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Sulle montagne svizzere si sperimenta un mega laser “parafulmini”

Che i fulmini rappresentino uno dei pericoli da non sottovalutare nel corso delle escursioni in quota, soprattutto nei periodi estivi di meteo instabile, è fatto ben noto a tutti gli appassionati di montagna. Il Soccorso Alpino ha nelle scorse settimane diffuso l’annuale vademecum a riguardo, ricordando che i rischi maggiori si corrono su percorsi particolarmente esposti, come creste o vette, o in vicinanza di guglie e pinnacoli anche di altezza modesta. Sulle montagne svizzere gli scienziati stanno sfruttando i fulmini che cadono in quota per testare una strumentazione d’avanguardia: un parafulmine laser.

Cosa sono un parafulmine e un parafulmine laser?

Lo strumento in fase di sperimentazione in Svizzera non è un classico parafulmine metallico ma un grande laser ad elevata potenza (multi Terawatt laser), sviluppato nell’ambito di un progetto europeo Horizon 2020 e ribattezzato “Laser Lightning Rod” (parafulmine laser). Il super laser è stato installato da un team di ricercatori dell’Università di Ginevra sulla vetta del monte Säntis (2502 m), nel cantone di Appenzell, lo scorso 18 maggio 2021.

“I fulmini sono affascinanti ma dannosi – si legge nel comunicato ufficiale dell’Ateneo svizzero – . Oltre a uccidere ogni anno tra le 6.000 e 24.000 persone, rappresentano un pericolo in molti siti sensibili, come centrali nucleari o impianti di produzione energetica, foreste. Un danno che ammonta a miliardi di euro. Per ridurre tale spesa, un consorzio europeo ha messo a punto il Laser Lightning Rod, per incanalare i fulmini con un laser ad alta potenza.”

Cerchiamo di capire di cosa stiamo parlando. Il parafulmine classico è uno strumento ideato da Benjamin Franklin nella metà del Settecento. Il più semplice, detto parafulmine a stilo, è rappresentato da una lunga e sottile asta metallica con la punta rivestita di un metallo nobile – Franklin usò l’oro, oggi si usano rame od ottone rivestiti di una sottile pellicola dorata per proteggere il materiale dall’ossidazione ed impedirne la diminuzione della conducibilità – che viene posizionata sulla sommità dell’edificio da salvaguardare, da cui si diparte un filo metallico (di rame) collegato a terra. La scarica elettrica, attirata dalla punta metallica, viene dispersa a terra mediante il filo.

Invece il parafulmine laser, come spiega l’Ateneo svizzero, è qualcosa di ben più grande e complesso. Misura 8 metri di altezza per 2 metri di larghezza, ed è “in grado di creare dei canali ionizzanti nell’atmosfera, che agiscono come un parafulmine virtuale in grado di reindirizzare i fulmini lontano da aree sensibili”. Per dirla in parole povere, il laser ionizza l’aria, creando un cammino preferenziale di un centinaio di metri per la scarica elettrica. Per focalizzare il raggio laser alla distanza giusta è utilizzato un telescopio. Parliamo di uno strumento in grado di emettere 1000 scariche al secondo. Come chiarito dal fisico svizzero Jean-Pierre Wolf, coordinatore del progetto, alla CNN, “un singolo impulso alla massima potenza equivale a quello prodotto da tutte le centrali nucleari del mondo”, in un tempo estremamente limitato.

Altra differenza è data dall’ampiezza di funzionamento: il parafulmine classico scarica a terra l’energia di un fulmine, proteggendo una piccola area, la speranza degli scienziati è che questo innovativo sistema consenta una protezione a più ampio raggio. Il parafulmine laser è infatti anche in grado di innescare fulmini in maniera localizzata: “Ciò significa che potremmo essere in grado di scaricare la nube temporalesca, ridurre il voltaggio e quindi prevenire che vada a scaricare fulmini nella zona circostante”, spiega Wolf.

Perché maggio e perchè il Säntis?

La scelta di iniziare i test il 18 maggio 2021 non è una casualità. Come ricordava qualche settimana fa il meteorologo Filippo Thiery, l’estate è per antonomasia la stagione dei temporali. La sperimentazione andrà dunque avanti ancora qualche settimana a settembre, poi sarà il momento di tirare le somme.

Anche la scelta del monte Säntis ha il suo perchè. “Si tratta di uno degli angoli d’Europa colpito dal maggior numero di fulmini – ha dichiarato Wolf – . C’è una torre di trasmissione che viene raggiunta da 100-400 fulmini l’anno. Dunque è un posto ideale per i nostri test.” Il laser è stato installato proprio accanto a tale torre, alta 120 metri, che accoglie anche una stazione meteo. La torre di trasmissione è equipaggiata con degli strumenti che consentono la misurazione in remoto della corrente dei fulmini.

Gli scienziati hanno inoltre installato delle videocamere ad alta velocità in grado di fornire 300.000 scatti al secondo, così da essere in grado di monitorare a quale quota e quanto vicino il fulmine segua il raggio laser.

La strumentazione è stata trasportata a moduli con non poche difficoltà sulla montagna, sia via elicottero che funivia, e montata tipo puzzle. In totale sono state trasportate in quota 29 tonnellate di materiale, di cui 18 di blocchi di cemento per ancorare il laser, proteggendolo dalle raffiche di vento che arrivano a punte di 120 mph.

Nella fase operativa – il laser non è continuamente attivo ma viene acceso solo quando l’attività elettrica in zona aumenta – sarà in vigore un divieto di sorvolo entro un raggio di 5 km. Non per pericoli diretti per i mezzi in volo, quanto per evitare danni potenziali causati dal laser alla vista di piloti e passeggeri.

Un esperimento interessante, complesso e anche scenografico, come evidenzia il fisico: “Una cosa interessante è il nostro laser cambia colore, andando dal rosso al bianco mentre si propaga. Sarà davvero bello da vedere.”

Un parafulmine per le montagne?

Chiariamo un punto: non si tratta di una strumentazione nata per proteggere gli escursionisti in montagna. In generale, non nasce per la montagna ma in montagna. Il secondo step, se tutto andrà bene, vedrà i ricercatori impegnati nel testare il laser in un aeroporto.

I parafulmini laser rappresentano attualmente la tecnologia più innovativa nel campo (esistono varie tipologie di parafulmine alternative allo stilo, come la Gabbia Melens, la Gabbia di Faraday o anche il parafulmine radioattivo), nonché la più costosa. Per tale ragione i siti da difendere con uno strumento a così alto costo è evidente che saranno anche i più sensibili, come le sopracitate centrali nucleari, aeroporti e razzi. Sì, razzi. Come spiegato da Wolf potrebbero essere questi i primi obiettivi da proteggere con il Laser Lightning Rod. Parliamo naturalmente di razzi utilizzati a scopo scientifico, per il lancio in orbita di satelliti.

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