News

Gran Sasso: il Calderone più sensibile ai cambiamenti climatici dei ghiacciai alpini

La Carovana dei Ghiacciai promossa da Legambiente e Comitato Glaciologico Italiano ha raggiunto il cuore dell’Appennino per effettuare un monitoraggio del “ghiacciaio” del Calderone, dall’anno 2000 è suddiviso in due glacionevati, uno superiore e  uno inferiore, ricoperti del solo detrito a fine estate. Al di sotto del detrito, il massimo spessore di ghiaccio residuo è risultato dalle misure dei ricercatori pari a circa 25 m, con una diminuzione complessiva di spessore di circa 9 m negli ultimi 25 anni. Nello stesso arco di tempo la superficie glaciale – che nel 1994 risultava ancora superiore a 6 ettari – si è ridotta di oltre il 65%, arrivando a misurare ormai poco più di due ettari.

Come per tutti gli altri ghiacciai italiani, anche sul Calderone il segnale dell’inquinamento è risultato molto evidente con, ad esempio, anche la presenza di tracce di Cesio radioattivo a seguito dell’esplosione del reattore di Cernobyl nel 1986. Di seguito i dettagli del monitoraggio raccolti nel comunicato ufficiale di Legambiente.

Come sta il “ghiacciaio” del Calderone

I risultati del monitoraggio dei due glacionevati sono stati presentati nel corso di una conferenza stampa presso la Green Station di Pescara alla quale hanno partecipato: Massimo Pecci, referente del Comitato Glaciologico Italiano per il ghiacciaio; Enrico Stagnini, direttore di Legambiente Abruzzo; Giuseppe Di Marco, presidente di Legambiente Abruzzo e Vanda Bonardo, Responsabile Alpi Legambiente.

“Il Calderone è un corpo glaciale situato al centro degli Appennini, vicinissimo al mare, dal comportamento anomalo rispetto a quelli alpini – dichiara Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente -. Apparentemente insignificante. Tuttavia questo glacionevato, ancora oggi nonostante i riverberi della crisi climatica qui ancora più rilevanti e immediati,  ci offre servizi ecosistemici  di grande importanza. Non solo per il fatto che le sue acque di fusione costituiscono un rifornimento costante e indispensabile per il rifugio Carlo Franchetti, prossimo al Calderone e alimentano gli ecosistemi situati a quote più alte. La sua importanza è soprattutto dovuta al suo curioso comportamento, unico nel panorama europeo. Questa sua capacità di risposta veloce ai cambiamenti climatici ci fornisce dati utilissimi per capire come si evolverà il clima nei prossimi anni. Una presenza ricca di informazioni scientifiche e al contempo elemento culturale fondamentale per lo sviluppo di questo bellissimo territorio.”

“La quarta tappa della carovana dei ghiacciai sul Gran Sasso – dichiara Marco Giardino, segretario del Comitato Glaciologico Italiano – ha rivelato che anche il piccolo e fragile corpo glaciale appenninico del Calderone contiene preziose informazioni per ricostruire l’evoluzione climatico ambientale. Anzi, i dati raccolti e presentati dagli operatori glaciologici hanno dimostrato che qui i cambiamenti sono registrati con maggiore sensibilità e rapidità rispetto ai ghiacciai alpini. Ciò dimostra quanto sia importante proseguire la capillare azione di monitoraggio del Comitato Glaciologico svolta a livello nazionale sin dal 1911.”

“Il monitoraggio di un ghiacciaio rappresenta un simbolo che deve richiamare l’attenzione sulla tutela dell’ambiente a livello globale – dichiara Enrico Stagnini, direttore di Legambiente Abruzzo -. E’ infatti impossibile tutelare un solo ecosistema senza tutelare tutto ciò che a esso è collegato. E quindi fondamentale agire adesso, adottando le misure di contrasto e di adattamento ai cambiamenti climatici sfruttando le misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza nell’ottica di uno sfruttamento eco sostenibile delle risorse ambientali. Riproporre vecchie idee sul nucleare, oltre ad essere anacronistico, è lontano dagli obiettivi che ci siamo proposti di riduzione dei gas climalteranti. Bisogna contare sulle rinnovabili e sulle nuove tecnologie del risparmio energetico.”

I dati del monitoraggio

Il ghiacciaio del Calderone, di modestissime dimensioni e, dal 2000, suddiviso nei due glacionevati (Calderone superiore ed inferiore), ricoperti del solo detrito a fine estate, risponde alle oscillazioni climatiche in modo molto più veloce rispetto ai ghiacciai presenti sulle Alpi. La sua posizione al centro dell’area mediterranea e la ridotta distanza dal mare rendono particolarmente intensi gli effetti dal punto di vista meteorologico che si manifestano con gli elevati apporti nevosi a cui si contrappongono le sempre più frequenti ondate di calore africane con le sabbie in sospensione che favoriscono in maniera molto ingente i fenomeni di fusione.

La sopravvivenza del glacialismo nella conca del Calderone è legata all’effetto protettivo svolto dalle alte pareti delle cime che la racchiudono e dalla copertura detritica costituita dal detrito calcareo che con la sua colorazione chiara favorisce la riflessione dei raggi solari. Tuttavia, come molti altri apparati glaciali delle Alpi, anche il Calderone ha subito una frammentazione che ha portato alla suddivisione nei due glacionevati citati in precedenza.

In base alle ricerche di Massimo Pecci, referente del Comitato Glaciologico Italiano (CGI), studioso del ghiacciaio dal 1994, questo apparato glaciale reagisce ai cambiamenti climatici in modo del tutto peculiare. Un anno di particolari condizioni favorevoli o sfavorevoli produce un suo effetto misurabile in un arco di tempo di risposta stimato in circa 8 anni, a differenza dei ghiacciai alpini che normalmente reagiscono su tempi più lunghi. Di conseguenza, l’apparato si comporta da sensibile indicatore della crisi climatica in atto. Per la continuità delle misure e per l’ampio spettro delle ricerche svolte, ha rappresentato e rappresenta un ideale laboratorio naturale per comprendere al meglio i delicati equilibri climatici e gli effetti ambientali delle attività umane.

Anche per quanto riguarda i bilanci di massa pubblicati annualmente dal CGI si evidenzia per il Calderone, pur nella generale tendenza alla perdita di massa e alla riduzione, un comportamento del ghiacciaio altalenante e quindi non assimilabile a quello di buona parte degli apparati glaciali alpini.

Il video del monitoraggio

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close