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L’Appennino secondo Reinhold Messner: il futuro è nello scialpinismo

Reinhold Messner, di solito, si esprime a proposito delle Alpi, o dell’Himalaya e delle altre grandi vette della Terra. Qualche giorno fa, invece, l’alpinista di Funes ha parlato dell’Appennino. Non delle sue vette più alte e imponenti, come le Apuane, i Sibillini e il Gran Sasso, ma delle catene più boscose e “umili” delle Marche, dal Monte Nerone fino al Catria. Il futuro delle vostre vette è nello scialpinismo e non negli impianti di risalita. Seguite le tracce di pastori e carbonai! ha dichiarato Messner a Giorgio Guidelli, giornalista e appassionato scialpinista di Pesaro, in un’intervista apparsa sulle pagine del Resto del Carlino. 

L’Appennino è una ricchezza e come tale va visto. In quest’ultimo periodo è ricchissimo di escursionisti, soprattutto invernali, che sono più assidui che in estate. E’ bello vedere questo ritorno alla montagna, anche in Appennino. Dove il futuro non può essere lo sci di pista, perché parliamo di quote basse e condizioni per lo più inadatte” ha detto Reinhold Messner al Resto del Carlino.

Messner, come scrive Giorgio Guidelli, non è contrario a priori allo sci di pista. “Io non sono contro gli impianti. Anzi, laddove portano movimento e vita alla montagna, e anche risorse, vanno bene. Purché siano in zone votate a quel tipo di sport, quindi con condizioni favorevoli. Quelle condizioni che, invece, non si ritrovano in Appennino. Non può essere la comunità a pagare gli impianti di risalita in zone poco adatte a questo genere di investimenti. Le skiarea spesso nascono con sussidi pubblici, e questi sussidi non vanno bene quando vengono investiti dove non ci sono temperature e quota che si prestano allo sci alpino“.

Giorgio Guidelli conosce da anni l’alpinista più famoso del mondo. “Ho una casa tra Malles Venosta e il confine svizzero, più volte sono passato a trovare e a intervistare Reinhold Messner a Castel Juval” spiega il giornalista. “Insieme a lui ho riflettuto sulle aree meno turistiche e meno battute delle Alpi, e su come possono essere frequentate e apprezzate. Una di queste è il Sesvenna, dove s’incontrano Italia, Svizzera e Austria”. 

Quarant’anni fa, all’inizio degli anni Ottanta, Reinhold Messner ha scoperto l’Appennino in Toscana, dov’è stato invitato da Bruno Giovannetti per l’inaugurazione del Garfagnana Trekking. “Un’altra esperienza importante, per Messner, è stata percorrere parecchi anni fa i sentieri di San Francesco” spiega ancora Guidelli. “In quegli anni in Alto Adige/Sudtirolo gli agriturismi non c’erano ancora. Reinhold li ha visti, si è stupito, e oggi questo tipo di ospitalità è importante sulle Dolomiti e soprattutto in Val Venosta”.    

Normalmente, e fin dalla nascita dell’escursionismo e dell’alpinismo nell’Ottocento, per fare un complimento alle zone più spettacolari e rocciose dell’Appennino, come le pareti del Corno Grande e del Corno Piccolo, si utilizza l’aggettivo “alpino”. La riflessione di Guidelli e di Messner rovescia questo modo di guardare, e invita ad andare in cerca delle zone più “appenniniche” delle Alpi, dove uno sviluppo a base di caroselli di piste e di impianti non ha senso. Come racconta Messner nell’intervista al Resto del Carlino, “lo sci con le pelli trova terreno adatto in Appennino, perché ci sono canali, pendii e boschi ottimi per questa attività. Certo, lo scialpinismo resta di nicchia, perché comporta conoscenza e attrezzatura, ma rappresenta più di ogni altro sport la montagna. Perché ricalca i vecchi itinerari dei cacciatori e dei pastori, e anche degli alpinisti. Penso a un percorso nei boschi di faggi e quindi al ritorno al passo dei padri, al vellutato incedere nei boschi e nelle valli che solcano la dorsale“. 

Secondo Guidelli, che conosce bene entrambe le zone, “Messner rivede nelle fortezze calcaree della dorsale appenninica, quella pesarese e urbinate compresa, la geografia delle Alpi dove ha scelto di dimorare, quelle dell’alta Venosta, tra le giogaie di Juval, al cospetto della val Senales. Rocce dove si respira aria di transumanze d’alta quota e pelli di pastori”.

Insieme al respiro del passato, e alla storia, è il cambiamento climatico a spingere contro la creazione di altri comprensori sciistici sull’Appennino e nelle zone meno elevate delle Alpi. “Anche l’Appennino risente del riscaldamento globale. Le stagioni sono più calde ed è assurdo, da parte dell’uomo, pensare di volere correggere questo percorso irreversibile verso l’innalzamento delle temperature e quindi del minor innevamento” prosegue Messner nell’intervista.

Secondo Giorgio Guidelli, l’uomo degli “ottomila” e di Juval “guarda ai picchi nostrani come una potenziale ricchezza energetica e turistica, ma anche come risorsa inesauribile da maneggiare (e non manipolare) con cura. Lo scialpinismo, in questo senso, potrebbe essere una delle ricette. Uno sci fuori pista assolutamente in pista”.

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2 Commenti

  1. Bravo Messner. Creare dei veri e propri “comprensori” per lo sci alpinismo in appennino sulla falsa riga di quello avvenuto nelle valli del Gran San Bernardo ad Aosta porterebbe un sicuro sviluppo a tutto un indotto che ne trarrebbe grandi vantaggi economici e sopratutto a basso impatto ambientale. Speriamo che qualche politico “illuminato” si spenda per la causa, cosa che francamente mi lascia alquanto dubbioso……

  2. Basta non divulgare troppo e non postare filmatini sul web, altrimenti arriva l’orda .Poi..il carburante costa sempre piu’ e meglio quindi trovare il terreno adatto a minor distanza e auto in car sharing..almeno uno o due compagni e attrezzature sul portapacchi ben legate. Ci sarebbe pure una Cenerentola da valorizzare: lo sci di fondo escursionistico.. calzature e sci e pelli adatte si trovano.(.oppure ci si comprano le pelli a metraggio e si tagliano per il lungo e si crea un aggancio fai date… ci sono pure attacchi universali che consentono l’uso degli scarponi personali da trekking ,di varie misure..ma figurarsi se i noleggiatori fiutano l’occasione.)

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