Meteo

Temporali violenti e grandine da record, il clima è impazzito?

L’estate astronomica è iniziata ufficialmente da un mese e non manca settimana in cui, all’arrivo del weekend, si associ un appello alla prudenza diffuso dal Soccorso Alpino per il rischio di temporali, improvvisi e anche intensi, in quota, con invito rivolto agli escursionisti a controllare sempre i bollettini meteo. Accortezza che nelle scorse settimane abbiamo scoperto insieme al meteorologo Filippo Thiery sia bene seguire fino all’ultimo momento prima di uscire di casa per poi fare attenzione alla corretta interpretazione di ciò che ci dicono il cielo e le nubi. Questo perché l’orario di arrivo di una perturbazione in quota, fornito dai bollettini, rappresenta una previsione, mai una certezza. Di fronte al moltiplicarsi degli appelli del CNSAS da un lato, dei giorni di maltempo estremo dall’altro, tra temporali di inusitata potenza e grandine con chicchi così grandi da danneggiare aerei, sorge spontanea una domanda: il clima è impazzito? Una sensazione che viene rinvigorita dal fiorire di titoli giornalistici di impatto, in cui si parla di scene apocalittiche e ci si chiede dove sia finita l’estate. Abbiamo deciso di sottoporre nuovamente qualche domanda a Filippo Thiery per chiarirci le idee in merito.

Siamo in estate, tradizionalmente riconosciuta come la “bella stagione”. L’instabilità meteo che ci accompagna da giugno, con temporali frequenti, spesso forti e improvvisi, è da considerarsi anomala? 

“I temporali sono una macchina termica che necessita di due ingredienti: energia e carburante. L’energia è data dal profilo termodinamico della colonna atmosferica, ovvero dalla instabilità dell’aria. Detto così potrà sembrare complicato, facciamo un esempio per capirci meglio. Prendiamo in considerazione la differenza di temperatura tra il suolo e il livello medio della troposfera (circa 5.500 m di quota, in quanto la troposfera raggiunge i 10.000 -12.000 m). Il gradiente termico tra suolo e 5.500 metri ci dà una misura di quanto sia instabile l’aria. Più è alta la differenza tra le temperature a queste due quote fissate, più l’aria è instabile e favorisce maggiormente i moti ascendenti che alimentano a loro volta la formazione di nubi a sviluppo verticale, i cosiddetti cumulonembi o nubi temporalesche.

Dunque, poniamo di dover raggiungere un gradiente di 40°C perché si inneschi la formazione delle nubi temporalesche. Quando è che possiamo arrivare a questa soglia? Anche in inverno, con una temperatura al suolo per esempio di 12°C e -28°C al livello medio della troposfera. In estate se ci ritroviamo con 28°C al suolo, basta raggiungere -12°C a 5.500 m per superare la soglia di innesco dei temporali. Se la temperatura al suolo inizia a salire a 30-35°C servono temperature potremmo dire fresche a livello della troposfera perché si avvii il processo. Questo già ci fornisce una spiegazione del perché i temporali si possano verificare tutto l’anno ma è proprio in estate che venga facilitato il loro innesco, in quanto durante il giorno in pianura, nelle valli e nelle conche la temperatura sale in maniera rilevante. L’estate è in sintesi la stagione per antonomasia dei temporali.”

Con riferimento alla montagna, non è dunque un caso che la maggior parte dei temporali si verifichi a partire dalla tarda mattinata e non prima…

“Esattamente. I temporali nulla esclude che possano esserci anche di notte ma è più probabile che si verifichino nella fascia oraria tra mezzogiorno e il tramonto, quando in conseguenza dell’accumulo di calore nei bassi strati dell’atmosfera, il contributo energetico risulta maggiore.”

Accanto all’energia dicevamo che entri in gioco un carburante…

“Il carburante è il vapore acqueo. La percentuale di umidità relativa che misuriamo nell’aria esprime il rapporto tra il vapore acqueo (in grammi) contenuto in un metro cubo di aria e la massima quantità che può essere contenuta in quel metro cubo. Tale quantità massima è funzione della temperatura. Abbiamo quindi più vapore acqueo in condizioni di umidità all’80% in estate che in inverno. E dunque in estate c’è, non solo più energia, ma anche più carburante. Più vapore acqueo che per condensazione può dare origine a goccioline di acqua o germi di ghiaccio.”

Parlando di ghiaccio è inevitabile pensare alle intense grandinate delle ultime settimane. Anche in questo caso possiamo parlare di un fenomeno fisiologico della stagione estiva?

“La grandine è un fenomeno meteorologico strettamente legato alle nubi temporalesche. Esattamente come i temporali, le grandinate si verificano più facilmente in estate. Ed è proprio in estate che i chicchi possono raggiungere le dimensioni maggiori.”

Partiamo dal comprendere come si formino i chicchi…

“Nella parte alta della nube temporalesca, quella più fredda, sono presenti i sopracitati germi di ghiaccio, che scendendo per gravità all’interno della nube incontrano goccioline di acqua sopraffusa, che persistono allo stato liquido nonostante le temperature sotto lo zero. Il contatto tra germi di ghiaccio e goccioline fa sì che quest’acqua, che si trova in una forma altamente instabile, congeli all’istante. I germi così si accrescono diventando chicchi che, nell’attraversare gli strati della nube, diventano sempre più grandi man mano che incontrano altra acqua sopraffusa.

A volte, venendo riagganciati da correnti ascensionali, possono essere riportati verso l’alto e poi scendere nuovamente verso il basso, e in questo sali scendi finiscono per accrescersi ancora di più. Quando le correnti ascensionali non riescono più a tenerli in sospensione perché sono diventati troppo grandi, precipitano e danno luogo alla grandine.”

A questo punto, perché in estate capita più spesso che cadano chicchi di grandi dimensioni?

“Il discorso è il medesimo fatto in precedenza per i temporali. In estate abbiamo più carburante e gradienti termici maggiori nella nube temporalesca, che permettono di alimentare correnti ascensionali molto forti, che abbiamo visto favorire il ‘sali scendi’ e quindi l’accrescimento dei chicchi. Queste condizioni ripeto sono tipiche, se non esclusive, dei mesi estivi. In queste ultime settimane abbiamo visto cadere sulle regioni del nord chicchi di dimensioni paragonabili a mele. Parliamo di 10 cm di diametro.”

Se abbiamo capito bene, in montagna, dove il gradiente termico è più basso che in pianura, non possono cadere chicchi grandi come mele, giusto?

“Proprio così. In montagna a spaventarci devono essere i temporali improvvisi, non le arance o mele di ghiaccio. In quota, in estate, i temporali mostrano una estrema rapidità di sviluppo e spesso non lasciano tempo di cercare riparo. Diventa dunque importante pianificare bene un itinerario che ci assicuri di poter battere rapidamente in ritirata verso valle e/o trovare un rifugio. Anche perché c’è un elemento da temere particolarmente quando si scatena un temporale in montagna: il fulmine.”

Arriviamo al punto del clima impazzito: possiamo affermare che temporali forti e grandine da record stiano diventando più frequenti in conseguenza del surriscaldamento globale? 

“Per rispondere a questa domanda dobbiamo trattare temporali e grandine separatamente e vi spiego perché. Le precipitazioni violente, e concentrate in poco tempo, rappresentano un parametro che si misura ormai in maniera abbastanza raffinata sul territorio, soprattutto nelle zone più industrializzate del globo. Dunque disponiamo di dati he consentono di effettuare analisi statistiche sulla base delle quali possiamo dichiarare se e dove questi eventi estremi stiano aumentando in frequenza. E quello che risulta già evidente è che tali fenomeni stiano effettivamente diventando più frequenti o inizino a verificarsi in aree dove prima erano assenti o più rari. 

La grandine è di per sé un fenomeno più difficile da monitorare a grande scala, perché va a interessare aree più ristrette rispetto a un temporale. A maggior ragione grandine di dimensioni ragguardevoli interessa piccoli fazzoletti di terra. Diventa complicato analizzare il fenomeno da un punto di vista statistico e quindi non possiamo fornire una risposta diretta alla domanda. Si può però dire che i fenomeni che abbiamo visto promuovere la formazione di chicchi da record, ovvero elevate quantità di vapore acqueo e impetuose correnti ascensionali, sia già scientificamente provato che siano in aumento, e lo saranno ancora di più in futuro, in conseguenza del cambiamento climatico.”

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Un commento

  1. In base a esperienza, per la vacanza in montaggna meglio settembre-ottobre.Pero’ col “brutto tempo”estivo ci scappano certe dormite ..ristoratrici…e passeggiate tra i borghi.Pero’ anche il fortunale tra pareti in alta quota e’esperienza “forte”, formativa..da affrontare con abbigliamento adeguato preventivamente portato ad appesantire lo zaino.

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