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Valle d’Angri, la falesia che rischia di morire

Ai piedi delle vette del Gran Sasso c’è una parete che rischia di venire cancellata. Non parliamo delle muraglie rocciose del Paretone o del Camicia, e nemmeno della friabile parete Nord del Camicia. La minaccia riguarda le rocce della Sportella, sul versante orientale del massiccio. Una piccola parete di calcare compatto (ci torneremo più avanti), costeggiata dalla strada che sale da Farindola all’imbocco della Valle d’Angri, uno spettacolare canyon che sale verso Campo Imperatore.    

La zona, scomoda da raggiungere per chi arriva dall’Aquila, da Teramo e da Roma, è a portata di mano per chi vive a Penne, a Loreto Aprutino e a Pescara, o percorre la A14 Adriatica. Qui, nel 1992, i primi camosci riportati sul Gran Sasso sono stati accolti in un’area faunistica, ben visibile dalla parete e dalla strada, sotto alla quale scroscia la cascata del Vitello d’Oro. Qui, intorno ai mille metri di quota, numerose falesie calcaree accolgono da decenni arrampicatori e alpinisti. Dagli anni Ottanta la Riserva Naturale e Oasi WWF di Penne, gestita dalla cooperativa COGECSTRE, è stata un centro di ricerca scientifica e una meta importante di turismo ambientale. La sua esperienza ha contribuito alla nascita del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.    

Ho iniziato a frequentare le rocce della Valle d’Angri da ragazzo, oggi ci porto ad arrampicare i miei nipoti” spiega la guida alpina Gino Perini. “E’ una zona magnifica, accessibile per gran parte dell’anno, dove negli anni Settanta e Ottanta si è formata una generazione di arrampicatori e alpinisti. Anche oggi, grazie alla quota, alla comodità di accesso e alla presenza di vie di difficoltà contenuta, le sezioni del CAI e le guide utilizzano la Sportella per le loro uscite e i loro corsi”. Andrea Di Donato e Tommaso Sciannella, nella guida Abruzzo verticale, descrivono le falesie della Valle d’Angri (Sportella Bassa, Sportella Alta, Scoglio dei Camosci, la Nave) e quelle dei dintorni, dal Verdin di Montebello di Bertona fino ai Merletti di Villa Celiera, affacciati sul versante orientale del Gran Sasso.

Il problema, per la parete della Sportella, sta nel Comune in cui la Valle d’Angri ricade. Farindola, che fino a cinque anni fa era nota solo per i suoi boschi e per il suo pecorino, è diventata tristemente famosa il 18 gennaio 2017. Quel giorno una valanga ha travolto l’Hotel Rigopiano e ha ucciso 29 tra ospiti e lavoratori della struttura. Nell’inchiesta successiva al disastro, il Tribunale di Pescara ha indagato sul comportamento Comune di Farindola, che aveva autorizzato la costruzione dell’Hotel ai piedi dei canaloni del Monte Siella. Tra gli indagati è l’attuale sindaco Ilario Lacchetta. Come abbiamo raccontato più volte, la tragedia di Rigopiano, insieme alla valanga del gennaio 2021 in Val Majelama, ha spinto molti amministratori abruzzesi a vietare le attività in neve fresca, a chiudere intere vallate, a tentare di mettere in sicurezza il territorio anche dove questo non era necessario. Per questo, a ottobre, sono iniziati i lavori, finanziati con i fondi del Sisma 2016 e realizzati da un’impresa abruzzese per conto dell’ANAS, per rivestire la falesia della Sportella con reti metalliche. L’importo supera di poco i 500.000 euro. 

La mobilitazione per salvare la falesia, partita dai climber locali, ha coinvolto CAI, Italia Nostra, Legambiente, LIPU, WWF, Pro Natura, Mountain Wilderness e il Collegio regionale delle Guide alpine. Nel TG3 Abruzzo è andato in onda un servizio critico sull’intervento. I lavori sono stati fermati quando una parte della falesia era già stata imbragata e rovinata. 

La parete della Sportella non è la Nord del Camicia, la roccia qui è compatta. Guide alpine, geologi e naturalisti affermano che ci sono numerose altre soluzioni prima di applicare le arcaiche reti metalliche che finiscono per mortificare definitivamente la bellezza di un luogo. Purtroppo il misfatto è stato in parte già compiuto” spiega Fernando Di Fabrizio, responsabile di COGECSTRE e della Riserva di Penne. Le rocce della Valle d’Angri, note come conglomerati di Rigopiano, hanno grande valore scientifico, e sono un’importante chiave di lettura dell’evoluzione tettonica della catena del Gran Sasso. Si tratta di un geosito da proteggere” aggiunge il geologo Leo Adamoli. “Le reti metalliche, le iniezioni di consolidamento e il rivestimento delle pareti con calcestruzzo vanno evitate o ridotte al minimo, a causa del loro impatto estetico e paesaggistico”.

L’intervento del Comune di Farindola e dell’ANAS sorprende anche perché, nel 2009 e poi nel 2019, le guide alpine e il CAI avevano certificato la solidità della parete della Sportella, anche dopo i terremoti che hanno colpito negli ultimi anni l’Appennino. “Il ristorante all’imbocco della Valle d’Angri ha chiuso, se si blocca anche l’arrampicata la zona diventerà un deserto. Ne vale la pena?” si chiede la guida Gino Perini.  

Il 21 ottobre, dopo le prime proteste, il sindaco Ilario Lacchetta ha affermato in un comunicato stampa che sulla strada si sono verificate in passato “copiose cadute di massi” (circostanza negata dagli arrampicatori), e che “i lavori che interessano le sezioni 19-26, dove sono presenti le falesie, sono stati sospesi”. Il testo si conclude con l’auspicio di poter definire in futuro “gli obiettivi turistici, ambientali e di sicurezza con onestà intellettuale e buon senso, lasciando perdere futili considerazioni finalizzate solo a seminare astio, rancore e intolleranza verso le istituzioni”. Cosa accadrà nei prossimi giorni? Il CAI, le guide alpine e le associazioni ambientaliste hanno chiesto al Parco del Gran Sasso e Monti della Laga di bloccare subito i lavori, e di dirottare gli interventi su iniziative più utili. L’ultimo tratto della strada è stretto, le vie partono dall’asfalto, la contemporanea presenza di arrampicatori e veicoli crea pericolo. Bisogna ampliare i posteggi, chiudere la strada alle auto e trasformarla in una passeggiata pedonale” spiega Fernando Di Fabrizio.  

Sabato 4 dicembre, nel Centro di Educazione Ambientale di Penne, verrà presentato il libro Fonn – Luci e ombre del Vallone d’Angora di Giovanni (Gino) Damiani, presidente di Italia Nostra Abruzzo. Oltre all’autore e a Fernando Di Fabrizio, parleranno il presidente del Parco Gran Sasso-Laga Tommaso Navarra, il Commissario alla ricostruzione dopo il sisma del 2016 Giovanni Legnini, il Sottosegretario alla Transizione Ecologica Ilaria Fontana, l’onorevole Stefania Pezzopane e il sindaco Ilario Lacchetta. Si parlerà anche della Sportella, e della necessità di tutelarla. 

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