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Vento e neve dalla Majella alla Ciociaria: il raid selvaggio di Margherita Scoppola

Nell’immaginario di una volta, le signore che compivano sessant’anni festeggiavano davanti a una fetta di torta e a una tazza di tè con le amiche. La cifra tonda, per la maggioranza di loro, restava un segreto ben difeso. Margherita Scoppola, romana, professoressa di Economia all’Università di Macerata e istruttrice della Scuola di Alpinismo “Paolo Consiglio” del CAI ha fatto una scelta diversa. 

Mercoledì 2 marzo, tre giorni dopo la prima vera nevicata di un inverno asciutto come pochi, è partita sci ai piedi da San Nicolao, frazione di Caramanico Terme, diretta verso il Monte Amaro della Majella, oltre duemila metri di dislivello più in alto. Lunedì 7, dopo sei giorni di fatica e bufere, si è tolta per l’ultima volta gli sci a Prato di Mezzo, sul versante ciociaro del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise. In mezzo, un piccolo viaggio di 165 chilometri, con 6810 metri di dislivello in salita. 

Doveva essere un’avventura per due, con la mia amica e coetanea Stefania Apuleo. Invece lei non è potuta venire, e mi è dispiaciuto molto” spiega Margherita Scoppola. Al suo posto, nelle prime quattro tappe, hanno faticato Silvia Martellotti e Andrea Ragonesi. Nella quinta ha preso il loro posto Andrea Cocito. L’ultimo giorno, da Barrea al Monte Tartaro, e poi giù verso Prato di Mezzo, Margherita ha battuto pista da sola. “Ho preparato questo raid per tutto l’inverno, insieme a Stefania e poi da sola, ma non c’è mai stata neve sufficiente. Quando è arrivata una nevicata abbondante ho deciso di partire subito, temevo che due giorni di sole riportassero l’Appennino alla situazione di prima” prosegue la protagonista. Aveva nevicato, e ha continuato a farlo, con vento molto forte. Per questo abbiamo trovato delle condizioni pazzesche, con ghiaccio ed erba scoperta sulle creste, e accumuli enormi negli avvallamenti. Grazie a tutta questa neve, però, non mi sono praticamente mai tolta gli sci. Non credo sia possibile spesso, su una traversata come questa”. 

La prima tappa, dagli 808 metri di San Nicolao ai 2793 del Monte Amaro attraverso il Monte Rapina e il Monte Pescofalcone, è stata la più dura fisicamente. “La mia vera preoccupazione era che il ghiaccio impedisse l’accesso al bivacco Pelino, sul punto più alto della Majella. Sono arrivata in vetta per prima, e quando ho visto che la porta si apriva ho lanciato un urlo di gioia. Certo, è stata una notte dura, con 10 gradi sottozero sul termometro. All’esterno, con il vento, sarebbe stata terribile” continua la professoressa Scoppola. 

Il secondo giorno, 3 marzo, Margherita, Silvia e il primo dei due Andrea hanno traversato la valle di Femmina Morta, hanno aggirato la Tavola Rotonda, e sono scesi al Guado di Coccia. Poi, lungo le piste da sci, hanno raggiunto Campo di Giove. L’indomani, la salita nei boschi del Pizzalto, sommersi di neve che s’incollava alle pelli di foca, ha reso faticosa la terza tappa, che si è conclusa in un agriturismo accanto al Bosco di Sant’Antonio, a pochi chilometri da Pescocostanzo. Nella notte tra venerdì e sabato ha continuato a nevicare. Il quarto giorno, la salita verso il Monte Rotella è stata faticosa in basso, e ha costretto nell’ultima parte gli scialpinisti a superare dei lastroni di ghiaccio. In discesa non ci sono stati problemi. “All’arrivo sul Piano delle Cinque Miglia, dove Silvia Martellotti e Andrea Ragonesi hanno concluso il loro viaggio, ho ritrovato intatta una scatola di viveri che avevo sepolto nella neve qualche giorno prima. Non era a prova di orso, ma ci è andata bene” sorride Margherita.  

Il quinto giorno, insieme ad Andrea Cocito, la protagonista del raid ha risalito l’interminabile vallone che dalle Cinque Miglia conduce al rifugio dell’Imposto, al Lago Pantaniello e ai piedi del Monte Greco. Nella discesa verso Barrea, in Val Pistacchia e poi nel Vallone Rosso, di nuovo condizioni assurde “fabbricate” dal vento. “Per due volte, per scendere da accumuli di neve ghiacciata, ho dovuto togliere gli sci e calzare per qualche metro i ramponi” continua la professoressa e scialpinista romana.

L’ultimo giorno, dal borgo e dal lago di Barrea, Margherita si è messa in cammino da sola. Dopo qualche metro senza sci fino alla Sorgente Sambuco, è salita verso il Lago Vivo, e ha proseguito nella solitaria Valle Lunga fino alla cresta di confine tra l’Abruzzo e il Lazio, e ai 2191 metri del Monte Tartaro. Intorno alla Valle Lunga c’erano delle grandi cornici, e qualcuna era caduta staccando delle piccole slavine. Il vero problema, però, è stato nella discesa finale, dove ho faticato per trovare il vallone giusto. Ci sono riuscita solo grazie al GPS” spiega la protagonista. Al ritorno, oltre alla soddisfazione per l’impresa compiuta, il piacere di aver esplorato degli angoli di Appennino dove d’inverno non si avventura nessuno. 

Nella salita verso il Monte Rapina, nonostante il giorno feriale, c’era quasi folla. Poi non ho incontrato più nessuno” racconta ancora la protagonista. “Ho visto qualche traccia di ciaspole tra Barrea e il Lago Vivo, e sull’itinerario tra Prato di Mezzo e la Meta c’erano tracce lasciate nel weekend. Altrove il nulla. L’Appennino, che conosco e frequento, in questi giorni mi ha mostrato il suo volto più selvaggio”.     

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Un commento

  1. Con quel che costa il carburante alle tasche ed all’ambiente, meglio scoprire i posti innevati piu’ vicini ed almeno per questo aspetto in Italia siamo fortunati.

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