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Vipere, TAR e mega-collegamenti, la battaglia intorno ai nuovi impianti di Ovindoli

Una settimana fa, il 3 gennaio, un’ordinanza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Aquila ha riaperto uno storico scontro tra le associazioni ambientaliste e buona parte del mondo politico e amministrativo dell’Abruzzo. La sentenza del TAR, che ha avuto ampio spazio su giornali, televisioni e siti d’informazione regionali, riguarda i tre nuovi impianti di risalita previsti in Valle delle Lenzuola, al servizio di sette nuove piste, al margine del comprensorio già esistente di Ovindoli-Magnola. Un intervento che dovrebbe trasformare dieci ettari di territorio protetto dal Parco regionale Sirente-Velino, e da una ZPS (Zona di Protezione Speciale) riconosciuta dall’Unione Europea.

E’ una questione certamente importante, come tutte quelle che riguardano la trasformazione di un lembo di territorio protetto, in montagna o altrove. Una questione, però, alla quale i commenti di alcuni politici abruzzesi danno una rilevanza più ampia. In un comunicato diffuso il 5 gennaio dal sito www.regioneabruzzo.it, l’assessore regionale alle Aree interne Guido Liris ha commentato che “la sentenza dei giudici amministrativi è ideologica, e condanna il territorio a restare nelle retrovie dello sviluppo turistico”. E’ difficile dar torto all’assessore quando afferma che “sulle Dolomiti, patrimonio dell’UNESCO, è presente uno dei comprensori sciistici più importanti d’Europa”. Secondo Liris, si tratta di “una storia lunga oltre un secolo, in cui si è brillantemente saputo coniugare tutela e conservazione da un lato e sviluppo dall’altro”. Qualche riga più avanti, però, l’assessore fa un’affermazione che cambia le carte in tavola, e che riapre un caso che sembrava chiuso da anni. Invece che della Valle delle Lenzuola, e ai suoi impianti bloccati dal TAR, Liris parla dei “nuovi impianti sciistici che avrebbero collegato il comprensorio di Ovindoli con quello di Campo Felice”.

Si tratta di una vecchia idea, che si era trasformata in una proposta concreta dieci anni fa, nel 2012, per iniziativa della precedente Giunta regionale presieduta da Luciano D’Alfonso del PD (l’attuale è di centro-destra). Per collegare Campo Felice con la Magnola di Ovindoli, era stato proposto di utilizzare fondi legati alla ricostruzione dopo il terremoto del 2009. Questo intervento, a differenza dalle tre nuove seggiovie in Valle delle Lenzuola, avrebbe un costo estremamente elevato, e devasterebbe il Piano di Pezza, frequentato da scialpinisti, ciaspolatori e fondisti. Secondo un documento svelati dagli ambientalisti, un fondo d’investimento russo aveva progettato un resort nel cuore del Piano di Pezza.  Ma anche senza quest’ultimo intervento avrebbe poco senso dal punto di vista sciistico. I pendii che scendono verso il Piano di Pezza dall’arrivo degli impianti di Campo Felice sono ripidi, esposti a sud e spesso asciutti anche in pieno inverno. Tra le piste della Magnola (Valle delle Lenzuola compresa) e i Piani di Pezza si estendono dei valloni rocciosi e boscosi dov’è difficile immaginare dei tracciati sciabili.

Torniamo alla Valle delle Lenzuola e al suo progetto. Il 3 gennaio, il TAR dell’Abruzzo ha accolto il ricorso presentato da CAI, LIPU, Stazione Ornitologica Abruzzese, Salviamo l’Orso e Mountain Wilderness, difese dall’avvocato Herbert Simone. Al centro del ricorso era la posizione degli impianti in progetto all’interno del Parco regionale Sirente-Velino, e in una ZPS d’interesse europeo. Secondo il TAR, che ha censurato la Valutazione d’incidenza ambientale realizzata dai tecnici della Regione Abruzzo e del Comune di Ovindoli, l’intervento comporterebbe “modificazioni rilevanti e irreversibili dello stato geomorfologico del paesaggio”. Come sempre, nelle decisioni del TAR hanno pesato le scorrettezze formali dell’iter. Tra queste il mancato coinvolgimento dei Carabinieri Forestali della Riserva Monte Velino, l’omissione di una nuova valutazione paesaggistica da parte della Soprintendenza dopo che il progetto era stato modificato, e la valutazione di incidenza ambientale fatta dal geometra del Comune di Ovindoli, privo del titolo e delle competenze necessarie.

Era un elemento di sostanza, invece, il potenziale disturbo che i nuovi impianti causerebbero alla vipera dell’Orsini, una specie endemica dell’Appennino centrale. Il 4 gennaio, il quotidiano Il Centro ha titolato a piena pagina “Il TAR: vanno tutelate le vipere”. Un titolo che ha causato una valanga di proteste sui social da parte di residenti e sciatori. Poco dopo Angelo Ciminelli, sindaco di Ovindoli, maestro di sci e presidente del Comitato Abruzzo della FISI ha scritto “inaccettabile!!!! Siamo a lavoro con i nostri legali. Faremo di tutto per garantire lo sviluppo territoriale compatibile con la natura e le nostre splendide montagne”.

Per le associazioni che hanno presentato il ricorso, l’ordinanza è “un’importante vittoria a favore di habitat e specie rarissime protette”. Dante Caserta, abruzzese e vicepresidente nazionale del WWF, ha aggiunto “la tutela di questi territori, così importanti dal punto di vista della biodiversità, dovrebbe essere una priorità per la Regione e per il Parco. Dover ogni volta ricorrere alla giustizia amministrativa per una cosa tanto ovvia è incomprensibile”.

Intorno alla Valle delle Lenzuola, nelle vacanze di Natale e Capodanno, l’Abruzzo ha mostrato due volti diversi. Al pienone di sciatori a Roccaraso e Rivisondoli, ma anche a Campo Felice, a Ovindoli e a Campo Imperatore, dove l’alta quota ha salvato la neve dal caldo sahariano, si è affiancata la desolazione dei Prati di Tivo, dove gli impianti sono bloccati da un contenzioso locale. Impianti e piste sono rimasti fermi, come accade da anni, anche a Scanno, a Prato Selva, a Gamberale, a Monte Piselli e in altre stazioni abruzzesi. Al Terminillo, nel Lazio, si è riusciti a far funzionare per pochi giorni un campo-scuola, dove la neve era stata portata dai camion. Negli stessi giorni, invece, hanno lavorato bene Pescasseroli, Caramanico, Santo Stefano di Sessanio, e altre località legate alle escursioni con le ciaspole, allo scialpinismo, a un turismo invernale dove gli impianti di risalita non esistono, o dove sono solo una parte dell’offerta.

Nelle prossime settimane, ne siamo certi, altri ricorsi e altre sentenze riapriranno la questione della Valle delle Lenzuola. Il vero problema, però, è capire se ha ancora senso investire somme ingenti per un mondo, quello legato allo sci di pista, che sull’Appennino muove inevitabilmente meno soldi che nelle Dolomiti citate da Liris, e ignorare tutto il resto, come dimostra la vicenda delle strade per Fonte Vetica e il Lago Racollo, la cui apertura solo saltuaria allontana centinaia di appassionati di montagna dal Gran Sasso.

L’attenzione solo per lo sci di pista appare anche da progetti come il TSM2 del Terminillo, appoggiato dalla Regione Lazio, e di nuove strade e di una cabinovia, volute dalla Provincia di Teramo, verso i Prati di Tivo e i suoi impianti bloccati.

Sull’Appennino c’è bisogno di idee e di interventi nuovi. Fino a oggi, però, non ne sono arrivate né dalla politica (nazionale e locale), né dai Parchi. Restiamo in attesa, perché il futuro della montagna non può essere deciso solamente dai TAR.

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