si può facilmente perdere ed ecco che il “barcaiolo” non è un modo romantico di indicare un marinaio e una “clessidra” non serve a misurare lo scorrere del tempo. Siete confusi? Tranquilli, veniamo in vostro soccorso con un mini-glossario dell’arrampicata.
Innanzitutto, ci sono diversi modi per ghisarsi (dai sapete cosa significa, no? È quando gli avambracci si trasformano in due zampogne doloranti) sulla roccia, ecco i principali:
Bouldering l’arte di scalare su massi erratici, tendenzialmente senza corta ma usando dei crashpad (dei materassoni ma più colorati) come protezione. È un tipo di scalata molto fisica e dinamica dove la forza esplosiva la fa da padrone.
Arrampicata sportiva quella che si fa in falesia o indoor. Si scala su tiri di lunghezze variabili, normalmente entro i 35 metri e ci si assicura ad ancoraggi fissi alla roccia o alla parete di plastica.
Trad qui gli ancoraggi non sono fissi, ma è chi scala che man mano deve proteggersi con protezioni veloci come friend e nuts (vedi sotto). È una scalata che richiede già un buon livello tecnico e soprattutto una buona dimestichezza con l’attrezzatura.
Multipitch sono vie composte da più tiri uno sopra l’altro da salire in sequenza. È un’attività che può avere un notevole ingaggio: l’esposizione può essere vertiginosa e il percorso di salita non sempre evidente. Inoltre, richiede un’ottima preparazione in fatto di calate in doppia, allestimenti di soste e manovre varie.
Artificiale se in tutti gli altri “stili”, gli ancoraggi hanno il solo scopo di proteggere la caduta, nell’arrampicata artificiale si procede proprio utilizzando il materiale in parete come staffe, scale, friends o nuts. Può rivelarsi molto più dura e pericolosa di quanto si pensi.
Ma a proposito di protezioni, ecco qualche termine utile…
Sosta si tratta di un punto di assicurazione fisso alla fine di un tiro di corda. Nelle falesie attrezzate le soste sono sempre già predisposte in cima al tiro e sono formate da più punti di ancoraggio collegati insieme da una catena di acciaio con apposito anello di calata. Nelle vie lunghe, invece, si possono trovare soste da collegare o addirittura bisogna auto crearsele con friends e cordoni.
Spit punto di ancoraggio classico formato da un tassello inserito nella roccia, una piastrina e una sorta di anello nel quale passare la corda. Il suo scopo fondamentale è quello di frenare la caduta.
Friend è una protezione veloce da inserire all’interno di fessure o buchi. È formato da camme mobili con una geometria che si adatta alla fessura e che permette al friend di non sfilarsi in caso di caduta.
Nuts altra protezione veloce. Si tratta di un dado metallico da incastrare in buchi o fessure, meno intuitivo del friend ma se messo bene può tenere veramente la qualunque.
Tornando alla falesia, ci sono molti modi di salire un tiro e, credetemi, fanno davvero tanta differenza. Ma soprattutto ci sono tante parole da conoscere.
Scalare in libera progredire utilizzando solamente le proprie forze, gli ancoraggi hanno solo un fine assicurativo
Liberare un tiro effettuare la prima salita in assoluto di un tiro, scalandolo in libera.
Chiudere un tiro salire un tiro da terra fino in cima senza appendersi mai (resting) o senza cadere.
Salita on sight/ a vista chiudere un tiro al primo tentativo di salita, senza averlo mai provato prima.
Salita flash chiudere un tiro al primo tentativo di salita, ma dopo aver osservato un altro scalatore salirlo.
Moulinette/top rope salire un tiro in falesia da due, ovvero con la corda dall’alto.
E mi raccomando free climb è diverso da free solo! Il primo indica una salita in libera, il secondo indica una salita senza corda.
E le prese? Ce ne sono di tutti i tipi e forme ma ecco le principali:
Zanca/ronchia/maniglione/vaschia iniziamo da quelle che ci piacciono di più. Sono prese belle grosse e facili da tenere. Una benedizione se le si trova in momenti di difficoltà.
Svasa probabilmente la presa più odiata, è tondeggiante e non si capisce mai come bisogna tenerla.
Rovescio è una presa al contrario, ovvero il palmo della mano è rivolto verso l’alto.
Tacca bella presa netta e definita.
Pinza il nome rende bene l’idea: si stringe tra il pollice e le altre dita.
Diedro in pratica è come scalare dentro a un angolo, che può essere sia ottuso che acuto. La tattica migliore è quella di spaccare con mani e piedi sulle due pareti ad angolo in modo da bilanciare bene il peso.
Fessura delle spaccature nella roccia in cui infilarci pezzi di corpo, dalle dita, al braccio fino al climber tutto intero.
E la parola più usata dai climber di tutto il mondo? Tieniiii!