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I boschi colpiti da Vaia alle prese con un nuovo nemico: un coleottero

La memoria della tempesta Vaia è ancora viva sulle montagne del Nord-Est. Le stime parlano di 42.500 ettari di bosco distrutti, in particolare tra Trentino e Veneto, per un totale di 14 milioni di alberi abbattuti. Parte degli schianti, in tre anni di interventi, è stata trasferita altrove, anche riutilizzata in maniera più o meno creativa. Tanti abeti, come ben evidente dalle immagini effettuate nei sorvoli in elicottero, residuano come stuzzicadenti sparsi sul suolo, laddove un tempo i pendii apparivano di un verde intenso. La specie più fragile è risultata essere l’abete rosso. Altre conifere, come abete bianco, pino e larice, ma anche latifoglie, hanno resistito meglio grazie alle radici più profonde. Un paesaggio che emana tristezza, anche se tante iniziative sono state avviate per sostituire alla malinconia del vuoto un senso di rinascita. Purtroppo di contro all’impegno umano, i boschi di Vaia si trovano oggi ad affrontare un nuovo nemico, che stavolta non è di passaggio ma si muove in silenzio, passando da un albero all’altro: il bostrico.

Cosa è il bostrico?

Si tratta di un coleottero, parassita in particolare dell’abete rosso, ma in grado di creare problemi anche ad altre specie di conifere. Un insetto di piccole dimensioni – l’adulto misura circa 5 mm di lunghezza – che realizza delle “camere nuziali” nella corteccia degli alberi, in cui avvengono accoppiamento, deposizione delle uova e nascita delle larve, che finiranno poi per alimentarsi del legno della vittima, scavando nel legno sotto la corteccia delle vere e proprie gallerie, molto carine a livello artistico, da cui il nome della specie: Ips typographus (bostrico tipografo).

L’albero colpito dal bostrico mostra un progressivo ingiallimento, arrossamento e successiva caduta degli aghi, a partire dalla cima verso il basso e una perdita della corteccia. L’insetto di norma la specie predilige alberi deboli, dunque malati, anche schiantati. Potete capire che le foreste di Vaia abbiano rappresentato per il bostrico affamato un paradiso in terra. Nel corso della sua espansione, il coleottero inizia a non fare grande distinzione tra deboli e forti e comincia ad attaccare anche le piante sane.

Un nuovo disastro dopo Vaia

Ecco che si arriva così ai dati allarmanti diffusi nelle ultime settimane in riferimento all’area colpita da Vaia: 7000 ettari di foresta e circa 3 milioni di metri cubi di legname sarebbero già stati danneggiati dal temibile coleottero.

A lanciare l’allarme è stata nello specifico Etifor, spin off dell’Università di Padova che offre consulenza a enti e aziende per aiutarli a valorizzare i servizi e i prodotti della natura, nel corso di un recente convegno dal titolo “Da Vaia all’emergenza bostrico: come proteggere, ricostruire e dare valore alle nostre foreste?”, occasione promossa allo scopo di “condividere, in una prospettiva interdisciplinare, i dati sui danni alle foreste, i risultati delle ricerche e le buone prassi amministrative e gestionali che tentano di dare una risposta a come affrontare i recenti problemi causati, anche dal bostrico, alle foreste del nord-est.”

L’evento, organizzato dal Dip. TESAF dell’Università degli Studi di Padova in collaborazione con Etifor | Valuing Nature e con la Fondazione Giovanni Angelini – Centro Studi sulla Montagna, ha visto prendere la parola anche a numerosi operatori del settore.

“Quando gli alberi morti e danneggiati iniziano a deperirsi troppo – scrive in un comunicato l’azienda – , la popolazione dell’insetto è ancora alta e inizia quindi ad attaccare alberi sani, creando danni ingenti ai popolamenti forestali che si erano salvati. Si passa così da una situazione di equilibrio ad un’epidemia di bostrico. Le criticità messe in moto dall’epidemia sono: espansione dei focolai nei prossimi anni, soprattutto in considerazione della fragilità dei soprassuoli superstiti; ampliamento delle superfici denudate su interi versanti ripidi con conseguente accentuazione dei fenomeni di dissesto idrogeologico e di instabilità del terreno; ripercussioni sulla sicurezza dei sentieri e sull’aspetto estetico-paesaggistico, quindi sulla fruibilità del territorio; progressivo depauperamento della risorsa legno ed effetti di scompenso sulla pianificazione forestale futura, ovvero si taglierà meno e si tratterà di legname di minor valore, aspetto che peserà sulle economie locali fino al 60% di introiti in meno rispetto ai valori pre-Vaia; aumento del rischio di sviluppo dell’infestazione , qualora si presentassero condizioni favorevoli al bostrico, quali siccità prolungata e ulteriori schianti.”

Entro 5 anni si stima che la quantità di legname attaccata dal bostrico, dunque resa inutilizzabile o comunque di scarso valore, supererà gli 8 milioni di metri cubi. Per la filiera legno si stimano perdite di oltre 300 milioni di euro, ma ciò che preoccupa maggiormente è il danno ambientale: 11 milioni di tonnellate di CO2 verrebbero rilasciate dalle foreste morte. Senza calcolare che in assenza di alberi verrebbe meno anche la cattura della CO2 atmosferica, si perderebbe la nota funzione di “serbatoi di carbonio”.

Cosa si può fare?

“Non esiste un’unica soluzione applicabile a tutti i contesti per contrastare questa epidemia”, spiega Etifor. Un punto di partenza non certo positivo. Ma l’impegno per arginare il problema non manca.

Prima ancora che il bostrico facesse la sua comparsa nelle foreste colpite da Vaia, il suo arrivo era stato previsto dagli esperti. Esempi di simili infestazioni si sono infatti verificati in Europa a carico di foreste di conifere danneggiate da eventi meteo catastrofici dalla Scandinavia (tempesta Gudrun, 2008) alla Germania, Francia e Svizzera, con il passaggio delle tempeste Vivian (1990) e Lothar (1999). Il monitoraggio del bostrico, mediante deposizione di trappole sul territorio, è dunque stato avviato nelle foreste alpine del nord-est già nel 2019, a un anno da Vaia, per essere pronti a intervenire prima che fosse troppo tardi.

“Ottomila insetti a trappola è considerato un valore soglia per l’indicazione di una fase epidemica dell’infestazione – spiegano gli esperti di Eifor – . Nel 2020, su tutta la provincia di Trento, le catture sono state circa 8 volte maggiori di quelle dell’anno 2019 con 26.753 insetti a trappola con picchi fino a 16 volte maggiori: 53.704 insetti per dispositivo.”

L’epidemia è decisamente manifesta e corre veloce. Per tornare all’affermazione di partenza, non esiste una regola su come intervenire per porre un freno. Come evidenziato da Jacopo Giacomoni, project manager di Etifor, esistono “svariati interventi declinabili a seconda delle caratteristiche del territorio e del livello di gravità dell’epidemia. Normalmente lasceremmo la natura fare il suo corso, ma in questo caso, in molti territori, è necessario un intervento umano funzionale a mitigare il problema e favorire il ripristino delle funzioni del bosco. La forma di lotta più efficace contro il bostrico è la rimozione del materiale schiantato e di quello infestato in tempo utile, bloccando così le larve in fase di sviluppo, ma purtroppo non è sempre possibile percorrere questa strada.”

Prevenzione e ripristino

In termini pratici si cercherà di puntare su prevenzione e ripristino, andando ad attuare diradamenti mirati nei boschi più densi così da eliminare le vittime più facili, gli alberi più fragili. Si cercherà di inserire altre specie arboree che all’insetto piacciono meno, naturalmente idonee all’ambiente in questione, all’interno dei boschi colpiti dal bostrico. Non bisogna poi dimenticare che le foreste assolvano a una importante funzione protettiva sul suolo. L’apparato radicale stabilizza il terreno, contrastando i processi erosivi. In alcune aree estremamente acclivi diventa impossibile agire con rimboschimenti classici ma bisogna agire mediante idrosemina. Si punterà dunque anche su questa seconda opzione di intervento, insieme all’utilizzo di geotessuti o biostuoie.

Obiettivo su lungo termine è di favorire lo sviluppo di boschi a struttura pluristratificata, che prevede la presenza di alberi afferenti a specie diverse ed età diverse. Un mix idoneo a rendere la foresta più resistente e pronta a reagire non solo alle epidemie ma anche alla crisi climatica.

Non si torna indietro

Al di là delle specifiche degli interventi da attuare nelle differenti zone colpite prima da Vaia poi dal terribile coleottero tipografo, è chiaro che non si tornerà indietro. I boschi torneranno ma non saranno gli stessi. Non è solo legno quello perduto, ma memoria. Tra gli alberi schiantati dalla tempesta o successivamente attaccati dal bostrico vi erano esemplari secolari. Serbatoi di CO2 e di passato.

Nelle scorse settimane in Val Visdende si è reso ad esempio necessario l’abbattimento di un abete malato speciale. Speciale perché si trattava di un abete rosso monumentale, di ben 250 anni, un gigante con un diametro alla base di 1,25 metri, il cui legno è stato utilizzato da Stradivari per realizzare i celebri violini, ma anche per la costruzione di Venezia. Un patriarca verde che per oltre due secoli ha resistito a varie tempeste, ultima proprio Vaia, per cadere sotto i colpi di un minuscolo insetto.

Il video integrale del convegno

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2 Commenti

  1. Esistono anche parassiti del bostrico, ma credo di proprietà e bisogna acquistarli.
    Anche per certe zanzare pericolose.

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