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Colpo di scena, il Velino riapre. I Comuni bocciano i divieti

Ha vinto la montagna, ha vinto il buonsenso. E’ questo il primo commento dopo che il Comune di Massa d’Albe, ai piedi del versante meridionale del Velino, ha revocato le ordinanze di divieto d’accesso imposte dalla Riserva Naturale, gestita dal Corpo Forestale dello Stato e poi dai Carabinieri Forestali per la Biodiversità, che tutela dal 1987 il terzo massiccio d’Abruzzo.  

In una prima ordinanza, emessa nei primi giorni di giugno, Nazzareno Lucci, sindaco di Massa d’Albe, ha revocato quella che aveva firmato nell’agosto 2021, e che disponeva il divieto d’accesso, dal 15 novembre al 30 aprile, alla Val Majelama e ai pendii del Monte Cafornia. Un provvedimento che il Comune di Massa aveva preso spinto dai responsabili della Riserva Naturale del Velino. E che aveva alle spalle la commozione, fortissima nella Marsica e nel resto dell’Abruzzo, dopo che una valanga, nel gennaio del 2021, aveva ucciso quattro escursionisti in Val Majelama. La ricerca delle vittime era durata un mese, e aveva esposto a seri rischi il personale del CNSAS e delle strutture analoghe della Guardia di Finanza, dell’Esercito, della Polizia di Stato e dei Vigili del Fuoco. L’ordinanza di divieto di accesso invernale, adottata sette mesi dopo, aveva lo scopo di garantire “l’incolumità di persone e cose”. Ma se ogni valle potenzialmente valangosa dovesse essere chiusa da novembre ad aprile, metà delle montagne italiane dovrebbe essere off-limits. Qualche giorno più tardi, il sindaco Lucci ha abolito anche un’ordinanza di trent’anni prima, che vietava l’accesso alla medesima zona “per ragioni di protezione ambientale e sicurezza pubblica” dal 15 febbraio al 15 agosto. Sommando le due ordinanze, l’accesso alla Val Majelama e alla seconda vetta del massiccio sarebbe rimasto possibile solo tra agosto e novembre. 

Non si è mossa solo Massa d’Albe. L’11 maggio, prima delle delibere di Lucci, il Consiglio comunale di Magliano de’ Marsi, l’altro Comune della Riserva, ha approvato una mozione per dire no alle regole imposte dai Carabinieri Forestali di Castel di Sangro. “Non si possono prendere decisioni senza interpellare le istituzioni locali e i sindaci. Ci sono troppe cose di cui si deve ridiscutere, a partire dall’ampliamento della Riserva fino a 4.100 ettari. Come si fa a prendere una decisione simile senza interpellare i consigli comunali?” ha spiegato il sindaco Pasqualino Di Cristofano. 

Alla riunione di Magliano de’ Marsi hanno partecipato il vicepresidente della Regione Emanuele Imprudente, il presidente del Parco Sirente-Velino (che comprende la Riserva, ma non ha voce in capitolo sulla sua gestione) Francesco D’Amore, i rappresentanti di Confagricoltura e Coldiretti, il sindaco di Massa d’Albe. Anche i consiglieri dell’opposizione di Magliano hanno sostenuto la mozione. Finora, però, il sindaco Di Cristofano non ha annullato le delibere che vietano dall’inverno all’estate l’accesso alla Val di Teve, una delle più belle dell’Appennino. Qualche anno fa le regole sono state indurite, e la valle è stata chiusa anche a ottobre, un mese che offre agli escursionisti i colori delle faggete autunnali.  

Un passo indietro s’impone. La Riserva Naturale Monte Velino, come altre istituite prima dell’approvazione della legge-quadro sui Parchi (1991), è nata per bloccare una speculazione, in questo caso il progetto di una funivia da Forme, frazione di Massa d’Albe, verso la Magnola e le piste di Ovindoli. La Riserva ha ereditato i sentieri segnati del CAI, ne ha chiusi alcuni tra cui quello (remoto e bellissimo) della Valle dei Briganti, ha reintrodotto il grifone, il corvo imperiale e il cervo. Il prossimo passo dovrebbe essere la reintroduzione del camoscio, già tornato sulla Maiella, sul Gran Sasso, sui Sibillini e sul Sirente. Ma se i grifoni, che oggi spaziano su gran parte dell’Appennino centrale, sono degli utili spazzini del territorio, la moltiplicazione dei cervi è un problema. Vinicio Blasetti, agricoltore di Massa d’Albe, ha scritto ai Carabinieri Forestali e al Comune per opporsi al nuovo Piano di gestione della Riserva. Dopo aver protestato perché l’area protetta “per 35 anni ha operato in assoluta autonomia, senza mai coinvolgere le aziende locali”, Blasetti spiega che i danni causati da cervi e cinghiali hanno costretto la sua famiglia a “chiudere un allevamento di vacche da latte che aveva un bel fatturato, nel quale avevamo investito oltre un miliardo delle vecchie lire”. Ora nella struttura si allevano pecore, capre, maiali, vitelloni e pollame, ma l’aumento del costo di foraggi e mangimi rischia di far fallire l’azienda. Alla fine, Vinicio Blasetti chiede alla Riserva di modificare la sua “gestione unidirezionale, con ispirazione pseudoambientalista”, che tratta gli escursionisti come “il male assoluto”. Una frase che si ascolta da tempo tra i soci del CAI della Marsica, ma che sorprende se scritta da un residente che frequenta il territorio per lavoro. 

Ma le cose stanno proprio così. Secondo il Piano di gestione in progetto, la Riserva dovrebbe diventare accessibile solo “a gruppi accompagnati dal personale autorizzato o da guide escursionistiche”. Una regola sensata in piccole aree protette con fauna e flora particolari, ma inedita per una grande montagna frequentata tutto l’anno, e dove i sentieri raggiungono i 1500 metri di dislivello. Sembrano un’intimidazione contro gli escursionisti i cartelli, all’inizio dei sentieri, che minacciano “arresto fino a 6 mesi e un’ammenda fino a 12.500 euro” a chi non rispetta i divieti di accesso. 

Il Velino e l’area della Riserva sono un patrimonio della comunità alpinistica marsicana e abruzzese. Pare evidente che la frequentazione di queste nostre montagne sia considerata un intralcio per certi amministratori e ambientalisti” spiega sulla sua pagina Facebook la guida alpina Pierluigi Taccone, tra i migliori conoscitori del massiccio, che ringrazia l’agricoltore Blasetti per l’intervento.   

Negli ultimi anni, le regole sempre più dure della Riserva hanno dato davvero l’impressione che si voglia chiudere il Velino all’escursionismo. D’inverno la chiusura del Canalone, la storica via normale della cima più alta dal versante del Fucino, crea, se rispettata, ingiustificati pericoli agli alpinisti. Su questi temi, fino a oggi, i Carabinieri Forestali hanno sempre rifiutato il confronto. 

Ci sono due cose importanti da aggiungere. La prima è che le ordinanze del sindaco di Massa d’Albe non sono state scritte solo per tutelare escursionisti e allevatori, ma sembrano una scelta di campo nello scontro che oppone il Parco Sirente-Velino (e quindi la Regione Abruzzo) alla Riserva. In entrambe, per spiegare l’inutilità del divieto, si cita l’inserimento dei sentieri nella Rete Escursionistica Alpinistica, Speleologica e Torrentistica dell’Abruzzo (REASTA) che considera sufficiente, contro eventuali danni all’ambiente, la “necessaria diligenza” degli escursionisti. Allora, però, andrebbero eliminati tutti i divieti, compresi quelli del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise. La seconda questione è legata all’aumento dei cervi. Da tempo, in Abruzzo, si parla di aprire la caccia a questa specie che era scomparsa in passato, ed è stata reintrodotta nei Parchi negli anni Settanta. Più volte, sui media locali, si è ventilata l’ipotesi che i cervi possano essere abbattuti anche nel Parco Sirente-Velino. E’ una soluzione che non ci piace, ma che esiste in altri Parchi italiani, compreso quello nazionale dello Stelvio. Sarebbe importante poter discutere di due temi come questi serenamente, senza divieti esagerati e senza scontri politici intorno all’ambiente. E senza le minacce di pesantissime multe a chi vuol godere della Val di Teve in autunno.  

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