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“Sa paradura”. In Abruzzo scatta la solidarietà verso i pastori sardi

Regioni sorelle unite dalla pastorizia

In Sardegna esiste e persiste una antica tradizione, quella della “sa paradura”. Letteralmente potremmo tradurla come “la riparazione”. Un gesto di grande solidarietà tra pastori. Cerchiamo di capire di cosa si tratti e perché ne stiamo parlando in questi giorni in cui la Sardegna campeggia sulle prime pagine di tutti i quotidiani a causa degli indomabili roghi divampati a partire dallo scorso sabato nell’Oristanese. Fiamme che hanno divorato boschi, case e bestiame, cancellando angoli di natura incontaminata, attività economiche, ricordi.

“Sa paradura è una usanza antica, nata allo scopo di aiutare un pastore a ripartire con il suo gregge dopo un periodo complicato – ci spiega Enea Mancosu, geologo e imprenditore agricolo originario della Sardegna e trapiantato nel cuore dell’Appennino – . Principalmente un tempo la pratica era associata all’arresto di un pastore. Quando costui usciva di prigione, tutti i vicini gli facevano ritrovare un po’ di pecore, in modo tale che potesse ricominciare subito a lavorare. Oppure ad esempio in caso di calamità naturali come gli incendi, o anche furti e malattie. E posso assicurarvi che come pratica funzionava.”

Un aiuto immediato per ricominciare a guadagnare, dunque. Un regalo da parte di altri componenti della categoria dei pastori, che non esitavano a privarsi di alcuni capi a supporto di un loro pari. Una bella storia di uguaglianza, che ci sembra estremamente lontana dai tempi moderni. E invece non lo è. Vi è stata nel passato recente una occasione in cui sa paradura ha addirittura oltrepassato i mari per arrivare in Appennino. Stiamo parlando dei terremoti che hanno sconvolto le regioni centrali, in particolare Abruzzo, Lazio e Umbria, prima nel 2009 con il sisma “dell’Aquila”, poi nel 2016 con quello “di Amatrice”.

In tali occasioni i pastori sardi si sono mobilitati a supporto dei pastori appenninici, secondo tradizione, portando in Appennino migliaia di capi di bestiame con cui far ripartire le attività. “Dopo il terremoto del 2016 una delegazione di pastori sardi è arrivata a Cascia per consegnare le pecore ai pastori locali, c’ero anche io”, ci racconta a proposito il dottor Mancosu. Era il 1 aprile 2017 quando 1000 pecore donate da 1000 pastori sardi arrivavano a Cascia, uno dei paesi del perugino maggiormente colpiti dal sisma. I pastori umbri non hanno tardato a ricambiare la visita e l’aiuto, e così nel 2018 hanno portato a Nuoro 1000 agnelli, nati dalle pecore donate l’anno precedente.

Sa paradura come aiuto per ripartire dopo il sisma non è arrivata solo in Umbria. Nel 2009 e nel 2017 anche in Abruzzo sono infatti giunte 1000 pecore donate dalla Sardegna. A ricordare tale gesto è stato nei giorni scorsi Gino Bucci, fondatore della pagina facebook “L’Abruzzese fuori sede”, evidenziando che, di fronte agli incendi dei giorni scorsi, sia opportuno ricordare l’immensa solidarietà sarda e attivarsi per ricambiare.

“Sa paradura, la riparazione. Una delle più antiche usanze dei pastori sardi; più che un’usanza, un codice – scrive Bucci – . Quando un pastore perde una o più pecore, gli altri pastori riparano il danno, regalando delle pecore al collega sfortunato. Negli anni, i pastori sardi non si sono limitati alle ancestrali “riparazioni” isolane, hanno guardato pure verso il continente, soffermandosi spesso sulla regione più “sarda” dello stivale. Regioni sorelle, a livello di stereotipi certo, ma se pensi all’Abruzzo, pensi ai pastori; se pensi alla Sardegna, pensi ai pastori. Il cane da pastore poi è sempre quello. Nel 2009, dopo il terremoto dell’Aquila, 1000 pecore donate dai pastori sardi a quelli abruzzesi; nel 2017, dopo il terremoto e il gelo, altre 1000 pecore giunte dalla Sardegna in Abruzzo. In questi giorni l’Oristanese è stato devastato da alcuni incendi, migliaia di animali sono morti, la natura ancora brucia. Io mo purtroppo non sono in grado di riparare manco la callarella della colla; mi piacerebbe però diffondere (o raccontare fra qualche tempo) una “paradura” abruzzese verso il popolo sardo, ‘nu cunzole, ‘na mane. Fosse anche una cosa simbolica, dall’Abruzzo alla Sardegna, nel nome dei pastori. Mi rivolgo dunque a chi può, a chi sa come fare, mi vengono in mente Gregorio Rotolo, Nunzio Marcelli, Tiziano Iulianella e ditemi voi chi altro”.

Le reazioni del pubblico non hanno tardato a giungere. In una manciata di ore il post è stato condiviso oltre 2000 volte, raccogliendo più di 500 commenti, tra i quali compaiono ricordi della paradura post sisma, ringraziamenti alla vicinanza mostrata dalla Sardegna al popolo abruzzese, conferme di disponibilità da parte di pastori. E chi non ha pecore propone raccolte fondi.

Un appello dal tono ironico ma dalle intenzioni estremamente serie quello diffuso dalla pagina, che ci auguriamo porti a un nuovo esempio di solidarietà nazionale di cui, in tempi di scontri e disparità, abbiamo quanto mai bisogno.

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