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Un uomo del Monte Rosa in vetta al CAI. Intervista al nuovo presidente Antonio Montani

Il Club Alpino Italiano ha un nuovo presidente generale. Domenica scorsa, 29 maggio, l’Assemblea dei delegati riunita a Bormio, in Valtellina, ha ringraziato e salutato Vincenzo Torti, l’avvocato di Bergamo che ha guidato l’associazione per sei anni. Al suo posto, in una votazione “tirata” (sette voti di margine sull’altro candidato, il veneto Francesco Carrer) è stato eletto Antonio Montani, 50 anni, architetto e alpinista di Verbania, in Piemonte, che è stato per sei anni vicepresidente generale, e che molti escursionisti e molti soci conoscono per il suo impegno sul Sentiero Italia CAI.

 

Dal 1863, quando Quintino Sella e i suoi compagni di ascensione decisero sulla cima del Monviso di dar vita al Club Alpino, e dalla fondazione avvenuta nell’ottobre successivo, il mondo è completamente cambiato. Oggi il CAI ha 330.000 soci, è presente in modo capillare sul territorio, si occupa di un’infinità di questioni. Conoscere l’uomo che lo presiederà fino nei prossimi anni è fondamentale.  

Prima di tutto congratulazioni e buon lavoro, presidente! E poi, quanto conta la montagna nella sua vita? In che modo la pratica, o l’ha praticata quando aveva qualche anno di meno?

La montagna nella mia vita ha sempre contato moltissimo. Mio padre è guida alpina, io ho messo gli sci per la prima volta a tre anni. Mi piace camminare, ma continuo a praticare lo scialpinismo e l’alpinismo sui “quattromila” delle Alpi. Ho casa all’Alpe Devero, un luogo a cui sono molto legato. 

Posso definirla un uomo del Monte Rosa?

Certamente, tutti noi che siamo nati dalle parti del Verbano lo siamo. Conosco bene il versante italiano del massiccio, ma anche i “quattromila” svizzeri, dai Mischabel alla Weissmies. Sono affascinato dal Cervino, come tanti. Ma amo anche la Val Grande, una “montagna a rovescio”, che mi ha aiutato a capire il fascino delle valli e delle vette del Sud.   

Come fa un uomo del Monte Rosa a lavorare per tutte le montagne italiane, e per chi le frequenta?

I miei impegni legati al CAI mi spingono da anni a conoscere meglio le montagne. Sei anni fa, quando sono diventato vicepresidente generale, mi sono reso conto che per capire il Club Alpino dovevo salire sul Monviso, e l’ho fatto. Mi sono reso conto dell’importanza delle Grigne per gli alpinisti lombardi, e qualche settimana fa ho salito la cresta Segantini della Grignetta. 

E l’Appennino? E il Sud? L’Italia è lunga, lunghissima…

Lo so bene. Le ho detto della Val Grande, che è stata la mia scuola di wilderness e di avventura a bassa quota. Negli anni, l’impegno per il Sentiero Italia CAI mi ha fatto conoscere l’Appennino e i suoi frequentatori. Una prova? A Bormio i delegati del Centro e del Sud hanno votato in grande maggioranza per me. 

Il Sentiero Italia è stato uno degli elementi centrali della presidenza di Vincenzo Torti, e della sua vicepresidenza. A che punto è il lavoro sul terreno?

Abbiamo lavorato bene, ma c’è ancora molto da fare. Oggi il Sentiero è quasi completamente segnato (i soli veri problemi sono in Sardegna), ed è descritto nelle guide pubblicate da Idea Montagna. Il problema, soprattutto sull’Appennino, riguarda i posti-tappa. 

Quanti ce ne sono? Quanti vanno (o andrebbero) messi in piedi?

Oggi, su 518 tappe, funzionano circa 300 posti tappa. Altrove, nei luoghi più importanti, mi piacerebbe che le Sezioni del CAI del Centro-Sud si impegnassero come le loro sorelle del Nord hanno fatto in passato per far nascere i rifugi delle Alpi. Penso a interventi senza consumo di suolo, e quindi al restauro di edifici già esistenti. 

E nelle zone meno importanti? Nei luoghi più remoti?

Pensiamo a dei bivacchi, abbiamo avviato un progetto insieme al Politecnico di Milano. Certo, non possiamo fare tutto noi, però il CAI deve dare un esempio al territorio, indicare delle buone pratiche ai privati. 

Insieme a una parte dei punti di appoggio, manca una vera promozione del Sentiero Italia CAI. Avete un progetto, un business plan? Avete idea di quanti escursionisti potrebbero arrivare tra 5, 10 o 20 anni?

Stiamo iniziando a pensarci, ma dobbiamo fare ancora molto. Credo che il Sentiero Italia vada promosso prima di tutto all’estero, nei Paesi di lingua tedesca, dove esiste un pubblico interessato a camminare per qualche settimana. Gli italiani pensano a un weekend lungo, al massimo a una settimana. 

In montagna, e quindi nel Club AIpino, i sentieri hanno una grande importanza. Ma poi c’è tutto il resto. A quali temi pensa di dare spazio durante la sua presidenza?

Prima di tutto all’alpinismo, che sembra la nostra ragione sociale ma nella vita delle Sezioni di fatto esiste pochissimo. Qualche decennio fa ci si vedeva la sera al CAI, e nel weekend si andava su una grande montagna, o ad arrampicare. Oggi ci si organizza in modo diverso, ma la voglia di andare oltre il sentiero c’è ancora. 

Ne è sicuro? I giovani vogliono adrenalina?

No, i giovani vogliono avventura! Se proponiamo loro una camminata tranquilla e un pranzo in un rifugio ci mandano al diavolo e fanno bene. C’è una grande domanda di avventura, di uscite non banali, che richiedono impegno. E le sezioni del CAI rispondono solo in piccola parte. 

Le scuole di alpinismo lo fanno, e sono parte del CAI anche loro. E poi ci sono le guide alpine…

Le scuole sono importantissime, ma lavorano raramente insieme alle sezioni. Invece si potrebbero fare delle uscite sui ghiacciai, o verso i “quattromila” delle Alpi, con gli istruttori a fare da capocordata. Anche il rapporto con le guide alpine deve crescere.

Che rapporto può e deve avere il Club Alpino con l’alpinismo di punta? 

Oggi molti giovani alpinisti di alto livello si allontanano dal CAI. Qualcuno diventa guida alpina, altri diventano dei professionisti grazie agli sponsor. Potremmo creare un’Academy dell’alpinismo, aiutare i giovani a crescere e a diventare professionisti della montagna. I Ragni di Lecco ci danno un magnifico esempio.

Il CAI ha 320.000 soci, esiste ovunque, fa un’infinità di cose utili, ma lo Stato lo ignora o quasi. Nello scorso inverno la richiesta al sottosegretario Vezzali per avere chiarimenti sull’obbligo di usare l’ARTVA non ha avuto risposta. Prima c’è stato il dubbio su cosa fossero “attività motoria” e “attività sportiva”.

E’ vero, purtroppo. Ed è in buona parte colpa nostra, perché non ci siamo dati da fare abbastanza per farci conoscere. Siamo un ente pubblico, siamo un’istituzione, dobbiamo essere più presenti. 

Qualche anno fa, un’idea di Franco Bassanini aveva fatto nascere i “Parlamentari amici della montagna”…

Io non so nemmeno quanti deputati e senatori sono soci del CAI. E’ una cosa da fare subito.

Con le Regioni, o almeno con una parte di loro, i rapporti sono più stretti che con lo Stato e con Roma.

E’ vero, ma io penso anche a Bruxelles, all’Europa. I Club alpini, a iniziare dal DAV tedesco, che ha oltre un milione di soci, dovrebbero farsi ascoltare tutti insieme. Il CAI è più piccolo, ma su alcuni temi è all’avanguardia. Penso al prezioso lavoro del Centro Studi su materiali e tecniche. 

Oggi altre associazioni e altre realtà riescono a confrontarsi con lo Stato meglio del CAI. Penso al mondo delle Francigene e dei cammini…

E’ vero. Il Club Alpino deve aprirsi al confronto. Il protocollo d’intesa che abbiamo firmato qualche anno fa con la FIE può essere un ottimo esempio. La montagna e i sentieri non hanno bisogno di guerre tra poveri.

Un’ultima domanda, presidente. Due libri di montagna che sono stati importanti per lei?

Il primo che ho letto è Le mie montagne di Walter Bonatti, fondamentale per me e per tanti altri. Il secondo è Valgrande ultimo paradiso di Teresio Valsesia. Un libro sorprendente, un po’ ricerca sociologica e un po’ guida, che mi ha invitato a scoprire e a capire un mondo affascinante. 

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5 Commenti

  1. Spero vivamente e concretamente che il presidente generale sig. Montano si dia veramente da fare. Bella la foto di apertura dell’articolo che lo immortala alla capanna Margherita che è la mia meta prediletta. Però vorrei anche.. dire al neoeletto di non lasciare spazio alle sezioni cai per quello che riguarda le gite importanti a pregiudizi nei confronti dell’associato , in altre parole se una sezione organizza un’uscita alla capanna Margherita o sul Bianco(quest’ultima molto rara) non voglio sentire nei miei confronti nè scuse nè discriminazioni o problematiche farlocche.

  2. Ho letto in un top trend più sotto che due vicepresidenti si sono dimessi lo stesso giorno della elezione di Montani e della vice Colombo.
    Cosa significa ? Cosa è successo ?
    Il cai quindi sarà commissariato ?
    O tentano di/possono recuperare due non eletti e successivi come numero di voti ?
    Spero sia solo la “santa politica” e non vi siano problemi gravi sulle persone.
    Grazie per i chiarimenti.

  3. https://www.montagna.tv/202361/un-uomo-del-monte-rosa-in-vetta-al-cai-intervista-al-nuovo-presidente-antonio-montani/?fbclid=IwAR3KmO9blTAehDEs4rfNRb44dOQTSi3GrEeKnkVxRID-6vy3Yczo8HfeLa0
    Un uomo del Monte Rosa in vetta al CAI. Intervista al nuovo presidente Antonio Montani – Stefano Ardito1 Giugno 2022
    DOMANDA DI STEFANO ARDITO A INTERVISTATO ANTONIO MONTANI
    Il CAI ha 320.000 soci, esiste ovunque, fa un’infinità di cose utili, ma lo Stato lo ignora o quasi. Nello scorso inverno la richiesta al sottosegretario Vezzali per avere chiarimenti sull’obbligo di usare l’ARTVA non ha avuto risposta. Prima c’è stato il dubbio su cosa fossero “attività motoria” e “attività sportiva”.
    E’ vero, purtroppo. Ed è in buona parte colpa nostra, perché non ci siamo dati da fare abbastanza per farci conoscere. Siamo un ente pubblico, siamo un’istituzione, dobbiamo essere più presenti.
    Provo a esprimere una mia idea che ho spedito, durante il covid, al CAI CENTRALE.
    ATTIVITA’ MOTORIA E SPORTIVA. UN DILEMMA? Sono attività diverse ma complementari. Tutte e due richiedono un movimento, ma l’attività sportiva è una attività fisica e ricorrente di allenamento o gara, che viene svolta regolarmente e che risponde a delle regole generali concordate. Le attività sportive devono essere riconosciute dal CONI, sono 396. E’ il CONI che decide cosa è sport e cosa non lo è. Oltre alle regole obbligatorie da rispettare, per svolgere attività sportiva bisogna registrarsi ad una associazione riconosciuta, poi, c’è un pettorale, una partenza, un traguardo, obbligatorio un certificato medico di SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE, REQUISITO INDISPENSABILE, rilasciato da un CENTRO MEDICO RICONOSCIUTO, CON VARIE ANALISI. Il COVID ha portato una interpretazione abusiva di questi obblighi per poter non rispettare le regole specialmente di look down ed uscire.
    https://www.sportboom.it/quali-sono-le-discipline-sportive-riconosciute-dal-coni/https://www.coni.it/images/registro/cose_registro/2017_02_14_-_DISCIPLINE_SPORTIVE_AMMISSIBILI_NEL_REGISTRO.pdf
    L’ALPINISMO, IL NORDIC WALKING, TUTTE LE DISCIPLINE DI SCI, SONO AMMISSIBILI PER ESSERE ISCRITTE, MA DA UNA ASSOCIAZIONE ANCHE DILETTANTISTICA, CHE NON E’ IL CAI, A MENO CHE NON HA CAMBIATO LA RAGIONE SOCIALE. PERO’ NON C’E’ L’ESCURSIONISMO, PRIMO INTERESSE DEL CAI, CHE ABBRACCIA UNA LARGA FASCIA DI ETA’. Immaginare I SOCI CAI, ANCHE MOLTO… ANTA (CON UN PETTORALE, COME PER FARE UNA GARA, CON IL CERTIFICATO MEDICO OBBLIGATORIO) , E’ RISIBILE. La Pandemia, ha costretto i tesserati ad inventarsi una interpretazione di comodo, per andare in montagna. Purtroppo c’è stata assenza del buon senso, fregandosene degli ospedali pieni, dei medici, infermieri e soprattutto delle vittime. Spesso il soccorso alpino è stato maggiormente gravato, per recuperare questi imprudenti escursionisti.

    1. Art. 1 – Costituzione e finalità
      1. Il Club alpino italiano (C.A.I.), fondato in Torino nell’anno 1863 per iniziativa di Quintino Sella, libera associazione nazionale, ha per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale.

      Questo è il primo articolo dello statuto del cai.

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